Conciliare l’amore di Dio con il tormento eterno
Benché
questo blog sia dedicato alla profezia, eccezionalmente sono stati
trattati argomenti squisitamente dottrinali per un semplice motivo.
A
volte non è possibile dividere le dottrine dalle profezie perché le
une impediscono o limitano la comprensione delle altre.
Per
fare un esempio pratico, possiamo ricordare gli articoli dedicati
all’identità di Gog di Magog che, secondo quanto abbiamo appreso,
non sono quel gruppo di fratelli che si ribella alla sovranità di
Dio alla fine del millennio ma le persone delle nazioni “ai quattro
angoli della terra” che sopravvivono al giorno di Armaghedon.
È
evidente che questa comprensione va a toccare, in maniera
preponderante, molte dottrine.
La
prima riguarda la guerra di Armaghedon: dove si combatte e chi
include.
La
seconda riguarda il periodo della risurrezione: durante il millennio
o alla fine del millennio.
E
poi ci sarebbe tutto ciò che gira attorno al concetto di “peccato”
e “giudizio”; tutte dottrine legate tra loro e che hanno subito
profondi aggiustamenti a motivo di una profezia apparentemente
strana.
È
ovvio che la comprensione di questa profezia ci sarebbe stata negata
se non fossimo stati disposti a rivedere certe dottrine fondamentali.
Questo
spiega anche perché, in linea generale, le varie organizzazioni
della cristianità non potranno davvero comprendere quello che
accadrà in futuro.
Oltre a questo, da
quando abbiamo compreso che il ripristino della vera adorazione è un
avvenimento ancora futuro, questo blog non è più dedicato
esclusivamente ai testimoni di Geova ma a tutti coloro
che nutrono sincero rispetto per la Parola di Dio.
E questo
naturalmente ci porta a dover trattare alcune dottrine fondamentali
che non sarebbero in discussione… ma va da sè che
molte cose “scontate” per alcuni, non lo sono affatto per altri.
Inoltre non possiamo
sapere in anticipo quale credenza errata influirà sulla comprensione
di una determinata profezia per cui si rende necessario costruire o
ri-costruire alcune basi.
Nell’articolo che
segue si parlerà del cosiddetto “inferno di fuoco” o
qualsivoglia “luogo di tormento eterno” cercando di capire cosa
insegna realmente la Bibbia.
Consiglio a tutti
coloro che non credono all’esistenza dell’inferno di fuoco di
leggere comunque l’articolo che segue perché potrebbero trovare
particolari interessanti.
Le
ragioni di chi sostiene il tormento eterno
Una
delle dottrine fondamentali che divide la folta schiera della
cristianità è il concetto di tormento eterno.
La
maggior parte delle chiese accetta questo insegnamento, seppur con
varie versioni più o meno moderate, perché ritiene che sia proprio
quello che insegna la Bibbia.
Piaccia
o no, ragionano, l’inferno di fuoco o più genericamente un luogo
di tormento eterno, è ciò che bisogna accettare perché la Parola
di Dio è la Verità – Giovanni 17:17
Non
è raro che tra gli stessi sostenitori di questa dottrina si provi
una sorta di orrore – perché in effetti è qualcosa di orribile –
quindi non è per particolare “simpatia” che insegnano una cosa
del genere ma proprio perché in coscienza ritengono di doversi
piegare alla Scrittura.
Un
cavallo di battaglia spesso utilizzato per dimostrare questa dottrina
è la parabola del ricco e Lazzaro menzionata dal Signore in Luca
16:19-31.
Leggiamo
attentamente questa parabola.
“Ma
un uomo era ricco, e si adornava di porpora e lino, rallegrandosi di
giorno in giorno con magnificenza. Ma un mendicante di nome Lazzaro
era posto alla sua porta, pieno di ulcere e desideroso di saziarsi
delle cose che cadevano dalla tavola del ricco. E i cani stessi
venivano a leccargli le ulcere. Ora con l’andar del tempo il
mendicante morì e fu portato dagli angeli nel[la posizione del] seno
di Abraamo. Morì anche il ricco e fu sepolto. E nell’Ades
alzò gli occhi, esistendo nei tormenti, e vide molto lontano Abraamo
e Lazzaro nel[la posizione del] seno presso di lui. E chiamò,
dicendo: ‘Padre Abraamo, abbi misericordia di me e manda Lazzaro a
intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua,
perché sono nell’angoscia in questo fuoco ardente’. Ma Abraamo
disse: ‘Figlio, ricordati che durante la tua vita ricevesti appieno
le tue cose buone, ma Lazzaro in modo corrispondente le cose dannose.
Ora, comunque, lui ha qui conforto ma tu sei nell’angoscia. E oltre
a tutte queste cose, una grande voragine è stata posta fra noi e
voi, così che quelli che desiderano passare di qua a voi non
possono, né possono attraversare di là a noi’. Quindi egli disse:
‘In tal caso ti chiedo, padre, di mandarlo alla casa di mio padre,
poiché ho cinque fratelli, affinché dia loro una completa
testimonianza, e non vengano anch’essi in questo luogo di
tormento’. Ma Abraamo disse: ‘Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino
quelli’. Quindi egli disse: ‘No, davvero, padre Abraamo, ma se
qualcuno dai morti va da loro si pentiranno’. Ma egli gli disse:
‘Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi nemmeno
se qualcuno sorge dai morti’”.
Ora,
se siamo onesti, questa parabola parla chiaramente di tormento, di
angoscia e di fuoco ardente.
Non
solo.
Chiedendo
a Lazzaro di bagnargli la lingua con il dito non fa altro che
rimarcare che egli è proprio “nell’angoscia in questo fuoco
ardente”.
Ovviamente
queste non sono le uniche scritture citate a favore di questa
dottrina.
In
Rivelazione 20:10 si legge ad esempio che “il
Diavolo (...)
fu scagliato nel lago di fuoco e zolfo, dove [erano già] la bestia
selvaggia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte per
i secoli dei secoli”.
La
scrittura dice che saranno “tormentati” e aggiunge “per i
secoli dei secoli”.
C’è
da dire, per amore di correttezza, che in questa scrittura non si
parla affatto di “inferno”, cioè la parola “ades” spesso
tradotta in questo modo, ma ad ogni modo si menziona il tormento
eterno.
Con
varie differenze da confessione a confessione, si pensa che il
termine Geenna ne sia affine ed indichi la stessa cosa: un luogo di
tormento eterno dove finirebbero i malvagi.
