Le 70 Settimane: la profezia che nessun apostolo citò mai
"Settanta settimane sono state fissate riguardo al tuo popolo e alla tua santa città, per far cessare la perversità, per mettere fine al peccato, per espiare l'iniquità e stabilire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo. Sappi dunque e comprendi bene: dal momento in cui è uscito l'ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino all'apparire di un unto, di un capo, ci saranno sette settimane e sessantadue settimane; essa sarà restaurata e ricostruita, piazza e mura, ma in tempi angosciosi. Dopo le sessantadue settimane un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui. Il popolo d'un capo che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà come un'inondazione ed è decretato che vi saranno devastazioni sino alla fine della guerra. Egli stabilirà un patto con molti, per una settimana; in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e offerta; sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore. Il devastatore commetterà le cose più abominevoli, finché la completa distruzione, che è decretata, non piombi sul devastatore" – Daniele 9:24-27, Nuova Riveduta
Qualche anno fa questo blog pubblicò tre articoli dedicati alla profezia settanta settimane.
Questi mettevano a confronto varie traduzioni bibliche nonché diverse interpretazioni sia “cristiane” che giudaiche mostrando le enormi forzature e contraddizioni di entrambe le parti.
Questo articolo si propone di riprendere questo soggetto concentrandosi particolarmente sull’interpretazione della cristianità e partire proprio dalla traduzione per poi passare al presunto calcolo e data di inizio, i soggetti implicati, i vari passaggi intermedi etc.
Questo è necessario dal momento che essa viene spacciata da circa 1800 anni1 come la profezia più evidente (ed adempiuta) di tutte.
La complessità del soggetto richiede un'analisi approfondita che inevitabilmente comporta una certa lunghezza. L'articolo è però suddiviso in sezioni tematiche che permettono al lettore di affrontarlo con calma, anche in più sessioni, dedicando a ciascun punto la necessaria attenzione.
Una profezia fondamentale
Poche profezie nell'Antico Testamento hanno goduto di tanta attenzione quanto le "settanta settimane" di Daniele capitolo 9.
Cattolici, protestanti storici, evangelici, testimoni di Geova – pur discutendo su diversi aspetti della stessa come su tutto il resto - convergono che questa profezia riguardi il Messia, Gesù Cristo.
La matematica, ci dicono, è incontestabile.
Dal decreto di ricostruire Gerusalemme (455 a.C. - altri usano il 444 - vedi la nota in calce finale) fino al battesimo di Gesù (29 d.C.) passano esattamente 483 anni - cioè 69 settimane profetiche di 7 anni ciascuna.
Poi, a metà dell'ultima settimana (nella primavera del 33 d.C.), Cristo muore ponendo fine ai sacrifici del tempio.
E qui le strade si dividono.
I testimoni di Geova dicono: alla fine della settantesima settimana (36 d.C.), con la conversione del centurione Cornelio, la buona notizia si estende anche ai gentili. Fine delle settanta settimane.
I dispensazionalisti dicono: no, aspetta. L'ultima settimana è stata "sospesa" dopo la morte di Cristo. C'è un "gap" di duemila anni. L'ultima settimana si adempirà nel tempo della fine, durante la grande tribolazione, con l'anticristo che stipula un patto con Israele.
I preteristi dicono: no, le settanta settimane finiscono con la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. Roma è il devastatore menzionato nella profezia.
Altri ancora mescolano elementi di tutte queste interpretazioni, creando varianti infinite.
Ma tutti concordano su una data (più o meno…): dal 455 a.C. al 29 d.C. ci sono 69 settimane.
Beh... in realtà non proprio tutti concordano. Alcuni separano le sette settimane dalle sessantadue. Altri spostano la data di partenza al 537 a.C.
Altri ancora dicono che le settimane non sono di anni ma di giorni letterali e diverse alte differenze ma facciamo finta di niente.
Abbiamo semplificato: facciamo finta che tutto quadri, tutto combaci.
Prese singolarmente, pur variando tra loro, le spiegazioni sembrano convincenti, gli schemi cronologici eleganti, i calcoli precisi.
Quando si ascolta una presentazione ben strutturata di questa profezia si rimane affascinati dalla perfezione matematica con cui Dio avrebbe predetto, secoli prima, l'anno esatto della venuta del Messia.
Ma poi, quando si inizia a scavare un po' più a fondo... quando si confrontano le traduzioni bibliche... quando si vanno a verificare i "fatti storici" su cui si regge l'intera costruzione...
Beh non è proprio così.
Ed ovviamente non stiamo parlando di sfumature, varianti di traduzione minime o di piccole crepe: stiamo parlando di vere e proprie voragini.
E il fatto che dovrebbe far riflettere di più è proprio quello che viene spacciato per particolare insignificante o bellamente ignorato: nessuno degli apostoli e nessuno dei primi cristiani usò mai questa profezia per dimostrare che Gesù era il Messia.
Pensateci un attimo.
Gli apostoli citavano continuamente le Scritture per provare l'identità di Cristo: Isaia 53 (il servo sofferente), il Salmo 22 (le mani e i piedi trafitti), Isaia 7:14 (la vergine che concepisce), Michea 5:2 (Betlemme come luogo di nascita).
Eppure, in tutti i discorsi registrati negli Atti, in tutte le lettere apostoliche, in tutti i dibattiti con i giudei che rifiutavano Gesù come Messia...
Le settanta settimane di Daniele non vengono mai menzionate. Nemmeno una volta. Mai.
Perché?
Se questa profezia era davvero la "prova matematica incontestabile" della messianicità di Gesù, come ci dicono i “cristiani di oggi”, perché Pietro, Paolo, Giovanni, Giacomo - tutti ispirati dallo Spirito Santo - non la usarono mai?
Una certa rivista religiosa2 faceva questa ammissione:
"Nel II secolo alcuni ebrei credevano che le 70 settimane abbracciassero il periodo di tempo che andava dalla distruzione del primo tempio nel 607 a.E.V. a quella del secondo nel 70 E.V.; altri invece pensavano che la profezia si fosse adempiuta durante il periodo dei Maccabei, nel II secolo a.E.V. Quindi, sul calcolo delle 70 settimane non c'era unanimità.
Se nel I secolo il calcolo delle 70 settimane fosse stato fatto correttamente, sarebbe lecito pensare che gli apostoli e altri cristiani dell'epoca usassero questa profezia per dimostrare che Gesù Cristo era il promesso Messia e che era arrivato proprio quando era stato predetto. Non ci sono però prove a conferma del fatto che questo è ciò che fecero i primi cristiani.
In conclusione, non possiamo affermare con certezza che ai giorni di Gesù si avesse un intendimento corretto della profezia delle 70 settimane."
Rileggiamo questa frase: "Non possiamo affermare con certezza che ai giorni di Gesù si avesse un intendimento corretto."
Traduzione: gli apostoli, guidati dallo Spirito Santo che "insegna ogni cosa" (Giovanni 14:26), non capirono questa profezia.
Ma loro sì.
E tutti gli altri pure, ovviamente.
Noi, duemila anni dopo, con le nostre interpretazioni confessionali e i nostri pregiudizi teologici, abbiamo capito quello che Pietro, Paolo e Giovanni - ispirati direttamente da Dio – non avrebbero capito.
Già questo dovrebbe farci riflettere.
Ma andiamo avanti. Perché i problemi non sono neanche iniziati.
