Conciliare l’amore di Dio con il tormento eterno

Benché questo blog sia dedicato alla profezia, eccezionalmente sono stati trattati argomenti squisitamente dottrinali per un semplice motivo.
A volte non è possibile dividere le dottrine dalle profezie perché le une impediscono o limitano la comprensione delle altre.
Per fare un esempio pratico, possiamo ricordare gli articoli dedicati all’identità di Gog di Magog che, secondo quanto abbiamo appreso, non sono quel gruppo di fratelli che si ribella alla sovranità di Dio alla fine del millennio ma le persone delle nazioni “ai quattro angoli della terra” che sopravvivono al giorno di Armaghedon.
È evidente che questa comprensione va a toccare, in maniera preponderante, molte dottrine.
La prima riguarda la guerra di Armaghedon: dove si combatte e chi include.
La seconda riguarda il periodo della risurrezione: durante il millennio o alla fine del millennio.
E poi ci sarebbe tutto ciò che gira attorno al concetto di “peccato” e “giudizio”; tutte dottrine legate tra loro e che hanno subito profondi aggiustamenti a motivo di una profezia apparentemente strana.
È ovvio che la comprensione di questa profezia ci sarebbe stata negata se non fossimo stati disposti a rivedere certe dottrine fondamentali.
Questo spiega anche perché, in linea generale, le varie organizzazioni della cristianità non potranno davvero comprendere quello che accadrà in futuro.
Oltre a questo, da quando abbiamo compreso che il ripristino della vera adorazione è un avvenimento ancora futuro, questo blog non è più dedicato esclusivamente ai testimoni di Geova ma a tutti coloro che nutrono sincero rispetto per la Parola di Dio.
E questo naturalmente ci porta a dover trattare alcune dottrine fondamentali che non sarebbero in discussione… ma va da sè che molte cose “scontate” per alcuni, non lo sono affatto per altri.
Inoltre non possiamo sapere in anticipo quale credenza errata influirà sulla comprensione di una determinata profezia per cui si rende necessario costruire o ri-costruire alcune basi.
Nell’articolo che segue si parlerà del cosiddetto “inferno di fuoco” o qualsivoglia “luogo di tormento eterno” cercando di capire cosa insegna realmente la Bibbia.
Consiglio a tutti coloro che non credono all’esistenza dell’inferno di fuoco di leggere comunque l’articolo che segue perché potrebbero trovare particolari interessanti.

Le ragioni di chi sostiene il tormento eterno
Una delle dottrine fondamentali che divide la folta schiera della cristianità è il concetto di tormento eterno.
La maggior parte delle chiese accetta questo insegnamento, seppur con varie versioni più o meno moderate, perché ritiene che sia proprio quello che insegna la Bibbia.
Piaccia o no, ragionano, l’inferno di fuoco o più genericamente un luogo di tormento eterno, è ciò che bisogna accettare perché la Parola di Dio è la Verità – Giovanni 17:17
Non è raro che tra gli stessi sostenitori di questa dottrina si provi una sorta di orrore – perché in effetti è qualcosa di orribile – quindi non è per particolare “simpatia” che insegnano una cosa del genere ma proprio perché in coscienza ritengono di doversi piegare alla Scrittura.
Un cavallo di battaglia spesso utilizzato per dimostrare questa dottrina è la parabola del ricco e Lazzaro menzionata dal Signore in Luca 16:19-31.
Leggiamo attentamente questa parabola.
Ma un uomo era ricco, e si adornava di porpora e lino, rallegrandosi di giorno in giorno con magnificenza. Ma un mendicante di nome Lazzaro era posto alla sua porta, pieno di ulcere e desideroso di saziarsi delle cose che cadevano dalla tavola del ricco. E i cani stessi venivano a leccargli le ulcere. Ora con l’andar del tempo il mendicante morì e fu portato dagli angeli nel[la posizione del] seno di Abraamo. Morì anche il ricco e fu sepolto. E nell’Ades alzò gli occhi, esistendo nei tormenti, e vide molto lontano Abraamo e Lazzaro nel[la posizione del] seno presso di lui. E chiamò, dicendo: ‘Padre Abraamo, abbi misericordia di me e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono nell’angoscia in questo fuoco ardente’. Ma Abraamo disse: ‘Figlio, ricordati che durante la tua vita ricevesti appieno le tue cose buone, ma Lazzaro in modo corrispondente le cose dannose. Ora, comunque, lui ha qui conforto ma tu sei nell’angoscia. E oltre a tutte queste cose, una grande voragine è stata posta fra noi e voi, così che quelli che desiderano passare di qua a voi non possono, né possono attraversare di là a noi’. Quindi egli disse: ‘In tal caso ti chiedo, padre, di mandarlo alla casa di mio padre, poiché ho cinque fratelli, affinché dia loro una completa testimonianza, e non vengano anch’essi in questo luogo di tormento’. Ma Abraamo disse: ‘Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino quelli’. Quindi egli disse: ‘No, davvero, padre Abraamo, ma se qualcuno dai morti va da loro si pentiranno’. Ma egli gli disse: ‘Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi nemmeno se qualcuno sorge dai morti’”.
Ora, se siamo onesti, questa parabola parla chiaramente di tormento, di angoscia e di fuoco ardente.
Non solo.
Chiedendo a Lazzaro di bagnargli la lingua con il dito non fa altro che rimarcare che egli è proprio “nell’angoscia in questo fuoco ardente”.
Ovviamente queste non sono le uniche scritture citate a favore di questa dottrina.
In Rivelazione 20:10 si legge ad esempio che “il Diavolo (...) fu scagliato nel lago di fuoco e zolfo, dove [erano già] la bestia selvaggia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli”.
La scrittura dice che saranno “tormentati” e aggiunge “per i secoli dei secoli”.
C’è da dire, per amore di correttezza, che in questa scrittura non si parla affatto di “inferno”, cioè la parola “ades” spesso tradotta in questo modo, ma ad ogni modo si menziona il tormento eterno.
Con varie differenze da confessione a confessione, si pensa che il termine Geenna ne sia affine ed indichi la stessa cosa: un luogo di tormento eterno dove finirebbero i malvagi.