Un’altra
scrittura molto forte utilizzata per dimostrare questa dottrina è
Marco 9:47,48 che dice “E se il tuo occhio ti fa inciampare,
gettalo via; è
meglio per te entrare con un occhio solo nel regno di Dio che essere
lanciato con due occhi nella Geenna, dove il loro baco non muore e il
fuoco non si spegne”.
Se
quando la Bibbia parla di questo luogo lo intende letteralmente c’è
ben poco da fare: orrore o no, dobbiamo essere disposti a piegarci
alla Scrittura e sperare di non finire mai in un luogo del genere.
Sicuramente
la Bibbia non mente e questo è esattamente quello che sostengono
entrambi i gruppi ma bisogna anche riconoscere che la Bibbia, molto
spesso, utilizza un linguaggio simbolico per spiegare in realtà
qualcos’altro.
Quali
sono le basi per sostenere che la Bibbia, quando parla di tormento,
fuoco ardente, e baco che non muore, non lo intende letteralmente?
Questi
motivi sono credibili o forzano in realtà la Scrittura?
Rifiutare
l’inferno di fuoco è basato su convinzioni scritturali o
semplicemente sulla difficoltà emotiva di accettare una cosa del
genere?
Vediamo
quali sono i motivi per cui altre chiese, sempre di denominazione
cristiana, rifiutano categoricamente questo insegnamento.
Riesci a conciliarlo con l'amore di Dio? |
Le
ragioni di chi non sostiene il tormento eterno ma la finale
distruzione
Ovviamente
coloro che sostengono che questo luogo di tormento non sia letterale
non insinuano minimamente che non esista alcuna forma di punizione
per i malvagi.
Coloro
che dicono che “Dio perdonerà tutti, in ogni caso, compreso
Satana...” evidentemente non hanno mai letto la Bibbia oppure non
hanno mai compreso il concetto fondamentale di giustizia divina.
Fin
dagli albori della storia umana, la pena per il peccato e la
disubbidienza è stata sempre la morte – Genesi 2:17; Esodo
21:23-25
Questo
è uno dei motivi per cui una pena eterna, in qualunque forma essa si
manifesti, risulterebbe antiscritturale ed enormemente sproporzionata
– confronta Geremia 30:11
E’
altresì evidente che questa dottrina, per stare in piedi, deve
partire da un’altra dottrina che è quella dell’immortalità
innata dell’anima umana.
Non
tutte le chiese che rigettano la dottrina del tormento eterno
rigettano di conseguenza la dottrina dell’immortalità dell’anima,
ma è necessario vedere cosa dice la Bibbia in merito a questo
soggetto perché se cade una, cade di conseguenza l’altra.
Coloro
che non credono che l’anima sia immortale citano spesso Ecclesiaste
9:10 dove Salomone
dice esplicitamente
“Tutto
ciò che la tua mano trova da fare, fallo con la tua medesima
potenza, poiché non
c’è lavoro né disegno né conoscenza né sapienza
nello Sceol, il luogo al quale vai”.
La
versione Riveduta rende così questo versetto: “Tutto
quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze;
poiché nel soggiorno de’ morti dove vai, non
v’è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né sapienza”.
La
Nuova Diodati traduce così “Tutto ciò che la tua
mano trova da fare, fallo con tutta la tua forza,
perché nello Sceol dove vai, non c'è più né lavoro né
pensiero né conoscenza né sapienza”.
E così via altre traduzioni fanno in modo simile.
Si
parla di lavoro o attività, di conoscenza o pensiero e si dice che
tutto questo cessa nel
momento in cui si muore e si va nella tomba.
È
importante notare che la parola ebraica tradotta “Sceol” è
l’equivalente della parola greca tradotta “Ades” (che
queste parole indichino la stessa cosa è
evidente da un confronto fra Salmo 16:10 e Atti 2:31)
la quale spesso viene traslitterata come “inferno” o “tomba”
o “dimora dei morti” quindi non è neppure possibile asserire che
Salomone dicesse queste cose indicando un punto di vista umano
(evidentemente il punto di vista di un uomo in vita che osserva il
corpo morto di qualcuno).
È
evidente che “da un punto di vista umano” una volta morti cessano
il lavoro, le battaglie, le gelosie, le corse… e questo di per sé
potrebbe non escludere la possibilità che tale persona sia andata a
“vivere” da un’altra parte, magari in un luogo di tormento, ma
la scrittura dice che non c’è lavoro né pensiero né conoscenza
nello sceol.
Quindi
non indica un punto di vista ma un dato di fatto.
Questo
è di per se già un grosso problema perché se la Bibbia, da altre
parti, insegna che nello sceol o ades si soffre, allora c’è una
palese contraddizione.
Molte
persone in effetti asseriscono che la Bibbia si contraddice ma questo
non dovrebbe valere per coloro che si ritengono cristiani - confronta
1 Corinti 15:17-19
Oppure come minimo dovremmo insinuare che Ecclesiaste sia un libro
spurio, non ispirato ma
questo aprirebbe
un problema ancora più grosso perché Salomone, oltre ad essere
riconosciuto da altri personaggi dell’antichità, viene citato dal
Signore stesso come persona sapiente e ispirata facendo chiari
riferimenti ai suoi scritti - Matteo 6:29; 12:42; Luca 11:31
Quindi avremmo un problema di corto-circuito.
Ecclesiaste dice che i morti sono inconsci contraddicendo quello che
avrebbe insegnato Gesù il quale lo cita come persona sapiente e
ispirata da Dio come tutto il resto della Scrittura.
Non possiamo neppure dire che il tema “morte” fosse un tema non
interessante per Salomone visto che, proprio su questo tema, dedicò
gran parte dei suoi scritti.
Infatti egli parlò della sua ricchezza e della sua sapienza e delle
cose che aveva accumulato e concluse chiedendosi che scopo
avesse tutto quello dal momento che, una volta morto,
qualcun altro avrebbe preso tutti i beni per i quali “aveva
lavorato duramente” - leggi Ecclesiaste 2:17-21
Sarebbe stata tutta vanità.
Quindi
quando trattò quell’argomento spiegando la condizione dei morti,
di certo non la trattò con leggerezza.