Le traduzioni che si contraddicono
Prima ancora di discutere quando si sarebbe adempiuta questa profezia o a chi si dovrebbe riferire, dobbiamo affrontare un problema più basilare: cosa dice effettivamente il testo?
Perché se confrontiamo le diverse traduzioni bibliche scopriamo che non sono affatto d'accordo su tutti i punti cruciali.
Daniele 9:24 - Chi o cosa viene unto?
Traduzione del Nuovo Mondo (TNM):
"per ungere il Santo dei Santi"
Nuova Riveduta:
"per ungere il luogo santissimo"
Nuova Diodati:
"per ungere il luogo santissimo"
Differenza enorme.
"Santo dei Santi" può essere interpretato come una persona (il Messia), mentre "luogo santissimo" è chiaramente l'edificio - la parte più interna del tempio.
Se la profezia parla di ungere un luogo, non una persona, allora l'intera interpretazione messianica vacilla già al primo versetto.
Ma ovviamente molti di questi ammetteranno che il “Santo dei santi” è un luogo pur continuando ad individuare l’unto di cui si parla con Gesù Cristo.
Daniele 9:25 - Un "Messia" o semplicemente "un unto"?
TNM:
"fino a Messia il Condottiero"
Nuova Riveduta:
"fino all'apparire di un unto, di un capo"
CEI (Conferenza Episcopale Italiana):
"fino a un principe consacrato"
Luzzi/Riveduta:
"fino all'apparire di un unto, di un capo"
Ancora una volta: se il testo dice semplicemente "un unto" - come Ciro fu chiamato "unto" in Isaia 45:1 - allora potrebbe riferirsi a qualsiasi persona con un incarico speciale, non necessariamente IL Messia.
Ma le traduzioni che partono dal presupposto che questa profezia deve parlare di Gesù non traducono "un unto". Traducono "il Messia" o "Messia il Condottiero", inserendo una certezza interpretativa che il testo ebraico non contiene necessariamente.
Daniele 9:26 - "Senza nulla per sé" o "nessuno sarà per lui"?
TNM:
"un unto sarà stroncato, senza nulla per sé"
Nuova Riveduta:
"un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui"
CEI:
"un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui"
Qui le differenze esplodono.
• "Senza nulla per sé" suggerisce povertà materiale (Gesù non aveva ricchezze terrene - Matteo 8:20)
• "Nessuno sarà per lui" suggerisce abbandono, nessun aiuto (Gesù abbandonato sulla croce – Giovanni 16:32)
• "Senza colpa" suggerisce innocenza (Gesù era senza peccato - Ebrei 4:15)
Tre concetti completamente diversi. Eppure tutte e tre le traduzioni pretendono di riflettere lo stesso testo ebraico originale.
Come è possibile?
La risposta la vedremo tra poco e probabilmente non è quella che vi aspettereste.
Daniele 9:27 - "Terrà in vigore" o "stipulerà" un patto?
TNM:
"terrà in vigore il patto per i molti"
Nuova Riveduta:
"stabilirà un patto con molti"
CEI:
"stringerà una forte alleanza con molti"
Differenza cruciale.
"Terrà in vigore" presuppone l'esistenza di un patto precedente mentre "stabilirà" o "stipulerà" indica un patto nuovo.
Ma c'è un problema ancora più grande: chi fa questo patto?
Il Messia (menzionato al v. 26a, prima di essere ucciso)?
Oppure "il popolo di un capo che verrà" (menzionato al v. 26b, che distrugge la città)?
La punteggiatura della TNM lascia la questione ambigua. Ma la CEI è cristallina, almeno qui:
"il popolo di un principe che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine sarà un'inondazione e, fino alla fine, guerra e desolazioni decretate. Egli stringerà una forte alleanza con molti"
"Egli" è l’invasore, NON il Messia.
Quindi secondo la CEI, è il comandante dell'esercito che distrugge Gerusalemme a stipulare un patto (probabilmente un trattato di pace temporaneo), non Cristo.
Daniele 9:27 - "Colui che giace desolato" o "il devastatore"?
TNM:
"sull'ala di cose disgustanti ci sarà colui che causa desolazione; e fino a uno sterminio, la medesima cosa decisa si verserà anche su colui che giace desolato"
Nuova Riveduta:
"sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore. Il devastatore commetterà le cose più abominevoli, finché la completa distruzione, che è decretata, non piombi sul devastatore"
La TNM parla di "colui che giace desolato" - una frase criptica e quasi incomprensibile.
La Nuova Riveduta parla chiaramente del "devastatore" su cui piomberà "la completa distruzione".
Perché questa differenza?
Perché se il testo dice che la distruzione finale piomba SUL devastatore - cioè su Roma stessa, SE includiamo Gesù in questa profezia (ovvero nel primo secolo) - allora la profezia dovrebbe concludersi con la caduta dell'impero romano, non solo la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C., e rientrare appunto in queste 70 settimane.
Questo vale anche per coloro che la fanno terminare nel 70 d.C con la distruzione di Gerusalemme.
E quando cadde Roma?
Il 476 d.C.? Il 1453 d.C. (caduta di Costantinopoli)? Oppure bisogna considerare la fine del Sacro Romano Impero nel 1806?
Qualunque data scegliamo, siamo secoli oltre il 36 d.C. e dopo il 70 d.C.
Forse tradurre "colui che giace desolato" permette di sorvolare sul problema senza affrontarlo.
È qualcun altro, qualcos’altro… su cui è piombata la distruzione.
Traduzione conveniente? Giudicate voi.
Ora capite perché alcuni spezzettano la profezia facendole fare un salto di millenni? Ma anche così, la questione non si risolve. Anzi, si complica.
Guardate le differenze.
Non stiamo parlando di sfumature stilistiche. Stiamo parlando di differenze sostanziali che cambiano completamente il significato e le implicazioni della profezia.
Era davvero così chiara e limpida, questa interpretazione, o vi hanno nascosto qualcosa?
Conoscevate queste differenze?
| Settanta settimane: l'arte di far dire alla Bibbia ciò che non dice dal II secolo d.C. a oggi |
La liquidazione degli "eretici ebrei"
Di fronte a queste evidenti contraddizioni tra le traduzioni bibliche, la risposta standard nella storia dell'interpretazione cristiana è sempre stata la stessa:
"Sono gli ebrei che hanno manipolato il testo per nascondere la verità su Gesù."
Facile no?
D’altronde loro non accettano Gesù...
Il professor Edward Bouverie Pusey, teologo anglicano e docente di ebraico all'Università di Oxford, espresse questa accusa in modo esplicito nelle sue lezioni pubblicate nel 1885. Parlando della punteggiatura masoretica in Daniele 9:25, scrive:
"Gli ebrei mettono la pausa principale del versetto sotto [sette], intendendo separare i due numeri, 7 e 62. Devono aver fatto questo disonestamente... (come dice Rashi [eminente rabbino ebreo dell'XI e XII secolo] nel rigettare le esposizioni letterali favorevoli ai cristiani) 'a motivo degli eretici', cioè dei cristiani."3
Pusey conclude affermando che la punteggiatura ebraica produce un significato "senza senso":
"'E durante sessanta e due settimane strade e mura verranno restaurate ed edificate', cioè che ci sarebbero voluti 434 anni per ricostruire Gerusalemme, il che non avrebbe senso."