Un’altra scrittura molto forte utilizzata per dimostrare questa dottrina è Marco 9:47,48 che dice “E se il tuo occhio ti fa inciampare, gettalo via; è meglio per te entrare con un occhio solo nel regno di Dio che essere lanciato con due occhi nella Geenna, dove il loro baco non muore e il fuoco non si spegne”.
Se quando la Bibbia parla di questo luogo lo intende letteralmente c’è ben poco da fare: orrore o no, dobbiamo essere disposti a piegarci alla Scrittura e sperare di non finire mai in un luogo del genere.
Sicuramente la Bibbia non mente e questo è esattamente quello che sostengono entrambi i gruppi ma bisogna anche riconoscere che la Bibbia, molto spesso, utilizza un linguaggio simbolico per spiegare in realtà qualcos’altro.
Quali sono le basi per sostenere che la Bibbia, quando parla di tormento, fuoco ardente, e baco che non muore, non lo intende letteralmente?
Questi motivi sono credibili o forzano in realtà la Scrittura?
Rifiutare l’inferno di fuoco è basato su convinzioni scritturali o semplicemente sulla difficoltà emotiva di accettare una cosa del genere?
Vediamo quali sono i motivi per cui altre chiese, sempre di denominazione cristiana, rifiutano categoricamente questo insegnamento.

Riesci a conciliarlo con l'amore di Dio?


Le ragioni di chi non sostiene il tormento eterno ma la finale distruzione
Ovviamente coloro che sostengono che questo luogo di tormento non sia letterale non insinuano minimamente che non esista alcuna forma di punizione per i malvagi.
Coloro che dicono che “Dio perdonerà tutti, in ogni caso, compreso Satana...” evidentemente non hanno mai letto la Bibbia oppure non hanno mai compreso il concetto fondamentale di giustizia divina.
Fin dagli albori della storia umana, la pena per il peccato e la disubbidienza è stata sempre la morte – Genesi 2:17; Esodo 21:23-25
Questo è uno dei motivi per cui una pena eterna, in qualunque forma essa si manifesti, risulterebbe antiscritturale ed enormemente sproporzionata – confronta Geremia 30:11
E’ altresì evidente che questa dottrina, per stare in piedi, deve partire da un’altra dottrina che è quella dell’immortalità innata dell’anima umana.
Non tutte le chiese che rigettano la dottrina del tormento eterno rigettano di conseguenza la dottrina dell’immortalità dell’anima, ma è necessario vedere cosa dice la Bibbia in merito a questo soggetto perché se cade una, cade di conseguenza l’altra.
Coloro che non credono che l’anima sia immortale citano spesso Ecclesiaste 9:10 dove Salomone dice esplicitamente Tutto ciò che la tua mano trova da fare, fallo con la tua medesima potenza, poiché non c’è lavoro né disegno né conoscenza né sapienza nello Sceol, il luogo al quale vai”.
La versione Riveduta rende così questo versetto: Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno de’ morti dove vai, non v’è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né sapienza”.
La Nuova Diodati traduce così “Tutto ciò che la tua mano trova da fare, fallo con tutta la tua forza, perché nello Sceol dove vai, non c'è più né lavoro né pensiero né conoscenza né sapienza”.
E così via altre traduzioni fanno in modo simile.
Si parla di lavoro o attività, di conoscenza o pensiero e si dice che tutto questo cessa nel momento in cui si muore e si va nella tomba.
È importante notare che la parola ebraica tradotta “Sceol” è l’equivalente della parola greca tradotta “Ades” (che queste parole indichino la stessa cosa è evidente da un confronto fra Salmo 16:10 e Atti 2:31) la quale spesso viene traslitterata come “inferno” o “tomba” o “dimora dei morti” quindi non è neppure possibile asserire che Salomone dicesse queste cose indicando un punto di vista umano (evidentemente il punto di vista di un uomo in vita che osserva il corpo morto di qualcuno).
È evidente che “da un punto di vista umano” una volta morti cessano il lavoro, le battaglie, le gelosie, le corse… e questo di per sé potrebbe non escludere la possibilità che tale persona sia andata a “vivere” da un’altra parte, magari in un luogo di tormento, ma la scrittura dice che non c’è lavoro né pensiero né conoscenza nello sceol.
Quindi non indica un punto di vista ma un dato di fatto.
Questo è di per se già un grosso problema perché se la Bibbia, da altre parti, insegna che nello sceol o ades si soffre, allora c’è una palese contraddizione.
Molte persone in effetti asseriscono che la Bibbia si contraddice ma questo non dovrebbe valere per coloro che si ritengono cristiani - confronta 1 Corinti 15:17-19
Oppure come minimo dovremmo insinuare che Ecclesiaste sia un libro spurio, non ispirato ma questo aprirebbe un problema ancora più grosso perché Salomone, oltre ad essere riconosciuto da altri personaggi dell’antichità, viene citato dal Signore stesso come persona sapiente e ispirata facendo chiari riferimenti ai suoi scritti - Matteo 6:29; 12:42; Luca 11:31
Quindi avremmo un problema di corto-circuito.
Ecclesiaste dice che i morti sono inconsci contraddicendo quello che avrebbe insegnato Gesù il quale lo cita come persona sapiente e ispirata da Dio come tutto il resto della Scrittura.
Non possiamo neppure dire che il tema “morte” fosse un tema non interessante per Salomone visto che, proprio su questo tema, dedicò gran parte dei suoi scritti.
Infatti egli parlò della sua ricchezza e della sua sapienza e delle cose che aveva accumulato e concluse chiedendosi che scopo avesse tutto quello dal momento che, una volta morto, qualcun altro avrebbe preso tutti i beni per i quali “aveva lavorato duramente” - leggi Ecclesiaste 2:17-21
Sarebbe stata tutta vanità.
Quindi quando trattò quell’argomento spiegando la condizione dei morti, di certo non la trattò con leggerezza.