Egli scrisse anche… “Poiché
riguardo a chiunque è unito a tutti i viventi esiste fiducia, perché
un cane vivo è meglio che un leone morto. Poiché i viventi sono
consci che moriranno; ma in quanto ai morti, non
sono consci di nulla,
né hanno più alcun salario, perché il ricordo d’essi è stato
dimenticato. Inoltre, il
loro amore e il loro odio e la loro gelosia son già periti,
ed essi non hanno più alcuna porzione a tempo indefinito in nessuna
cosa che si deve fare sotto il sole” - Ecclesiaste
9:4-6
E’
davvero interpretabile la chiara espressione “non sono consci di
nulla” ed è interpretabile “non provano amore né odio né
gelosia”?
È
evidente che Salomone non sta usando un linguaggio simbolico, non sta
facendo una parabola né usa un linguaggio metaforico: sta dicendo
chiaro e tondo che i morti sono inconsci… esattamente
quello che capirebbe una persona normale che, senza alcuna
religione, avesse letto quello che era accaduto ad Adamo
millenni prima.
E a proposito di Adamo… chi più di lui “meriterebbe” l’inferno
di fuoco, così com’è concepito dalle religioni, tra gli esseri
umani?
La Bibbia dice chiaramente che è proprio per colpa sua che tutti gli
uomini muoiono e quindi è il responsabile della morte di miliardi
di persone, persone che stanno morendo anche in questo
momento mentre leggete queste parole - 1 Corinti 15:21, 22
Sicuramente Adamo ha ucciso più persone di quante ne potrà mai
uccidere la bestia selvaggia, di quante ne hanno uccise i soldati
romani, e più di quante ne hanno uccise i terremoti, le alluvioni,
le pestilenze e chi più ne ha più ne metta.
Dunque perché, nel discorso sull’inferno di fuoco, non si parla
mai di Adamo?
Sarà
perché la Bibbia dice chiaramente “polvere sei e in polvere
tornerai”? - Genesi 3:19
Una persona che leggesse per la prima volta Genesi 3:19 cosa
capirebbe?
Capirebbe che una parte di Adamo è andata in luogo di tormento e
quindi è rimasto conscio come punizione per aver disubbidito a Dio
(e aver condannato a morte tutto il genere umano) o capirebbe
semplicemente che sarebbe “tornato alla polvere” ovvero nella
condizione in cui era prima di venire alla vita?
Non
capirebbe semplicemente che Adamo non esisteva prima di venire alla
vita e sarebbe tornato in quello stato di inesistenza, quando era
solo polvere?
In
armonia con Genesi, infatti, in
Ecclesiaste 3:19, 20 egli dice “Poiché
c’è un’eventualità circa i figli del genere umano e
un’eventualità circa la bestia, e hanno la stessa eventualità.
Come muore l’uno, così muore l’altra; e tutti hanno un solo
spirito, così che non c’è superiorità dell’uomo sulla bestia,
poiché ogni cosa è vanità. Tutti
vanno a un solo luogo. Tutti sono venuti dalla polvere, e tutti
tornano alla polvere”.
Ovviamente
un’altra grossa difficoltà, che riscontrano gli stessi difensori
della dottrina dell’inferno, è riuscire a conciliare questa
credenza con l’amore di Dio.
Questo
luogo è davvero inconciliabile con la personalità di Dio o magari è
soltanto il nostro desiderio a spingerci a considerarlo tale?
Lasciamo
parlare la Scrittura.
Parlando
della terribile condotta apostata del Suo popolo, l’Iddio
Onnipotente tramite Geremia dice che essi avevano messo i loro
disgustosi idoli nella Sua casa e, tra le altre cose, avevano
“costruito gli alti luoghi di Tòfet, che è nella Valle del Figlio
di Innòm,
per bruciare nel fuoco i loro figli e le loro figlie, cosa che io non
avevo comandato e che non
mi era mai nemmeno venuta in mente’”
(o “salita in cuore”) - Geremia 7:31
Notiamo
che Dio sta dicendo che non gli era mai venuta in mente una
cosa così orribile
come il bruciare i loro figli o figlie nel fuoco.
Come
possiamo conciliare questa chiara
dichiarazione
con l’esistenza dell’inferno di fuoco che, a meno che non sia
venuto all’esistenza spontaneamente, deve averlo creato proprio
Colui che ha fatto tale dichiarazione?
Ora,
non è chiaro se questi figli venissero sacrificati da vivi o da
morti ma questo non ci sposta assolutamente dalla questione.
Sarebbe
coerente asserire che a Dio a non venne mai
in
mente di bruciare i figli degli israeliti ma lo pensò per i figli di
tutti gli altri?
Non
sarebbe stupido, oltre che una bestemmia?
Inoltre
questi ragazzi, anche ammesso che venissero messi nel fuoco da vivi,
essi avrebbero sofferto per un limitato (anche troppo lungo ma
limitato) periodo di tempo, cosa molto ma molto diversa da quello che
accadrebbe nell’inferno.
Tutti
quelli all’interno d’esso non verrebbero tormentati per un’ora,
per una settimana o per un mese ma per tutta
l’eternità
(?).
E’
coerente con quanto dichiarato in Geremia o sembra un’altra e
grossolana contraddizione?
Se
esiste l’inferno di fuoco dobbiamo dedurre che all’Iddio d’amore
è venuto in mente qualcosa di peggio che “il passare
i propri figli attraverso il fuoco” - 1 Giovanni 4:8
Lo
Bibbia descrive Dio come un “Padre di orfani di padre”, un luogo
dove trovare “protezione e conforto”, un aquila che cura i suoi
piccoli, un uditore di preghiera, un Dio di tenere misericordie, un
Dio che asciuga le lacrime dei suoi figli, un Dio che addirittura
conta tutti i capelli della nostra testa, che sa tutto di noi, che ci
incoraggia a fare il bene anche quando lo offendiamo e lo offendiamo
e lo offendiamo… .
Egli
è la personificazione dell’amore, Colui “per primo amò noi” -
confronta 1 Giovanni 4:8
Cerchiamo
di essere davvero onesti a prescindere dalla nostra religione.
La
descrizione che la Bibbia fa del Nostro padre amorevole sembra
coerente con colui che avrebbe creato un tale luogo di tormento?
Rimane
il fatto, diranno i sostenitori dell’inferno di fuoco, che tale
luogo è chiaramente menzionato nella Scrittura.
Intanto
coloro che ci credono dovrebbero cercare di armonizzare tutto quello
che abbiamo visto finora ed in genere ciò non avviene.
In
genere ci si concentra su quelle poche scritture che ne
dimostrerebbero l’esistenza senza farsi minimamente il problema di
come conciliare tutte le altre.