Questa accusa di manipolazione ha fatto scuola.
Altri siti evangelici accusano "la Jewish Publication Society di essere ingannevole nella sua traduzione di Daniele 9:25-26. Essa alterò deliberatamente il significato di 'mashiah' per evitare la parola Messia, perché avrebbe indicato Gesù Cristo"4.
Quindi secondo questi apologeti, la punteggiatura ebraica è "disonesta" perché produce un significato "senza senso".
Ma senza senso per chi?
Non sarà forse che "ha senso" tutto ciò che conferma le nostre credenze religiose, mentre "non ha senso" tutto ciò che le contraddice?
Comunque c'è un problema ancora più grande con l'accusa di "manipolazione ebraica".
La Conferenza Episcopale Italiana (CEI) - cioè i cattolici - traduce esattamente come gli ebrei.
"da quando uscì la parola sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme fino a un principe consacrato, vi saranno sette settimane. Durante sessantadue settimane saranno restaurati, riedificati piazze e fossati"
La CEI non mette solo una virgola o un punto e virgola tra le sette e le sessantadue settimane.
Mette un punto.
Separa completamente i due periodi.
La Conferenza Episcopale Italiana sarà complice della "congiura ebraica"?
I cattolici, che da quasi duemila anni professano la divinità di Cristo, improvvisamente si sono alleati con i rabbini per nascondere la verità sul Messia?
Oppure - ipotesi più semplice - forse la punteggiatura ebraica riflette genuinamente il senso del testo originale, e sono le interpretazioni cristiane posteriori ad aver forzato una lettura che il testo non supporta?
La Luzzi/Riveduta traduce allo stesso modo:
"Dal momento in cui è uscito l'ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme fino all'apparire di un unto, di un capo, vi sono sette settimane; e in sessantadue settimane essa sarà restaurata e ricostruita"
Quindi abbiamo:
• Gli ebrei (masoreti) che separano i due periodi
• I cattolici (CEI) che separano i due periodi
• La Luzzi/Riveduta che separa i due periodi
Ovviamente non possiamo “tirare un dado” per decidere chi ha ragione: vedremo semplicemente la logica del contesto.
Intanto, però, parliamo di onestà.
Il doppio standard “cristiano”
Gli apologeti cristiani accusano gli ebrei di aver manipolato il testo masoretico per nascondere riferimenti messianici.
Eppure, la storia della trasmissione biblica “cristiana” è costellata di manipolazioni pesantissime e ben documentate.
Per secoli, i cosiddetti cristiani:
• Aggiunsero il "Comma Giovannino" (1 Giovanni 5:7-8) per sostenere la Trinità
• Alterarono traduzioni per supportare la divinità di Maria
• I cattolici inclusero i libri cosiddetti deuterocanonici (Tobia, Giuditta, Maccabei, Sapienza, Siracide, Baruc, aggiunte a Daniele ed Ester)
• Produssero e diffusero vangeli apocrifi (Tommaso, Maria Maddalena, Giuda) poi espunti dal canone ma usati per secoli da sette eretiche
• Bruciarono addirittura bibbie cosa che, al netto di tutte le colpe e gli errori, non risulta che gli ebrei bruciarono mai una Torah.
Ma al di là del doppio standard, parliamo di problemi tecnici.
La partenza… col piede sbagliato
Ciro o Artaserse?
Tutta l'interpretazione cosiddetta cristiana delle settanta settimane si regge su un pilastro fondamentale: il decreto di Artaserse del 455 a.C. è il punto di partenza (con qualche anno di differenza tra una confessione e l’altra).
Dal 455 a.C. si contano 483 anni (69 settimane × 7) e si arriva al 29 d.C. - l'anno del battesimo di Gesù.
Perfetto. Tutto quadra.
Se non fosse per mille dettagli insignificanti.
La Bibbia non menziona mai Artaserse come colui che fu incaricato di ricostruire Gerusalemme.
Daniele 9:25 parla di un "ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme", ma non specifica da chi venga questo ordine.
Quindi i “cristiani”, dovendo trovare una data che collimasse con la vita di Gesù, hanno scavato nelle Scritture fino a trovare Neemia 2 - dove Artaserse, nel ventesimo anno del suo regno (455 a.C. circa), permette a Neemia di tornare a Gerusalemme.
Problema risolto, giusto?
No.
Perché Artaserse non emise mai un decreto formale di ricostruire Gerusalemme. Concesse solo un permesso personale a Neemia di riparare le mura (Neemia 2:5-8).
E c'è un altro problema ancora più grande: c'è un altro personaggio, menzionato molto prima nelle Scritture, che Dio stesso indicò come l'unto incaricato di ricostruire Gerusalemme.
Il suo nome era Ciro.
Isaia 44:28 - La profezia inequivocabile
"Io dico di Ciro: 'Egli è il mio pastore; egli adempirà tutta la mia volontà, dicendo a Gerusalemme: "Sarai ricostruita!" e al tempio: "Le tue fondamenta saranno gettate!"'"
Chiaro?
Dio stesso dice che Ciro è colui che avrebbe ordinato la ricostruzione di Gerusalemme.
Non Artaserse. Ciro.
Isaia 45:1 - Ciro è chiamato "unto"
"Così parla il SIGNORE al suo unto, a Ciro"
Ciro è chiamato "unto" (in ebraico: mashiach - Messia).
E Daniele 9:25 parla dell'apparizione di "un unto" dopo sette settimane dal decreto di ricostruire Gerusalemme.
La parola è la stessa che compare in Daniele 9:25 ma nessuno sano di mente asserirebbe che Ciro fosse il Messia, giusto?
Esdra 1:2-4 - Ciro emana il decreto
"Così dice Ciro, re di Persia: 'Il SIGNORE, Dio dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra, ed egli mi ha comandato di costruirgli una casa a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque tra voi è del suo popolo, il suo Dio sia con lui, e salga a Gerusalemme, che è in Giuda, e costruisca la casa del SIGNORE, Dio d'Israele, del Dio che è a Gerusalemme.'"
Ciro stesso riconosce che Dio lo ha incaricato di far ricostruire Gerusalemme e il tempio: questo decreto venne emesso nel 537/536 a.C., subito dopo la caduta di Babilonia.
E quando fu completata la ricostruzione?
"Questo tempio fu terminato il terzo giorno del mese di Adar, il sesto anno del regno del re Dario." – Esdra 6:15
Il sesto anno di Dario corrisponde al 515 a.C.
Se anche ci sbagliassimo di qualche anno sicuramente non arriviamo al 455.
Quindi:
• 537 a.C. - Decreto di Ciro
• 515 a.C. - Tempio completato
Circa 22 anni per ricostruire il tempio e, di conseguenza, la città che lo conteneva.
Ora, la domanda semplice e diretta:
Se Dio stesso disse che Ciro avrebbe ricostruito Gerusalemme, perché dovremmo ignorare Ciro e scegliere Artaserse?
Diciamoci la verità: dobbiamo scegliere Artaserse perché non si riesce a far collimare “settanta settimane” in 22 anni e perché Ciro non ci porta al 29 d.C.
Quindi, siccome la data di Ciro non funziona per l'interpretazione messianica, dobbiamo trovare un altro decreto, un'altra data, un altro punto di partenza.
Ed ecco Artaserse, estratto dal cilindro come un coniglio.