Egli scrisse anche… Poiché riguardo a chiunque è unito a tutti i viventi esiste fiducia, perché un cane vivo è meglio che un leone morto. Poiché i viventi sono consci che moriranno; ma in quanto ai morti, non sono consci di nulla, né hanno più alcun salario, perché il ricordo d’essi è stato dimenticato. Inoltre, il loro amore e il loro odio e la loro gelosia son già periti, ed essi non hanno più alcuna porzione a tempo indefinito in nessuna cosa che si deve fare sotto il sole” - Ecclesiaste 9:4-6
E’ davvero interpretabile la chiara espressione “non sono consci di nulla” ed è interpretabile “non provano amore né odio né gelosia”?
È evidente che Salomone non sta usando un linguaggio simbolico, non sta facendo una parabola né usa un linguaggio metaforico: sta dicendo chiaro e tondo che i morti sono inconsci… esattamente quello che capirebbe una persona normale che, senza alcuna religione, avesse letto quello che era accaduto ad Adamo millenni prima.
E a proposito di Adamo… chi più di lui “meriterebbe” l’inferno di fuoco, così com’è concepito dalle religioni, tra gli esseri umani?
La Bibbia dice chiaramente che è proprio per colpa sua che tutti gli uomini muoiono e quindi è il responsabile della morte di miliardi di persone, persone che stanno morendo anche in questo momento mentre leggete queste parole - 1 Corinti 15:21, 22
Sicuramente Adamo ha ucciso più persone di quante ne potrà mai uccidere la bestia selvaggia, di quante ne hanno uccise i soldati romani, e più di quante ne hanno uccise i terremoti, le alluvioni, le pestilenze e chi più ne ha più ne metta.
Dunque perché, nel discorso sull’inferno di fuoco, non si parla mai di Adamo?
Sarà perché la Bibbia dice chiaramente “polvere sei e in polvere tornerai”? - Genesi 3:19
Una persona che leggesse per la prima volta Genesi 3:19 cosa capirebbe?
Capirebbe che una parte di Adamo è andata in luogo di tormento e quindi è rimasto conscio come punizione per aver disubbidito a Dio (e aver condannato a morte tutto il genere umano) o capirebbe semplicemente che sarebbe “tornato alla polvere” ovvero nella condizione in cui era prima di venire alla vita?
Non capirebbe semplicemente che Adamo non esisteva prima di venire alla vita e sarebbe tornato in quello stato di inesistenza, quando era solo polvere?
In armonia con Genesi, infatti, in Ecclesiaste 3:19, 20 egli dice “Poiché c’è un’eventualità circa i figli del genere umano e un’eventualità circa la bestia, e hanno la stessa eventualità. Come muore l’uno, così muore l’altra; e tutti hanno un solo spirito, così che non c’è superiorità dell’uomo sulla bestia, poiché ogni cosa è vanità. Tutti vanno a un solo luogo. Tutti sono venuti dalla polvere, e tutti tornano alla polvere”.
Ovviamente un’altra grossa difficoltà, che riscontrano gli stessi difensori della dottrina dell’inferno, è riuscire a conciliare questa credenza con l’amore di Dio.
Questo luogo è davvero inconciliabile con la personalità di Dio o magari è soltanto il nostro desiderio a spingerci a considerarlo tale?
Lasciamo parlare la Scrittura.
Parlando della terribile condotta apostata del Suo popolo, l’Iddio Onnipotente tramite Geremia dice che essi avevano messo i loro disgustosi idoli nella Sua casa e, tra le altre cose, avevano “costruito gli alti luoghi di Tòfet, che è nella Valle del Figlio di Innòm, per bruciare nel fuoco i loro figli e le loro figlie, cosa che io non avevo comandato e che non mi era mai nemmeno venuta in mente’” (o “salita in cuore”) - Geremia 7:31
Notiamo che Dio sta dicendo che non gli era mai venuta in mente una cosa così orribile come il bruciare i loro figli o figlie nel fuoco.
Come possiamo conciliare questa chiara dichiarazione con l’esistenza dell’inferno di fuoco che, a meno che non sia venuto all’esistenza spontaneamente, deve averlo creato proprio Colui che ha fatto tale dichiarazione?
Ora, non è chiaro se questi figli venissero sacrificati da vivi o da morti ma questo non ci sposta assolutamente dalla questione.
Sarebbe coerente asserire che a Dio a non venne mai in mente di bruciare i figli degli israeliti ma lo pensò per i figli di tutti gli altri?
Non sarebbe stupido, oltre che una bestemmia?
Inoltre questi ragazzi, anche ammesso che venissero messi nel fuoco da vivi, essi avrebbero sofferto per un limitato (anche troppo lungo ma limitato) periodo di tempo, cosa molto ma molto diversa da quello che accadrebbe nell’inferno.
Tutti quelli all’interno d’esso non verrebbero tormentati per un’ora, per una settimana o per un mese ma per tutta l’eternità (?).
E’ coerente con quanto dichiarato in Geremia o sembra un’altra e grossolana contraddizione?
Se esiste l’inferno di fuoco dobbiamo dedurre che all’Iddio d’amore è venuto in mente qualcosa di peggio che “il passare i propri figli attraverso il fuoco” - 1 Giovanni 4:8
Lo Bibbia descrive Dio come un “Padre di orfani di padre”, un luogo dove trovare “protezione e conforto”, un aquila che cura i suoi piccoli, un uditore di preghiera, un Dio di tenere misericordie, un Dio che asciuga le lacrime dei suoi figli, un Dio che addirittura conta tutti i capelli della nostra testa, che sa tutto di noi, che ci incoraggia a fare il bene anche quando lo offendiamo e lo offendiamo e lo offendiamo… .
Egli è la personificazione dell’amore, Colui “per primo amò noi” - confronta 1 Giovanni 4:8
Cerchiamo di essere davvero onesti a prescindere dalla nostra religione.
La descrizione che la Bibbia fa del Nostro padre amorevole sembra coerente con colui che avrebbe creato un tale luogo di tormento?

Rimane il fatto, diranno i sostenitori dell’inferno di fuoco, che tale luogo è chiaramente menzionato nella Scrittura.
Intanto coloro che ci credono dovrebbero cercare di armonizzare tutto quello che abbiamo visto finora ed in genere ciò non avviene.