Comunque
chi crede che tutta la Scrittura è ispirata da Dio – e di
conseguenza non può contraddirsi – dovrebbe essere in grado di
fare l’uno e l’altro.
Prima
di affrontare di petto tutte quelle scritture in genere utilizzate
per tenere in piedi questa dottrina dovremmo
fare una distinzione tra ades e lago
di fuoco perché se
confondiamo l’ades (o “inferno” come traducono alcune Bibbie)
con il
lago
di fuoco, dobbiamo concludere
che il
Signore stesso finì all’inferno
– confronta Atti 2:27
In
genere i sostenitori di questo luogo di tormento non fanno alcuna
distinzione tra le due cose e questo denota superficialità nonché
come un pregiudizio possa avere la meglio su ogni ragionamento
logico.
Lago
di fuoco e Ades sono
due parole diverse ed è “troppo comodo” dare a queste parole a
volte lo stesso significato e a volte no
a discrezione del lettore (e
del traduttore).
In
Atti
capitolo 2 si parla del Signore (si
veda
anche Atti 13:35) ed
alcune
Bibbie traducono inferno in tutti i luoghi in cui compare “ades”
mentre
in questa scrittura traducono “tomba”.
Come
mai?
Forse
perché non riescono a conciliare con il concetto che il Signore Gesù
Cristo fu lasciato nell’inferno,
cioè
in un luogo di tormento, per
tre giorni e tre notti?
Davvero
pensiamo che il Signore si trovò in un luogo di tormento per tre
giorni e tre notti?
Quindi
l’ades è un luogo di tormento o è la comune tomba del genere
umano?
Dove
rimase tre giorni e tre notti il Signore?
Un’altra
contraddizione che vuole che l’ades sia l’inferno di fuoco si
trova proprio in Rivelazione dove si dice che
la morte stessa e l’ades stesso (l’inferno?) vengono scagliati
nel lago di fuoco – Rivelazione 20:14
Che
senso ha scagliare la Morte in un luogo di tormento?
La
Morte è una persona? Ha una coscienza? Può soffrire?
E
che bisogno c’è di scagliare l’ades (che a questo punto non si
capisce più se è esso
stesso un luogo di tormento o cosa)
in un luogo di tormento?
La
morte e l’ades non possono essere tormentati, ovviamente,
ma possono essere eliminati
per sempre – confronta
1 Corinti 15:26
L’apostolo
Paolo dice chiaramente che la morte verrà “ridotta
a nulla”.
Ora,
se siamo davvero onesti, per quale motivo “essere
gettati nel lago di fuoco” per la morte e l’ades, i
quali non possono ovviamente essere torturati,
significa “essere ridotti a nulla” (e
lo dice la scrittura e la scrittura non si può negare)
per gli esseri umani non significa la stessa cosa?
Ma
in fondo è quello che dice chiaramente la Scrittura: “questo
significa la seconda morte” - Rivelazione 2014; 21:8
Riflettiamo
sul termine senza condizionamenti: seconda morte.
Perché
“seconda”?
La
prima morte è quella che ha portato tutto il genere umano nell’ades,
cioè nella tomba (dove siamo inconsci, dove non abbiamo più
pensieri né null’altro, dove torniamo alla polvere esattamente
come Adamo) ma dall’ades si può uscire e si uscirà!
Infatti
la scrittura dice che “l’ades diede i morti che erano in essi”
e cioè Dio ricorda perfettamente tutti coloro che sono morti
nell’arco della storia umana ed è in grado, ed ha la volontà, di
“svuotare l’ades” cioè di riportare tutti in vita.
Ma
una volta giudicati direttamente da Dio, nel giudizio di Armaghedon
(come nel caso della bestia selvaggia e del falso profeta) o per
quanto riguarda i risuscitati che non superano il giudizio, essi
finiscono nel lago di fuoco che “significa la seconda morte”.
Questa morte è definitiva perché Dio non li riporterà in vita.
In
effetti
il
fuoco è utilizzato nella Bibbia come simbolo di
distruzione
e non di tormento.
In
un’occasione il Signore, parlando dei falsi profeti disse “Ogni
albero che non produce frutti eccellenti è tagliato e gettato nel
fuoco” - Matteo 7:19
La
stessa espressione la usò Giovanni il Battista in riferimento al
popolo di Israele ed in particolare agli scribi e i farisei – Luca
3:7-9
Ora
dicendo che sarebbero stati “gettati nel fuoco” essi intesero che
sarebbero
stati
“tormentati” o semplicemente “distrutti”?
Ovviamente
si potrebbe obiettare che avendo paragonato il popolo ad un albero,
quest’uso del termine “fuoco” fosse un’eccezione ma ci
sono altre scritture che associano il fuoco alla distruzione, spesso
definitiva – Deuteronomio 7:25, 26;13:15, 16; Giosuè 7:15; 11:10,
11; Giobbe 31:12
A
questo riguardo 2 Tessalonicesi 1:6-9 dice “Ciò comprende che è
giusto da parte di Dio rendere tribolazione a quelli che vi fanno
tribolare, ma, a voi che soffrite tribolazione, sollievo con noi alla
rivelazione del Signore Gesù dal cielo con i suoi potenti angeli in
un fuoco fiammeggiante, allorché recherà vendetta su quelli che non
conoscono Dio e su quelli che non ubbidiscono alla buona notizia
intorno al nostro Signore Gesù. Questi stessi subiranno la punizione
giudiziaria della distruzione eterna dalla presenza del
Signore e dalla gloria della sua forza”.
Tutte
le volte che compare il termine “distruzione” si entra pienamente
in contraddizione con la parola “tormento”, se quest’ultimo lo
si intende in senso letterale.
Siamo
onesti: o c’è una distruzione
eterna
o c’è un tormento
eterno.
Come
possono essere vere entrambe queste espressioni?
Se
c’è un tormento
c’è una coscienza
e se c’è una coscienza vuol dire che questa persona non è mai
stata
distrutta.
Quindi
l’apostolo Paolo in 2 Tessalonicesi sta dicendo che questi
subiranno il tormento
eterno o la
distruzione eterna?
Ci
sono altre contraddizioni e sono moltissime.
Se
questo fatidico “luogo di tormento” esistesse, dovrebbe essere il
risultato finale del disfavore, quindi dell’ira divina, non è
così?
Infatti
questo lago di fuoco è messo sempre in relazione al giudizio di Dio.