"A quanto pare" – L’onestà della cristianità
Ovviamente tutti sappiamo fare i conti e tutti sappiamo che aggiungendo 483 anni al 455 a.C., escludendo l’anno zero, arriviamo al 29 d.C.
Fin qui è semplice.
Ma c’è un altro problema e cioè che partendo da una data arbitraria e spezzettando le settimane, ovvero facendo partire le prime sette settimane dal decreto di Artaserse, si dovrebbe arrivare al 406 a.C. - data in cui Gerusalemme sarebbe stata completamente o parzialmente ricostruita.
Apriamo un qualsiasi commentario biblico evangelico e vediamo cosa troviamo.
"Mentre Neemia completa la ricostruzione iniziale delle mura attorno a Gerusalemme in 52 giorni, ci sono poche testimonianze di quando Gerusalemme fu effettivamente ricostruita nel modo menzionato dall'angelo Gabriele”5
Traduzione: non abbiamo prove storiche.
Un altro commentario afferma che "la restaurazione di Gerusalemme fu completata 49 anni e dieci giorni dopo il completamento della ricostruzione del muro di Gerusalemme sotto la guida di Neemia".6
Aspetta.
Giovedì 1 agosto 406 a.C.?
Con che calendario? Secondo quale fonte storica?
La risposta è semplice: nessuna. Chiacchiere.
Questa data non compare in nessun libro di storia secolare. Non esiste in nessun documento archeologico. Non è attestata da nessuna cronaca antica.
Le cronologie persiane di quel periodo sono estremamente dettagliate: documentano guerre, rivolte in Egitto, successioni dinastiche, trattati di pace con la Grecia. Nel 406-405 a.C. registrano la morte di Dario II e l'ascesa di Artaserse II, le manovre politiche interne, persino le spese per il mantenimento delle flotte.
Gli storici greci (Tucidide, Senofonte) registrano eventi ben più insignificanti. I papiri di Elefantina elencano persino nomine di funzionari minori nelle province persiane.
Del "completamento della restaurazione di Gerusalemme nel 406 a.C." - che dovrebbe essere l'adempimento della prima parte delle settanta settimane profetiche - non c'è traccia da nessuna parte.
Zero.
Perché?
Che non sia mai avvenuto?
Ovviamente non è mai avvenuto: è una data calcolata a ritroso partendo dalla conclusione desiderata.
Forzando la data di inizio e inventando la data intermedia… poi i conti li sappiamo fare tutti.
Comunque se stiamo cercando una data storica per la ricostruzione di Gerusalemme, fino a prova contraria, esiste UN SOLO decreto scritturalmente valido: quello di Ciro.
La Parola di Dio non dice che Artaserse fu incaricato di ricostruire Gerusalemme.
Non dice che Neemia ricevette l'ordine divino di riedificare la città.
Dice che Ciro - e solo Ciro - fu chiamato "unto" e incaricato da Dio stesso di "restaurare e ricostruire Gerusalemme".
A meno che questa profezia non sia completamente futura (e quindi ancora da adempiersi), Ciro è l'unico candidato biblicamente legittimo.
Esdra e Neemia testimoniano: La città esiste da un pezzo
Se il decreto di Artaserse (455 a.C.) fosse davvero il punto di partenza delle settanta settimane, ci aspetteremmo che a quella data Gerusalemme fosse un cumulo di rovine.
Dopotutto, Daniele 9:25 parla esplicitamente di un "ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme" cosa che rende implicita la sua devastazione.
Ma quando apriamo i libri di Esdra e Neemia - gli unici testi biblici che documentano cosa accadde realmente al tempo di Artaserse - scopriamo una realtà completamente diversa.
Esdra 7 - La città esiste, il Tempio funziona
Il settimo anno del regno di Artaserse (circa 458 a.C., tre anni prima del permesso dato a Neemia), il re invia Esdra a Gerusalemme con una lettera ufficiale.
Leggiamo attentamente le parole del decreto:
"Io decreto che nel mio regno, chiunque del popolo d'Israele, dei suoi sacerdoti e dei Leviti sarà disposto a partire con te per Gerusalemme, vada pure" – Esdra 7:13, Nuova Riveduta
"Partire con te per Gerusalemme"?
Se Gerusalemme fosse stata un cumulo di rovine inabitabili, avrebbe avuto senso dire "partire per ricostruire Gerusalemme" ma il testo dà per scontato che Gerusalemme esista già come destinazione.
Ma andiamo avanti:
"Tu infatti sei mandato dal re e dai suoi sette consiglieri in Giuda e a Gerusalemme per informarti come laggiù sia osservata la legge del tuo Dio, la quale è nelle tue mani e per portare l'argento e l'oro che il re e i suoi consiglieri hanno volontariamente offerto al Dio d'Israele, la cui dimora è a Gerusalemme" – Esdra 7:14-15
Il re manda Esdra "in Giuda e a Gerusalemme" - non "a ricostruire" ma semplicemente "a Gerusalemme", come si dice "vado a Roma" o "parto per Parigi".
Poi dice qualcosa di ancora più importante: l'argento e l'oro sono offerti "al Dio d'Israele, la cui dimora è a Gerusalemme".
Il versetto successivo non lascia spazio a dubbi:
"Tu avrai quindi cura di comprare con questo denaro tori, montoni, agnelli, e ciò che occorre per le relative oblazioni e libazioni, e li offrirai sull'altare della casa del vostro Dio che è a Gerusalemme" – Esdra 7:17
L'altare esiste, la casa di Dio esiste, i sacrifici vengono offerti.
Non c'è nulla da ricostruire. Il Tempio è in piena funzione.
E infatti sappiamo da Esdra 6:15 che il Tempio fu completato molto prima:
"Questo tempio fu terminato il terzo giorno del mese di Adar, il sesto anno del regno del re Dario" – Esdra 6:15
Il sesto anno di Dario corrisponde al 515 a.C.
Quindi, quando Artaserse emana il suo decreto nel 455 a.C., il Tempio è già completato da 60 anni.
E non può esistere un Tempio funzionante senza una città che lo circonda e lo protegge (e quindi la città esiste pure da prima).
Il decreto continua:
"Quanto agli utensili che ti sono dati per il servizio della casa del tuo Dio, rimettili davanti al Dio di Gerusalemme. Inoltre prenderai dal tesoro della casa reale quello che ti servirà per qualunque altra spesa che dovrai fare per la casa del tuo Dio" – Esdra 7:19-20
Il re non sta autorizzando la costruzione del Tempio (cosa che comunque non cambierebbe il concetto che Gerusalemme già esiste): sta fornendo utensili e fondi per abbellirlo e mantenerlo.
Nessuna di queste Scritture - assolutamente nessuna - indica che Gerusalemme dovesse essere "restaurata e ricostruita".
Al contrario, tutte presuppongono che la città esista già e non da poco.
Neemia 2 - Il malinteso sulle mura
Ma qualcuno obietterà: "E Neemia? Lui chiese espressamente il permesso di ricostruire!"
Vediamo cosa dice realmente il testo.
"Nel mese di Nisan, il ventesimo anno del re Artaserse, il vino stava davanti al re; io lo presi e glielo versai. Io non ero mai stato triste in sua presenza (...) poi risposi al re: 'Se ti sembra giusto e il tuo servo ha incontrato il tuo favore, mandami in Giudea, nella città dove sono le tombe dei miei padri, perché io la ricostruisca'" – Neemia 2:1, 5, Nuova Riveduta
Ecco! Qui c'è scritto "ricostruisca"!