In genere ci si concentra su quelle poche scritture che ne dimostrerebbero l’esistenza senza farsi minimamente il problema di come conciliare tutte le altre.
Comunque chi crede che tutta la Scrittura è ispirata da Dio – e di conseguenza non può contraddirsi – dovrebbe essere in grado di fare l’uno e l’altro.
Prima di affrontare di petto tutte quelle scritture in genere utilizzate per tenere in piedi questa dottrina dovremmo fare una distinzione tra ades e lago di fuoco perché se confondiamo l’ades (o “inferno” come traducono alcune Bibbie) con il lago di fuoco, dobbiamo concludere che il Signore stesso finì all’inferno – confronta Atti 2:27
In genere i sostenitori di questo luogo di tormento non fanno alcuna distinzione tra le due cose e questo denota superficialità nonché come un pregiudizio possa avere la meglio su ogni ragionamento logico.
Lago di fuoco e Ades sono due parole diverse ed è “troppo comodo” dare a queste parole a volte lo stesso significato e a volte no a discrezione del lettore (e del traduttore).
In Atti capitolo 2 si parla del Signore (si veda anche Atti 13:35) ed alcune Bibbie traducono inferno in tutti i luoghi in cui compare “ades” mentre in questa scrittura traducono “tomba”.
Come mai?
Forse perché non riescono a conciliare con il concetto che il Signore Gesù Cristo fu lasciato nell’inferno, cioè in un luogo di tormento, per tre giorni e tre notti?
Davvero pensiamo che il Signore si trovò in un luogo di tormento per tre giorni e tre notti?
Quindi l’ades è un luogo di tormento o è la comune tomba del genere umano?
Dove rimase tre giorni e tre notti il Signore?
Un’altra contraddizione che vuole che l’ades sia l’inferno di fuoco si trova proprio in Rivelazione dove si dice che la morte stessa e l’ades stesso (l’inferno?) vengono scagliati nel lago di fuoco – Rivelazione 20:14
Che senso ha scagliare la Morte in un luogo di tormento?
La Morte è una persona? Ha una coscienza? Può soffrire?
E che bisogno c’è di scagliare l’ades (che a questo punto non si capisce più se è esso stesso un luogo di tormento o cosa) in un luogo di tormento?
La morte e l’ades non possono essere tormentati, ovviamente, ma possono essere eliminati per sempre – confronta 1 Corinti 15:26
L’apostolo Paolo dice chiaramente che la morte verrà “ridotta a nulla”.
Ora, se siamo davvero onesti, per quale motivo “essere gettati nel lago di fuoco” per la morte e l’ades, i quali non possono ovviamente essere torturati, significa “essere ridotti a nulla” (e lo dice la scrittura e la scrittura non si può negare) per gli esseri umani non significa la stessa cosa?
Ma in fondo è quello che dice chiaramente la Scrittura: “questo significa la seconda morte” - Rivelazione 2014; 21:8
Riflettiamo sul termine senza condizionamenti: seconda morte.
Perché “seconda”?
La prima morte è quella che ha portato tutto il genere umano nell’ades, cioè nella tomba (dove siamo inconsci, dove non abbiamo più pensieri né null’altro, dove torniamo alla polvere esattamente come Adamo) ma dall’ades si può uscire e si uscirà!
Infatti la scrittura dice che “l’ades diede i morti che erano in essi” e cioè Dio ricorda perfettamente tutti coloro che sono morti nell’arco della storia umana ed è in grado, ed ha la volontà, di “svuotare l’ades” cioè di riportare tutti in vita.
Ma una volta giudicati direttamente da Dio, nel giudizio di Armaghedon (come nel caso della bestia selvaggia e del falso profeta) o per quanto riguarda i risuscitati che non superano il giudizio, essi finiscono nel lago di fuoco che “significa la seconda morte”.
Questa morte è definitiva perché Dio non li riporterà in vita.
In effetti il fuoco è utilizzato nella Bibbia come simbolo di distruzione e non di tormento.
In un’occasione il Signore, parlando dei falsi profeti disse “Ogni albero che non produce frutti eccellenti è tagliato e gettato nel fuoco” - Matteo 7:19
La stessa espressione la usò Giovanni il Battista in riferimento al popolo di Israele ed in particolare agli scribi e i farisei – Luca 3:7-9
Ora dicendo che sarebbero stati “gettati nel fuoco” essi intesero che sarebbero stati “tormentati” o semplicemente “distrutti”?
Ovviamente si potrebbe obiettare che avendo paragonato il popolo ad un albero, quest’uso del termine “fuoco” fosse un’eccezione ma ci sono altre scritture che associano il fuoco alla distruzione, spesso definitiva – Deuteronomio 7:25, 26;13:15, 16; Giosuè 7:15; 11:10, 11; Giobbe 31:12
A questo riguardo 2 Tessalonicesi 1:6-9 dice “Ciò comprende che è giusto da parte di Dio rendere tribolazione a quelli che vi fanno tribolare, ma, a voi che soffrite tribolazione, sollievo con noi alla rivelazione del Signore Gesù dal cielo con i suoi potenti angeli in un fuoco fiammeggiante, allorché recherà vendetta su quelli che non conoscono Dio e su quelli che non ubbidiscono alla buona notizia intorno al nostro Signore Gesù. Questi stessi subiranno la punizione giudiziaria della distruzione eterna dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua forza”.
Tutte le volte che compare il termine “distruzione” si entra pienamente in contraddizione con la parola “tormento”, se quest’ultimo lo si intende in senso letterale.
Siamo onesti: o c’è una distruzione eterna o c’è un tormento eterno.
Come possono essere vere entrambe queste espressioni?
Se c’è un tormento c’è una coscienza e se c’è una coscienza vuol dire che questa persona non è mai stata distrutta.
Quindi l’apostolo Paolo in 2 Tessalonicesi sta dicendo che questi subiranno il tormento eterno o la distruzione eterna?
Ci sono altre contraddizioni e sono moltissime.
Se questo fatidico “luogo di tormento” esistesse, dovrebbe essere il risultato finale del disfavore, quindi dell’ira divina, non è così?