Quindi
vediamo cosa dice il Signore in merito al “destino” di coloro che
si troveranno sotto il giudizio di Dio: “Chi esercita fede nel
Figlio ha vita eterna; chi disubbidisce al Figlio non
vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui”
- Giovanni 3:36
Cosa
dice il Signore di coloro che disubbidiscono al Figlio?
Dice
forse che saranno tormentati per i secoli dei secoli o semplicemente
che “non
vedranno la vita”?
Ora
c’è un punto interessante.
Dice
che “l’ira di Dio rimane su di lui”.
In
che senso può rimanere “l’ira di Dio” su una persona che non
esiste più (ovvero
non
viene alla vita)?
Questa
persona non potrebbe
comunque
soffrire dell’ira di Dio in senso fisico e letterale, ma soffre
quest’ira
nel senso che tale
giudizio non si allontanerà da lui, cioè non
verrà mai più alla vita.
L’ira
di Dio rimane su di lui.
Potrebbe
essere la chiave o quantomeno il primo passo per comprendere il
significato tutte le volte che si parla di tormento o di “fumo del
tormento che ascende per i secoli dei secoli”? - Rivelazione 14:11;
20:10
Anche
qui, come minimo dovremmo pensare che il fumo di questo lago di fuoco
arriva fino al cielo (se
è letterale il fuoco e il tormento perché non dovrebbe essere
letterale il fumo che sale?)
ma è evidente che si sta utilizzando un linguaggio simbolico come
d’altronde è evidente in quasi tutto il libro di Rivelazione.
Sembrerebbe
che questo fumo, in realtà, abbia
a che fare con il biasimo del non venire più alla vita, quando
avrebbero potuto abbracciare la vita e la felicità.
Egli
non è il “Dio dei morti ma dei viventi” ed aver biasimato a tal
punto il Nome di Dio dal perdere l’opportunità di venire alla vita
dev’essere un grande biasimo! - Marco
12:27
Il
fumo è inoltre associato al ricordo – Rivelazione
18:9. 10
Il
loro ricordo, infatti, continuerà ad essere un biasimo per i secoli
dei secoli perché verranno ricordati con disprezzo tutte le volte
che se ne parlerà o anche solo ci si ricorderà di loro.
È
possibile che questo sia il senso dell’essere tormentati per i
secoli dei secoli?
Vediamo
come Daniele, altro libro ispirato da Dio, descrive la fine di questi
malvagi.
In
Daniele 12:2 si legge… “Molti di quelli che dormono nella polvere
della terra si sveglieranno, alcuni per la vita eterna, altri per il
disonore
e il disprezzo eterno”.
La
CEI e la Bibbia di Gerusalemme traducono: “Molti di quelli che
dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla
vita eterna e gli altri alla
vergogna e per l'infamia eterna”.
La
Luzzi Riveduta traduce “per
l'obbrobrio, per una eterna infamia” e
così grossomodo fanno
tutte le altre.
Queste
parole non dovrebbero far riflettere i sostenitori del tormento
letterale?
Perché
l’angelo che parla con Daniele parla di disprezzo e non di dolore?
Tenendo ben a mente quanto abbiamo visto finora,
proviamo a rileggere le scritture che sembrerebbero parlare di
tormento letterale.
Rivelazione
14:11, parlando del giudizio avverso di Dio dice “Il
fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno
riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua
e chiunque riceve il marchio del suo nome»… questo
significa che il fumo salirà
letteralmente fino al cielo
e non avranno riposo in quanto saranno letteralmente
tormentati
(quindi non sono mai stati distrutti davvero) o il fumo del loro
tormento salirà in cielo nel senso che l’Agnello e gli angeli si
ricorderanno di loro
e saranno tormentati nel senso che ogni volta che ne parleranno e ci
penseranno saranno
biasimati, disprezzati,
e ciò
si ripeterà per tutta l’eternità perché il giudizio di Dio non
sarà mai dimenticato?
Rivelazione
20:10 dice “il
Diavolo che li sviava fu scagliato nel lago di fuoco e zolfo, dove
[erano già] la bestia selvaggia e il falso profeta; e saranno
tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli” significa
che la bestia selvaggia (che non è una persona ma una costruzione
politico-militare e in quanto tale non potrebbe essere tormentata) e
il falso profeta e il Diavolo saranno fisicamente tormentati o
saranno distrutti
e quindi
ricordati con disprezzo, con biasimo?
Rivelazione
20:14 dice che “la morte e l’Ades furono scagliati nel lago di
fuoco. Questo significa la seconda morte, il lago di fuoco” e
questo significa che la morte finirà in un luogo specifico di
tormento (fatto di fuoco e zolfo) e l’Ades stessa, parola che viene
tradotta inferno ed utilizzata come “inferno di fuoco” a seconda
della convenienza, verrà gettata in un luogo specifico fatto di
fuoco e zolfo o più semplicemente saranno
entrambi eliminati per sempre?
Come
ultimo nemico sarà ridotta a nulla la morte e tutti coloro “che
sono nelle tombe commemorative udranno la sua voce e ne verranno
fuori” - Giovanni 5:28, 29
In
questo senso morte e Ades vengono scagliati nel lago di fuoco:
smettono d’esistere per sempre.
Dio
inghiottirà la morte per sempre – Isaia 25:8
Affrontiamo
la parabola del ricco e Lazzaro...
Nel
tentativo di spiegare questa parabola alcuni di coloro che contestano
l’inferno di fuoco asseriscono che “il Signore avrebbe utilizzato
una credenza errata per insegnare qualcosa” ma ovviamente questo è
un ragionamento capzioso e debole a cui i sostenitori dell’inferno
si sono subito – giustamente - attaccati: il Signore era la
personificazione della Verità e non avrebbe mai utilizzato una
credenza errata per insegnare qualcosa di vero.
L’autore
di questo articolo è d’accordo tanto per cominciare perché non si
è mai vista, in tutta la Bibbia, una cosa del genere (quando
l’apostolo Paolo si allacciò al “dio sconosciuto” degli
ateniesi, non citò le loro credenze pagane per dimostrare una
qualsivoglia verità) e poi non sarebbe semplicemente logico.
Se
gli scribi e i farisei credevano ad un tale luogo di tormento,
davvero avrebbero capito il “profondo significato” della parabola
o si sarebbero concentrati, tanto più, sulla loro credenza errata?