Non così in fretta.
Continuiamo a leggere per capire cosa Neemia voleva ricostruire:
"Poi dissi al re: 'Se il re è disposto, mi si diano delle lettere per i governatori d'oltre il fiume affinché mi lascino passare ed entrare in Giuda, e una lettera per Asaf, guardiano del parco del re, affinché mi dia del legname per costruire le porte della fortezza annessa al tempio del SIGNORE, per le mura della città, e per la casa che abiterò'" – Neemia 2:7-8
Leggete attentamente.
Neemia chiede legname per tre cose specifiche:
1. Le porte della fortezza annessa al tempio (non il tempio stesso, che esiste già)
2. Le mura della città
3. Una casa per sé
Non sta chiedendo di ricostruire la città da zero.
Sta chiedendo di riparare e completare le mura e c'è una differenza abissale.
Le mura si costruiscono dopo che la città esiste, per proteggerla.
Nessuna civiltà antica iniziava la costruzione di una città partendo dalle mura: primo si edificavano case, strade, piazze, edifici pubblici.
Poi si costruivano le mura attorno per difendere ciò che era già stato costruito.
Sarebbe assurdo costruire prima un muro difensivo e poi chiedersi: "E adesso cosa mettiamo dentro?"
Ma soprattutto, quando Neemia arriva a Gerusalemme, cosa trova?
"Uscii di notte per la porta della Valle e andai verso la sorgente del Dragone e la porta del Letame, osservando le mura di Gerusalemme, com'erano diroccate, e le sue porte, che erano state distrutte dal fuoco" – Neemia 2:13
Notate: Neemia osserva le mura diroccate e le porte distrutte.
Non dice: "osservai il cumulo di rovine dove un tempo sorgeva Gerusalemme" ma le mura erano diroccate.
Quindi la città all’interno esiste.
Il libro di Neemia documenta infatti la ricostruzione delle mura, non della città:
• Capitolo 3: elenco dettagliato di chi ricostruì quale porzione delle mura
• Capitolo 4: opposizione durante la costruzione delle mura
• Capitolo 6:15: "Le mura furono terminate il venticinquesimo giorno di Elul, in cinquantadue giorni"
• Capitolo 12:27: "Per la dedicazione delle mura di Gerusalemme"
E questo ha perfettamente senso.
Gerusalemme era stata ripopolata decenni prima ma le sue difese erano ancora in cattivo stato - in parte per trascuratezza (come ai tempi del profeta Aggeo, quando il popolo si preoccupava delle proprie case più che della casa di Dio - Aggeo 1:4), in parte per le continue opposizioni dei popoli vicini.
Neemia venne per completare ciò che mancava: le fortificazioni.
Non per ricostruire una città che esisteva già da ottant'anni.
La cronologia incontestabile
Mettiamo tutto in ordine cronologico secondo le Scritture stesse:
537 a.C. - Ciro emana il decreto:
"Ciro re di Persia ha detto questo: 'Geova l'Iddio dei cieli mi ha dato tutti i regni della terra, ed egli stesso mi ha incaricato di edificargli una casa a Gerusalemme, che è in Giuda'" – Esdra 1:2
535-515 a.C. - Ricostruzione del Tempio e della città:
"Questo tempio fu terminato il terzo giorno del mese di Adar, il sesto anno del regno del re Dario" – Esdra 6:15
458 a.C. (7° anno di Artaserse) - Esdra va a Gerusalemme, che esiste già:
"al Dio d'Israele, la cui dimora è a Gerusalemme" – Esdra 7:15
455 a.C. (20° anno di Artaserse) - Neemia riceve il permesso di riparare le mure, non di ricostruire la città:
"affinché mi dia del legname per costruire le porte della fortezza annessa al tempio del SIGNORE, per le mura della città" – Neemia 2:8
La conclusione è inevitabile:
Quando Artaserse diede il permesso a Neemia (455 a.C.), Gerusalemme esisteva già da circa ottanta anni.
Se proprio si dovesse scegliere una data biblica per l'adempimento di "restaurare e ricostruire Gerusalemme", l'unico decreto scritturalmente valido è quello di Ciro (537 a.C.), non il decreto di Artaserse.
Tutti gli altri sono sostituzioni teologiche costruite ad hoc per arrivare alla data desiderata.
Il testo mancante - Quando l'interlineare rivela… che non rivela
C'è inoltre un dettaglio in Daniele 9:26 che pochissimi lettori conoscono, ma che spiega molte delle differenze incomprensibili tra le traduzioni bibliche.
Ricordate le tre versioni completamente diverse dello stesso versetto?
TNM: "un unto sarà stroncato, senza nulla per sé"
Nuova Riveduta: "un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui"
CEI: "un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui"
Come è possibile che lo stesso testo ebraico produca tre significati così diversi?
• "Senza nulla per sé" suggerisce povertà materiale (e molti lo applicano al fatto che Gesù non avesse ricchezze - Matteo 8:20)
• "Nessuno sarà per lui" suggerisce abbandono, nessun aiuto (e molti lo applicano al fatto che Gesù fù abbandonato sulla croce)
• "Senza colpa" suggerisce innocenza (Gesù senza peccato - Ebrei 4:15)
Queste non sono sfumature di uno stesso concetto: sono concetti completamente diversi.
Non possono essere tutti e tre corretti, no?
Eppure tutte e tre le traduzioni pretendono di basarsi sul medesimo testo originale.
Come è possibile?
La risposta la troviamo negli interlineari ebraico-italiano più antichi.
Cosa dice davvero il testo ebraico?
Un interlineare ebraico-italiano del XIX secolo rivela qualcosa di sconvolgente:
Daniele 9:26 in ebraico dice letteralmente: 'Or dopo le settimane sessantadue sarà reciso un Unto e non v'è (...?) per Lui.'
Leggete bene.
"Non v'è... per lui": manca un pezzo.
La frase ebraica è grammaticalmente incompleta.
L'ebraico dice solo וְאֵין לוֹ (ve'ein lo) - letteralmente "e non [c'è]... a lui" - ma non specifica cosa non c'è.
Ecco perché esistono traduzioni così diverse!
Ogni traduttore ha aggiunto la parola che riteneva più appropriata.
Ogni traduttore ha aggiunto la parola che riteneva più appropriata in base alla propria interpretazione teologica:
• Chi vedeva in questo unto il Messia povero ha aggiunto "nulla" → "senza nulla per sé"
• Chi vedeva il Messia innocente ha aggiunto "colpa" → "senza colpa in lui"
• Chi vedeva il Messia abbandonato ha aggiunto "nessuno" → "nessuno sarà per lui"
Di fatto, però, ognuno ha fatto un’aggiunta.
Sono tutte interpretazioni inserite dai traduttori per colmare una lacuna del manoscritto.
Non si trattava di sfumature linguistiche o di scelte stilistiche: si trattava di parole mancanti che ciascuno ha riempito secondo le proprie convinzioni dottrinali o il proprio sentore.
Un aiuto da Daniele 11:45
Ma c'è un modo per scoprire quale potrebbe essere la traduzione più corretta?
Probabilmente sì.
La stessa identica espressione ebraica - le stesse parole iniziali e finali - compare in un altro punto del libro di Daniele.