Infatti questo lago di fuoco è messo sempre in relazione al giudizio di Dio.
Quindi vediamo cosa dice il Signore in merito al “destino” di coloro che si troveranno sotto il giudizio di Dio: “Chi esercita fede nel Figlio ha vita eterna; chi disubbidisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui” - Giovanni 3:36
Cosa dice il Signore di coloro che disubbidiscono al Figlio?
Dice forse che saranno tormentati per i secoli dei secoli o semplicemente che “non vedranno la vita”?
Ora c’è un punto interessante.
Dice che “l’ira di Dio rimane su di lui”.
In che senso può rimanere “l’ira di Dio” su una persona che non esiste più (ovvero non viene alla vita)?
Questa persona non potrebbe comunque soffrire dell’ira di Dio in senso fisico e letterale, ma soffre quest’ira nel senso che tale giudizio non si allontanerà da lui, cioè non verrà mai più alla vita.
L’ira di Dio rimane su di lui.
Potrebbe essere la chiave o quantomeno il primo passo per comprendere il significato tutte le volte che si parla di tormento o di “fumo del tormento che ascende per i secoli dei secoli”? - Rivelazione 14:11; 20:10
Anche qui, come minimo dovremmo pensare che il fumo di questo lago di fuoco arriva fino al cielo (se è letterale il fuoco e il tormento perché non dovrebbe essere letterale il fumo che sale?) ma è evidente che si sta utilizzando un linguaggio simbolico come d’altronde è evidente in quasi tutto il libro di Rivelazione.
Sembrerebbe che questo fumo, in realtà, abbia a che fare con il biasimo del non venire più alla vita, quando avrebbero potuto abbracciare la vita e la felicità.
Egli non è il “Dio dei morti ma dei viventi” ed aver biasimato a tal punto il Nome di Dio dal perdere l’opportunità di venire alla vita dev’essere un grande biasimo! - Marco 12:27
Il fumo è inoltre associato al ricordo – Rivelazione 18:9. 10
Il loro ricordo, infatti, continuerà ad essere un biasimo per i secoli dei secoli perché verranno ricordati con disprezzo tutte le volte che se ne parlerà o anche solo ci si ricorderà di loro.
È possibile che questo sia il senso dell’essere tormentati per i secoli dei secoli?
Vediamo come Daniele, altro libro ispirato da Dio, descrive la fine di questi malvagi.
In Daniele 12:2 si legge… “Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si sveglieranno, alcuni per la vita eterna, altri per il disonore e il disprezzo eterno”.
La CEI e la Bibbia di Gerusalemme traducono: “Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna”.
La Luzzi Riveduta traduce “per l'obbrobrio, per una eterna infamia” e così grossomodo fanno tutte le altre.
Queste parole non dovrebbero far riflettere i sostenitori del tormento letterale?
Perché l’angelo che parla con Daniele parla di disprezzo e non di dolore?

Tenendo ben a mente quanto abbiamo visto finora, proviamo a rileggere le scritture che sembrerebbero parlare di tormento letterale.
Rivelazione 14:11, parlando del giudizio avverso di Dio dice “Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome»… questo significa che il fumo salirà letteralmente fino al cielo e non avranno riposo in quanto saranno letteralmente tormentati (quindi non sono mai stati distrutti davvero) o il fumo del loro tormento salirà in cielo nel senso che l’Agnello e gli angeli si ricorderanno di loro e saranno tormentati nel senso che ogni volta che ne parleranno e ci penseranno saranno biasimati, disprezzati, e ciò si ripeterà per tutta l’eternità perché il giudizio di Dio non sarà mai dimenticato?
Rivelazione 20:10 dice “il Diavolo che li sviava fu scagliato nel lago di fuoco e zolfo, dove [erano già] la bestia selvaggia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli” significa che la bestia selvaggia (che non è una persona ma una costruzione politico-militare e in quanto tale non potrebbe essere tormentata) e il falso profeta e il Diavolo saranno fisicamente tormentati o saranno distrutti e quindi ricordati con disprezzo, con biasimo?
Rivelazione 20:14 dice che “la morte e l’Ades furono scagliati nel lago di fuoco. Questo significa la seconda morte, il lago di fuoco” e questo significa che la morte finirà in un luogo specifico di tormento (fatto di fuoco e zolfo) e l’Ades stessa, parola che viene tradotta inferno ed utilizzata come “inferno di fuoco” a seconda della convenienza, verrà gettata in un luogo specifico fatto di fuoco e zolfo o più semplicemente saranno entrambi eliminati per sempre?
Come ultimo nemico sarà ridotta a nulla la morte e tutti coloro “che sono nelle tombe commemorative udranno la sua voce e ne verranno fuori” - Giovanni 5:28, 29
In questo senso morte e Ades vengono scagliati nel lago di fuoco: smettono d’esistere per sempre.
Dio inghiottirà la morte per sempre – Isaia 25:8

Affrontiamo la parabola del ricco e Lazzaro...
Nel tentativo di spiegare questa parabola alcuni di coloro che contestano l’inferno di fuoco asseriscono che “il Signore avrebbe utilizzato una credenza errata per insegnare qualcosa” ma ovviamente questo è un ragionamento capzioso e debole a cui i sostenitori dell’inferno si sono subito – giustamente - attaccati: il Signore era la personificazione della Verità e non avrebbe mai utilizzato una credenza errata per insegnare qualcosa di vero.
L’autore di questo articolo è d’accordo tanto per cominciare perché non si è mai vista, in tutta la Bibbia, una cosa del genere (quando l’apostolo Paolo si allacciò al “dio sconosciuto” degli ateniesi, non citò le loro credenze pagane per dimostrare una qualsivoglia verità) e poi non sarebbe semplicemente logico.
Se gli scribi e i farisei credevano ad un tale luogo di tormento, davvero avrebbero capito il “profondo significato” della parabola o si sarebbero concentrati, tanto più, sulla loro credenza errata?
In ogni caso non è ragionevole credere che il Signore, con poche parole, abbia voluto scardinare buona parte delle Scritture (che come abbiamo visto non possono contraddirsi) alcune delle quali abbiamo visto in questa trattazione.