In
ogni caso non è ragionevole credere che il Signore, con poche
parole, abbia voluto scardinare buona parte delle Scritture (che come
abbiamo visto non possono contraddirsi) alcune delle quali abbiamo
visto in questa trattazione.
Semmai
è ragionevole supporre che il concetto di tormento espresso in
quella parabola (che è una parabola
e quindi va interpretata) fosse lo stesso che abbiamo visto finora, e
cioè il biasimo che la disapprovazione di Dio e una morte senza risurrezione avrebbe
causato al ricco, il
quale
evidentemente credeva che gli sarebbe andata bene fino alla fine.
Ovviamente c'è chi si attacca al fatto che questa non sarebbe una parabola perché Gesù menziona un nome... Lazzaro.
Se questa fosse la prova di qualcosa ci si dovrebbe anche chiedere perchè invece il ricco è semplicemente "il ricco".
Inoltre se Gesù stava raccontando la vita reale di due persone reali, allora tale racconto non sarebbe servito a niente; gli scribi e i farisei non avrebbero compreso che il "ricco" rappresentava loro nè i poveri e i disprezzati avrebbero compreso d'essere paragonati al Lazzaro (che era un nome comune e di certo non Lazzaro il fratello di Marta e Maria).
La
scena descritta è del
tutto ipotetica
e
cioè descrive quello
che avrebbe fatto un morto se
avesse potuto,
cioè avrebbe detto “Manda Lazzaro alla casa di mio padre, perché
ho cinque fratelli affinché non facciano la mia stessa fine...”.
Questo
è esattamente lo stesso modus narrativo descritto in Isaia 14:9,
10
Quindi
in risposta ai ricchi che stavano disprezzando gli insegnamenti del
Signore e che confidavano
nelle loro ricchezze,
Egli risponde con questa illustrazione dicendo “Se sapeste cosa vi
aspetta – e cioè una
probabile morte eterna -
vi pentireste adesso finché ne avete il tempo e non disprezzereste i
poveri, i quali andranno davanti
a voi nel Regno di Dio” - confronta Matteo 21:31
Riassumendo
i punti principali.
Sia
Ecclesiaste che Genesi dicono chiaramente, senza alcun linguaggio
simbolico, che i morti sono inconsci, che si torna alla polvere, che
in quel giorno “finiscono i pensieri, i desideri, le mete, l’odio,
l’invidia...” tutto.
Questa
è anche la credenza che avevano gli ebrei nell’antichità: la
credenza dell’anima immortale (con varie differenze di particolari)
è successiva.
Salvo
trovare una spiegazione per queste scritture (e cioè riuscire a
dimostrare che essi volessero dire qualcos’altro) come minimo si crea
una contraddizione con il concetto di tormento eterno perché o i
morti sono inconsci oppure sono consci.
L’idea
di un luogo di tormento non s'addice inoltre alla descrizione delle qualità
di Dio come amore e giustizia.
Anche
nella ferrea giustizia, Dio ha sempre disciplinato nella “debita
misura” e un tormento eterno non può essere una debita misura
neppure per la persona peggiore del mondo.
Anzi,
la scrittura (che è sacra e non può essere annullata) dice che
certi pensieri non li ha neppure mai avuti e Dio non può mentire.
Nelle
Scritture greche viene qualche volta usato il termine tormento,
sempre in relazione al giudizio di Dio, ma nello stesso tempo il
giudizio di Dio è associato alla distruzione.
Il
termine distruzione, che compare in contesti simili a quelli del lago
di fuoco, compare molte più volte nella Bibbia ed è inutile
ricordare che “distruzione” e “tormento” sono due concetti
diametralmente opposti e inconciliabili se presi entrambi letteralmente.
Chi
è distrutto non può essere tormentato, né può gioire.
Chi
gioisce o soffre non può essere distrutto ma per provare queste
sensazioni deve continuare ad esistere.
La
distruzione è associata all’ira di Dio e quindi è ragionevole
concludere che il “tormento” sia da intendere in questo contesto:
l’ira di Dio “rimane” sulla persona distrutta, nel senso che
non verrà più alla vita.
L’angelo
che parla con Daniele, parlando del giudizio finale dice che gli
ingiusti andranno nel “disonore e nel disprezzo eterno” e quindi
in questo senso va inteso il termine “tormento”.
Il
loro disprezzo eterno sarà un “tormento” e tale disprezzo sarà
eterno perché il giudizio di Dio su queste persone non sarà mai
dimenticato.
In
questo senso il fumo “ascende per i secoli dei secoli”, non
letteralmente ovviamente (non sarebbe un luogo così allegro se ci
fosse il fumo di un tale luogo perennemente) ma nel senso che il loro
ricordo continuerà ad
essere
un biasimo, in armonia con le parole di Daniele.
Per
questi motivi, e per tante altre scritture che non abbiamo citato possiamo concludere che l’insegnamento
dell’inferno come luogo di tormento eterno sia antiscritturale e
che debba le sue origini a ben altre religioni.
Nello
stesso tempo il facile errore in cui si possa cadere a
motivo del termine utilizzato (tormento) mette in luce il desiderio
di ognuno di noi
di
scavare davvero nella Parola di Dio e valutarla nel
suo insieme
oppure di accettare, contro ogni evidenza dell’amore di Dio, una
credenza del genere.
Considerazioni
finali sullo spirito e sull’anima
La
trattazione non sarebbe completa se non citassimo altre scritture
spesso utilizzate per sostenere l’immortalità dell’anima.
Ovviamente
queste scritture vorrebbero dimostrare l’immortalità dell’anima
umana per poi dimostrare l’eventuale luogo di
destinazione (tormento o beatitudine) ma ormai abbiamo visto che non
c’è alcun modo di dimostrare scritturalmente l’esistenza di
questo luogo di tormento.
In
ogni caso è giusto toccare questo argomento perché anche coloro che
negano l’inferno cadono spesso in contraddizione.
Se
l’immortalità dell’anima umana è scritturale, allora nessuno
può morire davvero e se non si muore… dove vanno tutti, compresi i malvagi?
Non
si può “spegnere l’inferno” senza smontare quest’altra
dottrina perché esse sono strettamente legate.
Una
scrittura spesso utilizzata è proprio Ecclesiaste 12:9 che dice
"prima che la polvere torni alla
terra com'era prima e lo spirito torni a Dio
che l'ha dato” e
questo dimostrerebbe che una parte dell’essere umano continua a
vivere dopo la morte.