Daniele 11:45, parlando del "re del nord":
"Pianterà le tende del suo palazzo fra i mari e il bel monte santo; poi giungerà alla sua fine e nessuno gli verrà in aiuto" – Daniele 11:45, Nuova Riveduta
Leggete bene l'ultima parte: "nessuno gli verrà in aiuto".
In ebraico, l'espressione è praticamente identica a quella di Daniele 9:26.
Stessa struttura. Stesse parole chiave.
Quindi è ragionevole ipotizzare che anche in Daniele 9:26 il significato fosse simile:
"Un unto sarà soppresso, e nessuno gli verrà in aiuto".
Questo unto sarebbe morto abbandonato, senza soccorso.
Questa lettura è coerente con il testo, con il contesto storico, e con l'unico altro uso della stessa espressione nel libro di Daniele.
La conferma che cercavano il Messia (e non lo trovavano)
Il fatto che i traduttori abbiano aggiunto parole diverse per far riferire il versetto a Gesù dimostra una cosa importante:
Partivano dal presupposto che questo unto DOVESSE essere il Messia.
Quindi, di fronte a un testo incompleto, non si sono chiesti: "Cosa dice il contesto? Cosa dice l'uso della stessa espressione altrove?" ma "Quale parola potrei aggiungere per far sì che questo versetto parli di Gesù?"
E ciascuno ha aggiunto quella che serviva alla propria teologia:
• Gesù era povero? Aggiungiamo "nulla"
• Gesù era innocente? Aggiungiamo "colpa"
• Gesù fu abbandonato? Aggiungiamo "nessuno"
La prova grammaticale - "Dopo le 62 settimane”
Ed eccoci al colpo di grazia per certe interpretazioni “cristiane”.
La prova che, da sola, getta un’ombra pesante alla somma 7+62 per arrivare ad un unico avvenimento.
È talmente semplice che probabilmente per questo è stata ignorata per secoli.
Tutte le interpretazioni cristiane che identificano l'"unto" con Gesù Cristo sostengono che:
• Dal decreto di ricostruire Gerusalemme (455 a.C.) all'apparizione del Messia passano 69 settimane (7 + 62 = 69)
• Cioè 483 anni (69 × 7)
• Che portano al 29 d.C., anno del battesimo di Gesù
Ma leggiamo Daniele 9:26:
Traduzione del Nuovo Mondo:
"E dopo le sessantadue settimane Messia sarà stroncato"
Nuova Riveduta:
"Dopo le sessantadue settimane un unto sarà soppresso"
CEI:
"Dopo sessantadue settimane, un consacrato sarà soppresso"
Luzzi/Riveduta:
"Dopo le sessantadue settimane, un unto sarà soppresso"
Avete notato?
TUTTE le traduzioni - ripeto: TUTTE - dicono "dopo le sessantadue settimane" l’unto (o Messia, o il Condottiero o chiunque volete) sarà soppresso.
Non "dopo le sessantanove settimane" e non "dopo le sette più sessantadue settimane".
Sembra una piccolezza ma è una chiave che aprirà una porta importante.
Se la traduzione corretta fosse davvero 7 + 62 ovvero 69 settimane fino alla comparsa del Messia, come mai il testo non dice:
"Dopo le sessantanove settimane, Messia sarà stroncato"?
Oppure, se proprio voleva mantenere la suddivisione avrebbe dovuto scrivere:
"Dopo le sette settimane e le sessantadue settimane, Messia sarà stroncato".
Questa sarebbe la formulazione naturale, logica, ovvia.
Dicendo invece "Dopo le sessantadue settimane." le cose cambiano.
Pensateci bene.
Se l'unto compare dopo 69 settimane (come sostengono molti i commentari “cristiani”), perché il versetto successivo dice che viene soppresso dopo le 62?
Dovrebbero essere la stessa cosa, giusto? Dovrebbero fare una somma.
Ma l'unto compare dopo sette settimane.
Le 62 successive servono per altro.
In un solo modo il testo ha senso ed è il seguente.
Il versetto 25 dice:
"Dal momento in cui è uscito l'ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino all'apparire di un unto, di un capo, ci sono sette settimane; e in sessantadue settimane essa sarà restaurata e ricostruita"
Punto e virgola. O addirittura punto (come nella CEI).
Separazione netta.
Quindi:
• Primo periodo: Sette settimane dall'ordine di ricostruire fino all'apparizione dell'unto
• Secondo periodo: Sessantadue settimane durante le quali la città viene ricostruita
Poi il versetto 26 continua:
"Dopo le sessantadue settimane (che sono appunto quelle servite per la ricostruzione) un unto sarà soppresso"
Quale unto?
Quello che è comparso dopo sette settimane che poi, al termine delle sessantadue settimane di ricostruzione, viene ucciso.
La sequenza è chiarissima, una volta liberati dai condizionamenti.
Non sono 69 settimane consecutive (o meglio, lo sono, ma le prime riguardano la parola mentre la comparsa dell'unto è dopo le prime sette).
Sono periodi consecutivi ma che ruguardano due cose diverse.
L'ombra sulle "settimane di anni"
Ma c'è un problema ancora più grande.
Una volta stabilito che l’unto compare dopo 7 settimane per fare un lavoro che ne occuperà 62…
Allora facciamo il conto:
L'unto compare dopo 49 anni e fin qui nessun problema: stiamo parlando di una profezia che può iniziare ad avverarsi anche moltissimi anni dopo averla annunciata.
Viene ucciso dopo altre 434 anni (62 × 7).
E qui forse il problema c’è… Questo unto dovrebbe vivere più di 434 anni.
Leggete di nuovo.
Secondo questa interpretazione, la stessa persona che compare al termine delle prime sette settimane (49 anni dal decreto) dovrebbe essere ancora viva al termine delle successive sessantadue settimane (altri 434 anni dopo).
Questo unto che vivrebbe più di quattro secoli.
E questa è un'assurdità.
Nessun essere umano nella storia post-diluviana ha mai vissuto tanto.
Eppure, se non vogliamo proprio ridiscutere le "settimane di anni", una volta stabilito che i due periodi (7 e 62) sono separati come dimostra il testo, questa è l'unica conclusione logica.
Qui c'è un problema insormontabile a meno che non accettiamo che l'interpretazione messianica tradizionale sia semplicemente sbagliata e che anche queste settimane debbano avere un altro taglio temporale.
La domanda che nessuno vuole fare
Mettiamo tutto insieme.
Abbiamo visto che:
1. Le traduzioni si contraddicono su punti fondamentali
2. Ciro, non Artaserse, fu incaricato biblicamente di ricostruire Gerusalemme
3. Il 406 a.C. è una data inventata, inesistente
4. Gerusalemme esisteva già quando Artaserse diede il permesso a Neemia
5. Il testo ebraico di Daniele 9:26 ha uno spazio vuoto riempito arbitrariamente
6. "Dopo le 62 settimane" non significa "dopo le 69"
7. Se le settimane sono di anni e i periodi sono separati, l'unto dovrebbe vivere 434 anni
È davvero possibile che tutte queste contraddizioni, forzature, date inventate e impossibilità logiche siano il risultato di una profezia "chiara e matematicamente precisa"?
Oppure forse l'interpretazione che identifica quest'unto con Gesù Cristo, nonché la convinzione che si stia parlando di settimane di anni, è una costruzione teologica posteriore che non regge al confronto con il testo stesso?