Semmai è ragionevole supporre che il concetto di tormento espresso in quella parabola (che è una parabola e quindi va interpretata) fosse lo stesso che abbiamo visto finora, e cioè il biasimo che la disapprovazione di Dio e una morte senza risurrezione avrebbe causato al ricco, il quale evidentemente credeva che gli sarebbe andata bene fino alla fine.
Ovviamente c'è chi si attacca al fatto che questa non sarebbe una parabola perché Gesù menziona un nome... Lazzaro.
Se questa fosse la prova di qualcosa ci si dovrebbe anche chiedere perchè invece il ricco è semplicemente "il ricco".
Inoltre se Gesù stava raccontando la vita reale di due persone reali, allora tale racconto non sarebbe servito a niente; gli scribi e i farisei non avrebbero compreso che il "ricco" rappresentava loro nè i poveri e i disprezzati avrebbero compreso d'essere paragonati al Lazzaro (che era un nome comune e di certo non Lazzaro il fratello di Marta e Maria). 
La scena descritta è del tutto ipotetica e cioè descrive quello che avrebbe fatto un morto se avesse potuto, cioè avrebbe detto “Manda Lazzaro alla casa di mio padre, perché ho cinque fratelli affinché non facciano la mia stessa fine...”.
Questo è esattamente lo stesso modus narrativo descritto in Isaia 14:9, 10
Quindi in risposta ai ricchi che stavano disprezzando gli insegnamenti del Signore e che confidavano nelle loro ricchezze, Egli risponde con questa illustrazione dicendo “Se sapeste cosa vi aspetta – e cioè una probabile morte eterna - vi pentireste adesso finché ne avete il tempo e non disprezzereste i poveri, i quali andranno davanti a voi nel Regno di Dio” - confronta Matteo 21:31

Riassumendo i punti principali.
Sia Ecclesiaste che Genesi dicono chiaramente, senza alcun linguaggio simbolico, che i morti sono inconsci, che si torna alla polvere, che in quel giorno “finiscono i pensieri, i desideri, le mete, l’odio, l’invidia...” tutto.
Questa è anche la credenza che avevano gli ebrei nell’antichità: la credenza dell’anima immortale (con varie differenze di particolari) è successiva.
Salvo trovare una spiegazione per queste scritture (e cioè riuscire a dimostrare che essi volessero dire qualcos’altro) come minimo si crea una contraddizione con il concetto di tormento eterno perché o i morti sono inconsci oppure sono consci.
L’idea di un luogo di tormento non s'addice inoltre alla descrizione delle qualità di Dio come amore e giustizia.
Anche nella ferrea giustizia, Dio ha sempre disciplinato nella “debita misura” e un tormento eterno non può essere una debita misura neppure per la persona peggiore del mondo.
Anzi, la scrittura (che è sacra e non può essere annullata) dice che certi pensieri non li ha neppure mai avuti e Dio non può mentire.
Nelle Scritture greche viene qualche volta usato il termine tormento, sempre in relazione al giudizio di Dio, ma nello stesso tempo il giudizio di Dio è associato alla distruzione.
Il termine distruzione, che compare in contesti simili a quelli del lago di fuoco, compare molte più volte nella Bibbia ed è inutile ricordare che “distruzione” e “tormento” sono due concetti diametralmente opposti e inconciliabili se presi entrambi letteralmente.
Chi è distrutto non può essere tormentato, né può gioire.
Chi gioisce o soffre non può essere distrutto ma per provare queste sensazioni deve continuare ad esistere.
La distruzione è associata all’ira di Dio e quindi è ragionevole concludere che il “tormento” sia da intendere in questo contesto: l’ira di Dio “rimane” sulla persona distrutta, nel senso che non verrà più alla vita.
L’angelo che parla con Daniele, parlando del giudizio finale dice che gli ingiusti andranno nel “disonore e nel disprezzo eterno” e quindi in questo senso va inteso il termine “tormento”.
Il loro disprezzo eterno sarà un “tormento” e tale disprezzo sarà eterno perché il giudizio di Dio su queste persone non sarà mai dimenticato.
In questo senso il fumo “ascende per i secoli dei secoli”, non letteralmente ovviamente (non sarebbe un luogo così allegro se ci fosse il fumo di un tale luogo perennemente) ma nel senso che il loro ricordo continuerà ad essere un biasimo, in armonia con le parole di Daniele.
Per questi motivi, e per tante altre scritture che non abbiamo citato possiamo concludere che l’insegnamento dell’inferno come luogo di tormento eterno sia antiscritturale e che debba le sue origini a ben altre religioni.
Nello stesso tempo il facile errore in cui si possa cadere a motivo del termine utilizzato (tormento) mette in luce il desiderio di ognuno di noi di scavare davvero nella Parola di Dio e valutarla nel suo insieme oppure di accettare, contro ogni evidenza dell’amore di Dio, una credenza del genere.

Considerazioni finali sullo spirito e sull’anima
La trattazione non sarebbe completa se non citassimo altre scritture spesso utilizzate per sostenere l’immortalità dell’anima.
Ovviamente queste scritture vorrebbero dimostrare l’immortalità dell’anima umana per poi dimostrare l’eventuale luogo di destinazione (tormento o beatitudine) ma ormai abbiamo visto che non c’è alcun modo di dimostrare scritturalmente l’esistenza di questo luogo di tormento.
In ogni caso è giusto toccare questo argomento perché anche coloro che negano l’inferno cadono spesso in contraddizione.
Se l’immortalità dell’anima umana è scritturale, allora nessuno può morire davvero e se non si muore… dove vanno tutti, compresi i malvagi?
Non si può “spegnere l’inferno” senza smontare quest’altra dottrina perché esse sono strettamente legate.
Una scrittura spesso utilizzata è proprio Ecclesiaste 12:9 che dice "prima che la polvere torni alla terra com'era prima e lo spirito torni a Dio che l'ha dato” e questo dimostrerebbe che una parte dell’essere umano continua a vivere dopo la morte.
La scrittura fa chiaramente una distinzione tra il corpo e lo spirito.