La
scrittura fa chiaramente una distinzione tra il corpo e lo spirito.
Ovviamente
anche qui dobbiamo fare una regressione perché esattamente come si
fa con Ades e lago di fuoco, anche spirito e anima diventano
spesso intercambiabili pur di dimostrare la propria dottrina.
I
sostenitori dell’inferno di fuoco – ma anche quelli dell’anima
immortale - dovrebbero innanzitutto mettersi d’accordo tra di loro:
è lo spirito o l’anima quella cosa che continua a
vivere dopo la morte?
Sarebbe
utile comprenderlo perché
allo stesso modo citano
“le
anime
dei defunti di coloro che erano stati uccisi in cielo” -
Rivelazione
20:4
Eppure
Ebrei
4:11 dice ad
esempio che
la Parola di Dio può penetrare “fino alla divisione dell’anima
e dello spirito”
e quindi è evidente che anche
anima
e spirito sono due cose ben diverse (infatti
la parola originale è ben diversa)
ma se quando si cerca di dimostrare che una parte di noi continua a
vivere dopo la morte “una
cosa vale l’altra”, allora è legittimo il sospetto che non si
cerchi davvero di venire a capo della questione ma che “ogni
scrittura vada bene” pur di confortare la propria credenza e/o
organizzazione religiosa.
Partendo
dalla creazione di Adamo, è sicuramente possibile uscire da un’apparente
confusione.
La
scrittura dice che dopo aver formato l’uomo dalla polvere Dio “gli
soffiava nelle narici l’alito
della vita, e l’uomo divenne
un’anima vivente”.
La
scrittura non dice che all’uomo fu
data
un’anima o che
gli
si aggiunse un’anima ma che egli divenne
un’anima.
Questo
significa semplicemente che Adamo prese vita, divenne un essere
vivente.
Un
essere vivente esattamente come gli animali (da cui il termine
anima-li)
ovviamente con quel “qualcosa in più” (o
molto in più)
che aveva a che fare con la somiglianza con Dio stesso.
L’uomo
è la creazione speciale di Dio e questo non è in discussione.
Ma
l’uomo divenne un’anima, cioè prese vita, coscienza, nel momento
in cui Dio soffia nelle sue narici “l’alito della vita”…
ovvero questo “soffio”, “respiro” o “spirito”.
Adamo
diviene un anima vivente ed è normale che ciò avvenga perché la
Bibbia dice che Dio è “la Fonte della vita” - Salmo 36:9
Dice
forse la scrittura che l’anima Adamo (non
l’anima di
Adamo ma l’anima Adamo)
avrebbe proseguito la sua esistenza al di fuori del corpo una volta
morto?
Assolutamente
no, non troveremo mai scritta una cosa del genere.
Adamo
torna semplicemente alla polvere, ovvero
cessa
di esistere.
Quindi
non esiste “un’anima” come
qualcosa in più che avremmo viva
e cosciente
ma
noi siamo
un anima ed è esattamente l’uso che ne facciamo oggi.
Quando
diciamo, ad esempio, “un villaggio di duemila anime”, intendiamo
duemila fantasmi vaganti o semplicemente duemila persone?
La
parola anima, nella Bibbia, è
sempre
associata alla persona stessa o alla sua vita.
“Le
anime
di quelli che erano
stati scannati a causa della parola di Dio” non
sono altro che le persone, le vite sprecate di queste persone, e il
fatto che esse “gridino” va inteso nello stesso senso in cui il
sangue di Abele gridava – Genesi 4:10
Ovviamente il sangue non può gridare ma la
perfetta giustizia di Dio richiede che questo torto sia riparato.
Tutti
coloro che sono stati scannati a motivo della parola di Dio infatti
“gridano” dicendo “Fino a quando, Sovrano Signore santo e
verace, ti tratterrai dal giudicare e dal vendicare il nostro sangue
su quelli che dimorano sulla terra?” - Rivelazione 6:10
Tra
l’altro anche volendo dimostrare un’improbabile vita dopo la
morte essi
sarebbero quelli in
paradiso, non è vero?
Se
sono in paradiso, ovvero in un luogo di beatitudine,
perché soffrono,
perché gridano,
perché cercano
vendetta?
Forse
perché non sono proprio da nessuna parte, se
non nella memoria di Dio,
e la loro morte dev’essere vendicata?
Passiamo
allo “spirito” che, come abbiamo visto, viene sempre distinto
dall’anima e dal corpo
e anche qui torniamo alla creazione di Adamo.
Questa
parola viene tradotta “respiro” o “alito” o “soffio” o in
maniera simile.
L’uomo
divenne un anima vivente nel momento in cui Dio gli soffiò “l’alito
della vita” (non prima) e quindi è questo alito
di vita a “dare la vita”.
É
vero che alcuni cercano di enfatizzare la differenza che passerebbe
tra "ruach"
(vento,
spirito, ecc.)
e
"neshamah" (alito
di vita, principio vitale)
ma quello che dobbiamo capire è se qualcosa di noi, qualunque cosa
sia, rimane in vita dopo la morte.
Riflettiamo.
Prima
che Dio soffiasse quest’alito nelle narici di Adamo, quando
quest’alito era ancora in Dio,
era esso stesso una vita?
Era
una vita con una coscienza
ed
una
personalità?
Se
così fosse torneremmo al concetto espresso da alcuni: esistono
“anime” o “spiriti” (a seconda della convenienza, come
abbiamo visto) prima di ricevere un corpo dove “abitare”.
Ma
ovviamente questo non è un insegnamento biblico ed è un concetto
che va ben oltre le Scritture –
1 Corinti 4:6
Quindi
alla morte cosa succede?
Lasciamo
semplicemente parlare la Bibbia.
Ecclesiaste
12:7 dice “Allora la polvere torna alla terra, dov’era prima, e
lo spirito torna al vero Dio che l’ha dato”.
Riflettendo
sulla creazione di Adamo sembra che questa scrittura stia dicendo che
una parte dell’uomo (inteso come vita o coscienza dello stesso)
torni a Dio - cioè vada in paradiso a vivere con Dio - o
semplicemente che l’alito di vita, quella cosa che Dio soffiò
nelle narici di Adamo, torna a Dio?
Ora
a parte il fatto che, come si può chiaramente vedere, in questa
scrittura non è contemplato alcun lago di fuoco (e la scrittura
dovrebbe dire, al limite, “alcuni spiriti andranno
verso Dio mentre altri andranno nel lago di fuoco”) c’è inoltre
una contraddizione con il “punto di vista umano” che viene spesso
attribuito a Salomone per riuscire a non trovare una contraddizione
con la loro dottrina anche quando è evidente.