Ma attenzione, perché non abbiamo ancora finito.
"Stabilire una giustizia eterna" – Più o meno
Infine c’è un problema grosso come una montagna che nessuna interpretazione – cristiana o giudaica - riesce a risolvere in maniera minimamente credibile.
Questo problema riguarda lo scopo stesso delle settanta settimane.
Leggiamo attentamente cosa dice l'angelo Gabriele all'inizio della profezia:
"Settanta settimane sono state fissate riguardo al tuo popolo e alla tua santa città, per far cessare la perversità, per mettere fine al peccato, per espiare l'iniquità e stabilire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo" – Daniele 9:24, Nuova Riveduta
Soffermiamoci su quella frase: "stabilire una giustizia eterna".
Non "porre le basi" per una giustizia eterna, e non "rendere possibile" una giustizia eterna.
Stabilire una giustizia eterna: Presente. Definitiva. Realizzata.
Facciamoci una domanda semplice:
Quando fu stabilita questa giustizia eterna sul popolo di Daniele e sulla sua santa città (Gerusalemme)?
Secondo le interpretazioni cristiane classiche (a parte quelle che la spezzano) le settanta settimane finiscono:
• Nel 36 d.C. (conversione di Cornelio - interpretazione dei TdG)
• Nel 70 d.C. (distruzione di Gerusalemme - interpretazione preterista)
• O in qualche momento imprecisato del I secolo
Bene.
Fu stabilita una "giustizia eterna" a Gerusalemme in quegli anni?
La realtà storica
Vediamo cosa accadde realmente al "popolo di Daniele" e alla "sua santa città" dopo queste date:
36 d.C. (fine delle 70 settimane secondo i TdG):
• Gerusalemme è ancora sotto occupazione romana
• Il popolo ebraico continua a subire oppressione
• Nessuna "giustizia eterna" è visibile
70 d.C. (fine secondo i preteristi):
• Gerusalemme viene distrutta dalle legioni romane
• Il Tempio viene raso al suolo
• Il popolo viene disperso in tutto l'impero
• Iniziano diciannove secoli di persecuzioni, pogrom, diaspora
135 d.C. (dopo la rivolta di Bar Kokhba):
• Gli ebrei vengono banditi da Gerusalemme
• La città viene ribattezzata "Aelia Capitolina"
• La provincia viene rinominata "Syria Palaestina" per cancellare ogni riferimento agli ebrei
70-1948 d.C.:
• Quasi duemila anni senza patria
• Inquisizione, ghetti, espulsioni, massacri
• Shoah: milioni di morti
1948-oggi:
• Gerusalemme contesa
• Guerre continue
• Terrorismo, conflitti, instabilità
Dov'è la "giustizia eterna" stabilita sul popolo di Daniele e sulla sua santa città?
Le scappatoie teologiche
Di fronte a questa evidenza imbarazzante, le interpretazioni cristiane si dividono in tre strategie:
Strategia 1: "La giustizia eterna è nel futuro, fuori dalle 70 settimane"
Alcuni ammettono onestamente: "La giustizia eterna non è ancora stata stabilita. Avverrà nel regno millenario di Cristo."
Benissimo, allora non rientrano nelle 70 settimane?
Daniele 9:24 dice chiaramente che le settanta settimane sono state fissate "per" stabilire una giustizia eterna.
Non dice: "Durante le settanta settimane si preparerà il terreno affinché, in un futuro imprecisato, migliaia di anni dopo, forse si stabilirà una giustizia eterna."
Dice: le settanta settimane sono fissate PER stabilire una giustizia eterna.
"Per" indica scopo e completamento.
Se dico "ho comprato i mattoni per costruire una casa", quando finisco i mattoni la casa deve essere costruita.
Non posso dire: "Beh, ho comprato i mattoni. La casa la costruirò tra mille anni. Ho comunque adempiuto lo scopo."
Strategia 2: "La giustizia eterna è simbolica - sono le 'basi spirituali'"
Altri dicono: "La morte di Cristo ha posto le basi spirituali per la giustizia eterna. Quindi tecnicamente è adempiuto."
Problema: questo è un gioco di parole banale e disonesto.
Il testo non dice "porre le basi per una futura giustizia eterna".
Dice "stabilire una giustizia eterna" (o "addurre", "portare", "far venire" nelle varie traduzioni).
Inoltre, l'angelo parla esplicitamente del "tuo popolo" (il popolo di Daniele = gli ebrei) e della "tua santa città" (Gerusalemme).
Non dice "in cielo", non dice "spiritualmente nel cuore dei credenti".
Dice: sul popolo e sulla città.
Fisicamente. Concretamente. Visibilmente.
Se la profezia avesse parlato di una "giustizia spirituale invisibile nei cuori", perché specificare "il tuo popolo" e "la tua santa città"?
Sarebbe stato più semplice dire: "Settanta settimane per stabilire la giustizia eterna" – credici, punto.
Invece specifica dove questa giustizia doveva essere stabilita: su Israele e a Gerusalemme.
E lì, chiaramente, non è mai stato stabilito nulla che lontanamente ci assomigli.
Strategia 3: "L'ultima settimana è sospesa - si adempirà nel tempo della fine"
I dispensazionalisti offrono una terza via: "Le prime 69 settimane si sono adempiute. Poi c'è stata una pausa di duemila anni. L'ultima settimana si adempirà durante la grande tribolazione."
A quel punto, finalmente, verrà stabilita la giustizia eterna sul popolo ebraico e su Gerusalemme.
Problema: il testo non menziona alcuna interruzione.
Gabriele dice: "Settanta settimane sono state fissate."
Non dice: "Sessantanove settimane, poi una pausa indefinita, poi un'altra settimana."
Questa è una costruzione posticcia moderna adottata dopo aver visto che tutte le altre falliscono miseramente.
Ma se possiamo inserire pause dove vogliamo, allora possiamo far dire al testo qualsiasi cosa:
• Pausa dopo la prima settimana? Perché no.
• Pausa dopo ogni settimana? Facciamolo.
• Settanta settimane distribuite su diecimila anni? Se serve alla dottrina, dai!
Una volta accettato il principio che "le settimane possono essere interrotte da pause non menzionate nel testo" (e quindi in teoria ti dico “una settimana” ma durerà duemila anni perché c’è una pausa in mezzo che non ti spiego) non c'è più alcun limite all'interpretazione arbitraria.
Il problema irrisolvibile
Riassumendo.
La profezia dice che in settanta settimane (non in millenni) sarebbe stata stabilita una giustizia eterna sul popolo di Israele e su Gerusalemme.
Secondo molte interpretazioni cristiane, le settanta settimane finiscono nel I secolo (36 d.C., 70 d.C., o giù di lì).
Ma nel I secolo, e per i diciannove secoli successivi:
• Non cessò la perversità del popolo
• Non fu messo fine al peccato
• Non venne stabilita una giustizia eterna
• Gerusalemme fu distrutta, non glorificata
Quindi, o:
1. La profezia non si è adempiuta (e quindi non solo l'interpretazione messianica è sbagliata ma la profezia è addirittura falsa?)
2. La profezia è "simbolica" (nel qual caso poteva esserci scritto qualsiasi altro numero ed è sciocco anche solo provare a contare)
3. La profezia non riguarda Cristo e si adempirà in futuro (e quindi le 70 settimane non sono neppure iniziate)
Scegliete voi.