Ovviamente anche qui dobbiamo fare una regressione perché esattamente come si fa con Ades e lago di fuoco, anche spirito e anima diventano spesso intercambiabili pur di dimostrare la propria dottrina.
I sostenitori dell’inferno di fuoco – ma anche quelli dell’anima immortale - dovrebbero innanzitutto mettersi d’accordo tra di loro: è lo spirito o l’anima quella cosa che continua a vivere dopo la morte?
Sarebbe utile comprenderlo perché allo stesso modo citanole anime dei defunti di coloro che erano stati uccisi in cielo” - Rivelazione 20:4
Eppure Ebrei 4:11 dice ad esempio che la Parola di Dio può penetrare “fino alla divisione dell’anima e dello spirito” e quindi è evidente che anche anima e spirito sono due cose ben diverse (infatti la parola originale è ben diversa) ma se quando si cerca di dimostrare che una parte di noi continua a vivere dopo la morte “una cosa vale l’altra”, allora è legittimo il sospetto che non si cerchi davvero di venire a capo della questione ma che “ogni scrittura vada bene” pur di confortare la propria credenza e/o organizzazione religiosa.
Partendo dalla creazione di Adamo, è sicuramente possibile uscire da un’apparente confusione.
La scrittura dice che dopo aver formato l’uomo dalla polvere Dio “gli soffiava nelle narici l’alito della vita, e l’uomo divenne un’anima vivente”.
La scrittura non dice che all’uomo fu data un’anima o che gli si aggiunse un’anima ma che egli divenne un’anima.
Questo significa semplicemente che Adamo prese vita, divenne un essere vivente.
Un essere vivente esattamente come gli animali (da cui il termine anima-li) ovviamente con quel “qualcosa in più” (o molto in più) che aveva a che fare con la somiglianza con Dio stesso.
L’uomo è la creazione speciale di Dio e questo non è in discussione.
Ma l’uomo divenne un’anima, cioè prese vita, coscienza, nel momento in cui Dio soffia nelle sue narici “l’alito della vita”… ovvero questo “soffio”, “respiro” o “spirito”.
Adamo diviene un anima vivente ed è normale che ciò avvenga perché la Bibbia dice che Dio è “la Fonte della vita” - Salmo 36:9
Dice forse la scrittura che l’anima Adamo (non l’anima di Adamo ma l’anima Adamo) avrebbe proseguito la sua esistenza al di fuori del corpo una volta morto?
Assolutamente no, non troveremo mai scritta una cosa del genere.
Adamo torna semplicemente alla polvere, ovvero cessa di esistere.
Quindi non esiste “un’anima” come qualcosa in più che avremmo viva e cosciente ma noi siamo un anima ed è esattamente l’uso che ne facciamo oggi.
Quando diciamo, ad esempio, “un villaggio di duemila anime”, intendiamo duemila fantasmi vaganti o semplicemente duemila persone?
La parola anima, nella Bibbia, è sempre associata alla persona stessa o alla sua vita.
Le anime di quelli che erano stati scannati a causa della parola di Dio” non sono altro che le persone, le vite sprecate di queste persone, e il fatto che esse “gridino” va inteso nello stesso senso in cui il sangue di Abele gridava – Genesi 4:10
Ovviamente il sangue non può gridare ma la perfetta giustizia di Dio richiede che questo torto sia riparato.
Tutti coloro che sono stati scannati a motivo della parola di Dio infatti “gridano” dicendo “Fino a quando, Sovrano Signore santo e verace, ti tratterrai dal giudicare e dal vendicare il nostro sangue su quelli che dimorano sulla terra?” - Rivelazione 6:10
Tra l’altro anche volendo dimostrare un’improbabile vita dopo la morte essi sarebbero quelli in paradiso, non è vero?
Se sono in paradiso, ovvero in un luogo di beatitudine, perché soffrono, perché gridano, perché cercano vendetta?
Forse perché non sono proprio da nessuna parte, se non nella memoria di Dio, e la loro morte dev’essere vendicata?
Passiamo allo “spirito” che, come abbiamo visto, viene sempre distinto dall’anima e dal corpo e anche qui torniamo alla creazione di Adamo.
Questa parola viene tradotta “respiro” o “alito” o “soffio” o in maniera simile.
L’uomo divenne un anima vivente nel momento in cui Dio gli soffiò “l’alito della vita” (non prima) e quindi è questo alito di vita a “dare la vita”.
É vero che alcuni cercano di enfatizzare la differenza che passerebbe tra "ruach" (vento, spirito, ecc.) e "neshamah" (alito di vita, principio vitale) ma quello che dobbiamo capire è se qualcosa di noi, qualunque cosa sia, rimane in vita dopo la morte.
Riflettiamo.
Prima che Dio soffiasse quest’alito nelle narici di Adamo, quando quest’alito era ancora in Dio, era esso stesso una vita?
Era una vita con una coscienza ed una personalità?
Se così fosse torneremmo al concetto espresso da alcuni: esistono “anime” o “spiriti” (a seconda della convenienza, come abbiamo visto) prima di ricevere un corpo dove “abitare”.
Ma ovviamente questo non è un insegnamento biblico ed è un concetto che va ben oltre le Scritture – 1 Corinti 4:6
Quindi alla morte cosa succede?
Lasciamo semplicemente parlare la Bibbia.
Ecclesiaste 12:7 dice “Allora la polvere torna alla terra, dov’era prima, e lo spirito torna al vero Dio che l’ha dato”.
Riflettendo sulla creazione di Adamo sembra che questa scrittura stia dicendo che una parte dell’uomo (inteso come vita o coscienza dello stesso) torni a Dio - cioè vada in paradiso a vivere con Dio - o semplicemente che l’alito di vita, quella cosa che Dio soffiò nelle narici di Adamo, torna a Dio?
Ora a parte il fatto che, come si può chiaramente vedere, in questa scrittura non è contemplato alcun lago di fuoco (e la scrittura dovrebbe dire, al limite, “alcuni spiriti andranno verso Dio mentre altri andranno nel lago di fuoco”) c’è inoltre una contraddizione con il “punto di vista umano” che viene spesso attribuito a Salomone per riuscire a non trovare una contraddizione con la loro dottrina anche quando è evidente.