Se
Salomone mette la conoscenza umana in contrasto con quella divina,
qua non c’è alcuna conoscenza umana perché questo “spirito che
torna a Dio” (qualunque significato gli vogliamo dare) non è una
cosa che possono vedere o capire gli uomini.
Quindi
come lo giustifichiamo?
Ora
se questo spirito (o alito di vita) torna a Dio in senso
letterale o nel senso che da quel momento in poi l’unica
speranza di tornare in vita è nelle mani di Dio, può
diventare oggetto di discussione ma di fatto questa scrittura non
dice e neppure fa pensare che questo spirito sia una vita, viva da
solo o sia cosciente.
In
altre parole non dimostra affatto che una parte di quella persona,
morta, continui a vivere in qualche altro luogo o in
qualche altra forma.
Se
Dio è la Fonte della Vita, cioè Colui che ci ha dato
la vita attraverso questo alito, una volta morti possiamo tornare in
vita solo se tale Fonte deciderà di farlo (e lo farà,
come sappiamo, perché l’ades sarà svuotata in armonia con quanto
abbiamo visto in Rivelazione).
Ed
ecco che ritroviamo la differenza tra uomo e animale sempre in
Ecclesiaste!
Salomone
si chiede “Chi conosce lo spirito dei figli del genere umano, se
sale verso l’alto; e lo spirito della bestia, se scende verso il
basso alla terra?” (3:21)
Da
un punto di vista umano non si poteva sapere ma grazie alla sapienza
divina giunge alla conclusione che...
“Allora
la polvere torna alla terra, dov’era prima, e lo spirito torna al
vero Dio che l’ha dato” (12:7) ed ecco che abbiamo il
contrasto e la conclusione: vivere senza tener conto di Dio è
inutile ed è solo “vanità” perché dal momento che la nostra
vita dipenderà solo da Lui (anche quella futura) la conclusione è
“Temi il vero Dio e osserva i
Suoi comandamenti”.
Possiamo
trovare altre scritture a conferma di questa spiegazione?
Certamente.
Quando
Gesù stava per morire disse “Padre, nelle tue mani affido il mio
spirito” - Luca 23:46
In
che senso Gesù “affidò il suo spirito” nelle mani
di Dio?
Nel
senso che la sua persona conscia avrebbe raggiunto Dio o nel senso
che la sua speranza di tornare in vita, da quel momento, era nelle
mani di Dio?
Gesù
non disse forse “ho fiducia in te, mi affido completamente a te”?
Se
lo spirito fosse stata la sua persona conscia che sarebbe comunque
sopravvissuta dopo la morte Egli avrebbe detto al massimo “Padre,
sto per giungere a te in spirito”.
Sono
due frasi molto diverse.
Egli
disse invece “affido” il mio spirito, non “giungo
a te – o ti raggiungo – in spirito”.
Allo
stesso modo quando lasciamo in custodia qualcosa a cui teniamo molto
diciamo “te l’affido” intendendo ovviamente “mi
raccomando: abbine cura”.
Quindi
il Signore sta dicendo “ho completa fiducia in te, mi affido a te.
Riportami in vita”.
È
giusta questa interpretazione e soprattutto fu ben riposta questa
fiducia?
Giudichiamolo
da queste parole... “e
fui morto,
ma, ecco, vivo per i secoli dei secoli, e ho le chiavi della morte e
dell’Ades” - Rivelazione
1:18
Quindi
Gesù fu
morto,
rimase morto, nessuna
parte di lui continuò a vivere durante il periodo della sua morte
altrimenti queste parole
non avrebbero senso.
La
sua completa fiducia fu ben riposta perché Dio lo risuscitò, cioè
lo riportò in vita, che è il contrario della morte – Atti 2:32
E
tra l’altro, ennesima contraddizione per coloro che credono
nell’anima immortale (o spirito immortale) se una parte del Signore
avesse continuato a vivere, non ci sarebbe stato
bisogno né sarebbe stato possibile risuscitarlo.
Non
si può risuscitare chi non è mai morto.
Grazie
al fatto che l’alito di vita “torna a Dio”, egli è
in grado ed ha la volontà di riportare in vita tutti coloro che
muoiono.
In
conclusione.
La
dottrina dell’inferno di fuoco non è scritturale.
Nella
Bibbia, il fuoco, è simbolo di distruzione e non di tormento.
Non
si può mischiare “Ades” e “lago di fuoco” a seconda della
convenienza.
Il
primo è la comune tomba del genere umano, il secondo “significa la
seconda morte” ovvero la morte da cui non c’è risurrezione.
La
punizione per la disubbidienza e il peccato è la morte.
L’esistenza
di un luogo di tormento eterno è inconciliabile con il Dio d’amore
descritto nelle Scritture.
Comunque
la spiegazione di coloro che negano giustamente l’inferno di fuoco
è stata spesso insufficiente.
Il
termine “tormento”, chiaramente espresso nelle Scritture, indica
un biasimo, un umiliazione.
Questo
significa che il loro ricordo sarà tormentato, ovvero
biasimato, come confermato dall’angelo che parla a Daniele.
La
credenza dell’inferno di fuoco è comunque strettamente legata
all’immortalità innata dell’anima umana, anch’essa una
dottrina non scritturale.
L’uomo
non ha un’anima ma è un’anima come tutte le
altre creature viventi.
In
questo senso non c’è differenza tra uomo e animale.
Lo
spirito che torna a Dio, in senso letterale o simbolico, è l’alito
di vita.
Questo
significa che ogni speranza di tornare in vita, dal giorno della
morte, dipenderà esclusivamente da Dio.
In questo consiste la profonda differenza tra uomo e animale: la possibilità di tornare in vita.
Incoraggiamo
dunque tutte le persone sensibili che amano e rispettano la parola di
Dio a riflettere su queste informazioni e a chiedersi se la credenza
di un luogo di tormento eterno può pregiudicare la propria relazione
con Dio.
Vogliamo
ubbidire a Dio al di là e al di sopra della nostra organizzazione
religiosa.
Non
vorreste liberarvi da questo troppo caldo e troppo pesante fardello?
- Giovanni 8:31, 32
Questo articolo supera in sapienza qualsiasi altro articolo, sullo stesso tema, che io abbia letto in tanti anni.
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