Qual è l’unica delle tre possibilità che non crea problemi con la veridicità della Parola di Dio?
Il silenzio apostolico – Un silenzio che dice tanto
Abbiamo analizzato traduzioni contraddittorie, date forzate, testi manipolati e impossibilità logiche.
Ma c'è una prova ancora più decisiva.
Una prova che non richiede conoscenze di ebraico, cronologia o archeologia e non richiede neppure di saper contare.
Una prova così semplice e diretta che chiunque può verificarla da solo aprendo la Bibbia.
Come scritto all’inizio, gli apostoli non usarono mai questa profezia.
Mai.
Aprite gli Atti degli Apostoli e leggete i discorsi di Pietro, Paolo, Stefano.
Guardate come presentavano Gesù come il Messia promesso:
Pietro a Pentecoste (Atti 2:25-36):
• Cita il Salmo 16: "Non abbandonerai l'anima mia nell'Ades, né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione"
• Cita il Salmo 110: "Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra"
• Cita Gioele 2 sulla discesa dello Spirito Santo
Pietro al Tempio (Atti 3:22-26):
• Cita Deuteronomio 18: "Il Signore Dio vostro susciterà per voi un profeta come me"
• Cita l'alleanza con Abraamo
• Cita tutti i profeti da Samuele in poi
Stefano davanti al Sinedrio (Atti 7:1-53):
• Ripercorre tutta la storia di Israele da Abraamo
• Cita Amos 5 sulla disubbidienza
• Cita Isaia 66 sul fatto che Dio non abita in templi fatti da mano d'uomo
Paolo ad Antiochia di Pisidia (Atti 13:16-41):
• Cita il Salmo 2: "Tu sei mio Figlio, oggi io t'ho generato"
• Cita il Salmo 16: "Non permetterai che il tuo Santo veda la corruzione"
• Cita Isaia 55 sulle "sacre e fedeli promesse fatte a Davide"
Filippo all'eunuco etiope (Atti 8:32-35):
• Cita Isaia 53: "Come una pecora egli è stato condotto al macello"
Paolo nelle sinagoghe (Atti 17:2-3):
• "Basandosi sulle Scritture spiegava e dimostrava che il Cristo doveva soffrire e risuscitare dai morti"
Gli apostoli nelle lettere:
• Paolo cita Isaia, i Salmi, Genesi, Deuteronomio, i profeti - continuamente
• Pietro cita Isaia 53, il Salmo 34, Isaia 40
• Giovanni nel suo Vangelo cita Isaia, i Salmi, Zaccaria
Tutti i grandi testi messianici vengono utilizzati ripetutamente:
• Isaia 53 (il servo sofferente)
• Salmo 22 (le mani e i piedi trafitti)
• Salmo 16 (la risurrezione)
• Salmo 110 (il Signore alla destra di Dio)
• Isaia 7:14 (la vergine che concepisce)
• Michea 5:2 (Betlemme)
• Zaccaria 9:9 (il re che entra su un asino)
Ma le settanta settimane di Daniele?
Neanche l’ombra.
Non una citazione. Non un riferimento. Non un accenno.
Se questa profezia prediceva davvero "matematicamente" l'anno esatto della venuta del Messia...
Se davvero dal decreto del 455 a.C. fino al battesimo di Gesù nel 29 d.C. passavano esattamente 483 anni come profetizzato...
Se questa fosse stata la "prova inconfutabile" che Gesù era il Messia promesso...
Perché mai gli apostoli, e nessun cristiano del primo secolo la usò mai?
Immaginate Pietro a Pentecoste:
"Uomini d'Israele, ascoltate! Sapete che il profeta Daniele predisse che dal decreto di ricostruire Gerusalemme fino al Messia sarebbero passati esattamente 483 anni. Ebbene, da quel decreto al battesimo di Gesù sono passati... esattamente 483 anni! Potete verificarlo voi stessi!"
Sarebbe stato l'argomento più potente di tutti.
Inconfutabile. Verificabile. Preciso.
Immaginate Paolo nelle sinagoghe:
"Fratelli giudei, voi conoscete la profezia delle settanta settimane. Sapete che indicava l'anno preciso in cui sarebbe apparso il Messia. Fate i conti: Gesù di Nazaret è apparso esattamente nell'anno predetto!"
Avrebbe chiuso la bocca a qualsiasi oppositore.
E così avrebbero fatto tutti gli altri.
C’è una prova schiacciante, devastante, matematicamente coerente… perché non usarla?
Conclusione - L'enigma sepolto sotto strati di dogma
Siamo partiti da quella che sembrava la profezia più chiara, più precisa, più matematicamente inconfutabile dell'Antico Testamento.
La "prova" che la profezia delle settanta settimane portasse a Gesù Cristo ma lungo il cammino abbiamo scoperto qualcosa di molto diverso.
Quello che abbiamo trovato
Traduzioni che si contraddicono, date forzate e inventate, testimonianze storico-bibliche ignorate, manipolazioni testuali, paradossi logici, promesse non adempiute, silenzio apostolico assordante.
Qual è il vostro primo pensiero ad apprendere tutto questo?
La salvaguardia del testo biblico o la salvaguardia della vostra religione?
Arriverà di certo il giorno in cui la profezia delle 70 settimane, come diverse altre, sarà svelata, ma quel privilegio l'avranno persone che dimostreranno di amare Dio e la Sua Parola più di ogni altra cosa.
Gli adoratori della propria religione non rientrano tra questi.
Note in calce
1) I primi padri della chiesa a interpretarla come messianica furono:
• ~160 d.C. - Clemente di Alessandria (primo a collegarla a Cristo)
• ~200 d.C. - Ippolito di Roma (calcoli dettagliati)
• ~203 d.C. - Tertulliano ("i giudei hanno completato le 70 settimane nel 70 d.C.")
• ~225 d.C. - Origene ("le settimane predette da Daniele si sono adempiute in Cristo")
2) La Torre di Guardia stessa, nella rivista del 15 febbraio 2014
3) Edward Bouverie Pusey, Daniel the Prophet: Nine Lectures Delivered in the Divinity School of the University of Oxford (Oxford: J. Parker, 1885), p. 190.
4) "Why do some rabbis say Daniel 9:24-26 is not about Christ?", NeverThirsty (sito evangelico), consultato nel 2025. Disponibile online: https://www.neverthirsty.org/bible-qa/qa-archives/question/why-do-the-rabbis-say-daniel-924-26-is-not-about-christ/
5) The Sacred Calendar, "First 7 Weeks of Daniel's 70 Weeks Starts With Rebuilding Jerusalem Wall", 23 aprile 2020.
6) Ibid.
Nota finale: Le date di partenza variano a seconda delle denominazioni: gli Avventisti del 7° giorno e alcuni evangelici usano il 457/458 a.C. (decreto di Artaserse a Esdra in Esdra 7:11-26); i Testimoni di Geova usano il 455 a.C.; la maggioranza degli evangelici dispensazionalisti usa il 444 a.C. (decreto di Artaserse a Neemia in Neemia 2:1-8, secondo i calcoli di Harold Hoehner). In tutti i casi, sottraendo 49 anni (7 settimane) si arriva rispettivamente al 408 a.C., 406 a.C. o 395 a.C. - date per le quali non esiste alcuna documentazione storica sul completamento della ricostruzione di Gerusalemme.






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