Se Salomone mette la conoscenza umana in contrasto con quella divina, qua non c’è alcuna conoscenza umana perché questo “spirito che torna a Dio” (qualunque significato gli vogliamo dare) non è una cosa che possono vedere o capire gli uomini.
Quindi come lo giustifichiamo?
Ora se questo spirito (o alito di vita) torna a Dio in senso letterale o nel senso che da quel momento in poi l’unica speranza di tornare in vita è nelle mani di Dio, può diventare oggetto di discussione ma di fatto questa scrittura non dice e neppure fa pensare che questo spirito sia una vita, viva da solo o sia cosciente.
In altre parole non dimostra affatto che una parte di quella persona, morta, continui a vivere in qualche altro luogo o in qualche altra forma.
Se Dio è la Fonte della Vita, cioè Colui che ci ha dato la vita attraverso questo alito, una volta morti possiamo tornare in vita solo se tale Fonte deciderà di farlo (e lo farà, come sappiamo, perché l’ades sarà svuotata in armonia con quanto abbiamo visto in Rivelazione).
Ed ecco che ritroviamo la differenza tra uomo e animale sempre in Ecclesiaste!
Salomone si chiede “Chi conosce lo spirito dei figli del genere umano, se sale verso l’alto; e lo spirito della bestia, se scende verso il basso alla terra?” (3:21)
Da un punto di vista umano non si poteva sapere ma grazie alla sapienza divina giunge alla conclusione che...
Allora la polvere torna alla terra, dov’era prima, e lo spirito torna al vero Dio che l’ha dato” (12:7) ed ecco che abbiamo il contrasto e la conclusione: vivere senza tener conto di Dio è inutile ed è solo “vanità” perché dal momento che la nostra vita dipenderà solo da Lui (anche quella futura) la conclusione è “Temi il vero Dio e osserva i Suoi comandamenti”.
Possiamo trovare altre scritture a conferma di questa spiegazione?
Certamente.
Quando Gesù stava per morire disse “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” - Luca 23:46
In che senso Gesù “affidò il suo spirito” nelle mani di Dio?
Nel senso che la sua persona conscia avrebbe raggiunto Dio o nel senso che la sua speranza di tornare in vita, da quel momento, era nelle mani di Dio?
Gesù non disse forse “ho fiducia in te, mi affido completamente a te”?
Se lo spirito fosse stata la sua persona conscia che sarebbe comunque sopravvissuta dopo la morte Egli avrebbe detto al massimo “Padre, sto per giungere a te in spirito”.
Sono due frasi molto diverse.
Egli disse invece “affido” il mio spirito, non “giungo a te – o ti raggiungo – in spirito”.
Allo stesso modo quando lasciamo in custodia qualcosa a cui teniamo molto diciamo “te l’affido” intendendo ovviamente “mi raccomando: abbine cura”.
Quindi il Signore sta dicendo “ho completa fiducia in te, mi affido a te. Riportami in vita”.
È giusta questa interpretazione e soprattutto fu ben riposta questa fiducia?
Giudichiamolo da queste parole... “e fui morto, ma, ecco, vivo per i secoli dei secoli, e ho le chiavi della morte e dell’Ades” - Rivelazione 1:18
Quindi Gesù fu morto, rimase morto, nessuna parte di lui continuò a vivere durante il periodo della sua morte altrimenti queste parole non avrebbero senso.
La sua completa fiducia fu ben riposta perché Dio lo risuscitò, cioè lo riportò in vita, che è il contrario della morte – Atti 2:32
E tra l’altro, ennesima contraddizione per coloro che credono nell’anima immortale (o spirito immortale) se una parte del Signore avesse continuato a vivere, non ci sarebbe stato bisogno né sarebbe stato possibile risuscitarlo.
Non si può risuscitare chi non è mai morto.
Grazie al fatto che l’alito di vita “torna a Dio”, egli è in grado ed ha la volontà di riportare in vita tutti coloro che muoiono.

In conclusione.

La dottrina dell’inferno di fuoco non è scritturale.
Nella Bibbia, il fuoco, è simbolo di distruzione e non di tormento.
Non si può mischiare “Ades” e “lago di fuoco” a seconda della convenienza.
Il primo è la comune tomba del genere umano, il secondo “significa la seconda morte” ovvero la morte da cui non c’è risurrezione.
La punizione per la disubbidienza e il peccato è la morte.
L’esistenza di un luogo di tormento eterno è inconciliabile con il Dio d’amore descritto nelle Scritture.
Comunque la spiegazione di coloro che negano giustamente l’inferno di fuoco è stata spesso insufficiente.
Il termine “tormento”, chiaramente espresso nelle Scritture, indica un biasimo, un umiliazione.
Questo significa che il loro ricordo sarà tormentato, ovvero biasimato, come confermato dall’angelo che parla a Daniele.
La credenza dell’inferno di fuoco è comunque strettamente legata all’immortalità innata dell’anima umana, anch’essa una dottrina non scritturale.
L’uomo non ha un’anima ma è un’anima come tutte le altre creature viventi.
In questo senso non c’è differenza tra uomo e animale.
Lo spirito che torna a Dio, in senso letterale o simbolico, è l’alito di vita.
Questo significa che ogni speranza di tornare in vita, dal giorno della morte, dipenderà esclusivamente da Dio.
In questo consiste la profonda differenza tra uomo e animale: la possibilità di tornare in vita. 
Incoraggiamo dunque tutte le persone sensibili che amano e rispettano la parola di Dio a riflettere su queste informazioni e a chiedersi se la credenza di un luogo di tormento eterno può pregiudicare la propria relazione con Dio.
Vogliamo ubbidire a Dio al di là e al di sopra della nostra organizzazione religiosa.
Non vorreste liberarvi da questo troppo caldo e troppo pesante fardello? - Giovanni 8:31, 32


Commenti

  1. Questo articolo supera in sapienza qualsiasi altro articolo, sullo stesso tema, che io abbia letto in tanti anni.
    Complimenti!

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