Balaam: un modello negativo per una positiva istruzione

 Poiché tutte le cose che furono scritte anteriormente furono scritte per nostra istruzione…” - Romani 15:4

Ma ho qualcosa contro di te: hai alcuni che professano la dottrina di Balaam, il quale insegnava a Balac il modo di far cadere i figli d'Israele, inducendoli a mangiare carni sacrificate agli idoli e a fornicare” – Apocalisse 2:14


Il 28 settembre 2017 questo blog pubblicò un articolo intitolato Tipi e antitipi, straparlare e tacere, troppo e niente”.

Quell’articolo introduceva alcuni concetti importanti quali la pareidolia (ovvero un'illusione percettiva, un processo cognitivo che ci induce a trovare ordine e significato dove non c’è) ma anche il suo opposto ovvero l’agnosia associativa (il non riconoscere una figura regolare o di uso comune anche quando è estremamente evidente) e tutto questo era declinato ovviamente in chiave esegetica/biblica.

Potremmo riformulare questi due estremi così...

1. "Pareidolia esegetica"

Vedere collegamenti, simboli, significati profetici o tipologici ovunque, anche dove il testo (o il contesto storico-letterario) non li supporta.

Esempi:

Allegorizzazioni eccessive e scollegate dal contesto.

Tipologie forzate (ogni cosa "rappresenta" Cristo o la Chiesa, anche quando non c'è alcun indizio testuale).

Gematrie o codici nascosti estratti da testi che non intendono comunicarli.

2. "Agnosia esegetica"

Dall’altro lato, potremmo chiamare così l’atteggiamento di chi:

Non riconosce connessioni, allusioni, strutture narrative o teologiche anche quando sono ben fondate, chiare e intenzionali.

Questo può accadere per:

mancanza di sensibilità simbolica o narrativa;

blocchi culturali o teologici (nell’articolo originale veniva messa in luce la posizione di un’organizzazione ben conosciuta)

ignoranza del contesto biblico interno (cioè di altri testi biblici in dialogo fra loro).

L’articolo precedente incoraggiava a riconoscere la differenza tra due condizioni spirituali e si concludeva con una domanda provocatoria: state scavando o state guardando le nuvole?
In questo nuovo articolo riprenderemo alcuni concetti già
trattati allora ma con un cambiamento di prospettiva: ci sposteremo dall’idea di tipo e antitipo a quella di modello e adempimento.

Perché questo cambio di rotta?
Dopo un certo tempo di riflessione e confronto abbiamo valutato che parlare di “modello” sia più coerente con l’approccio delle Scritture e, al tempo stesso, più efficace nello spirito originale dell’insegnamento biblico - cfr. Ebrei 10:1; Romani 5:14; 1 Corinti 10:6,11

Il concetto di “tipo” tende a richiedere una corrispondenza rigorosa tra figura e realtà: ogni elemento del tipo dovrebbe trovare un parallelo diretto nell’antitipo ma questa simmetria perfetta raramente si riscontra nella Bibbia e probabilmente non era neppure lo scopo originale.
Il “modello”, invece, funziona come una traccia, una forma in ombra, che prepara lo sguardo e il cuore a riconoscerne l’adempimento futuro — non in modo perfetto-matematico ma come linea di principio. Il modello non copia ma anticipa.

Per fare un esempio… Mosè è certamente un modello del Cristo - mediatore, legislatore, guida del popolo verso la salvezza - ma non è il suo duplicato.

Se volessimo applicare rigidamente la logica del tipo e antitipo, dovremmo trovare una giustificazione spirituale perfetta anche per i suoi errori — come quello commesso a Meriba.

Lo stesso potremmo dire di Sara e Agar, Davide, Salomone e tanti altri1.

Probabilmente il rischio di creare dei paralleli forzati è insito nel concetto stesso di tipo e antitipo mentre riconoscendo un determinato avvenimento scritturale come modello di qualcos’altro possiamo cogliere la bellezza della prefigurazione, senza pretendere una corrispondenza assoluta.

Questo articolo si concentrerà su un soggetto interessante: Balaam.

Un profeta “fuori luogo”

Balaam è una figura che, ad una prima lettura, potrebbe disorientare.

Egli parla con Dio, riceve visioni, pronuncia oracoli potenti e in alcuni casi persino poetici.

È dunque un profeta a tutti gli effetti… eppure qualcosa stona fin dall'inizio.

Non è un israelita, tanto meno un levita.

Fin qui nulla di impossibile – dopotutto, anche Melchisedec fu sacerdote del Dio Altissimo senza appartenere alla genealogia di Levi... ma Balaam non è semplicemente “esterno” all’alleanza: egli è ambiguo, corrotto, disponibile al compromesso pur di trarne vantaggio.

La sua stessa disponibilità a “consultare Dio” per un incarico palesemente sbagliato (maledire Israele per denaro) mette in crisi l’immagine consueta del profeta come voce pura e limpida del Signore.

Oltretutto non è neppure un profeta diventato malvagio (cosa che non giustificherebbe comunque il perché continuerebbe ad essere un profeta)… per quanto si riesce a capire, egli è malvagio fin dal primo versetto in cui si parla di lui.

Questa tensione – tra l’autorità profetica e l’indegnità morale – non è un incidente del testo.

È una crepa deliberata, una nota stonata che ci spinge a guardare più in profondità.

Come può Dio, Santo e Giusto, accettare che una voce così ambigua venga in qualche modo usata per proclamare la Sua volontà? Come può, addirittura, parlargli? – cfr. Deuteronomio 32:4; Marco 10:18; Apocalisse 4:8

Un profeta che – vorrebbe - ma non p maledire

Il motivo per cui Balaam entra in scena è chiaro: Balak, re di Moab, lo convoca perché maledica Israele.

Egli ha paura: ha visto ciò che Israele ha fatto agli Amorrei e teme che la sua terra venga divorata «come il bue divora l’erba dei campi» - Numeri 22:4

A motivo di questo egli manda messaggeri con doni e promesse per convincere Balaam a prestare la sua arte profetica a fini distruttivi.

Balaam però non è padrone della voce che lo attraversa. Ripetutamente cerca un compromesso: prima rifiuta, poi chiede a Dio, poi va, poi si ferma, poi parla. La tensione si ripete tre volte, come un ciclo liturgico: tre altari, tre tentativi, tre oracoli. E ogni volta, invece di maledizioni, escono benedizioni.

«Come potrei maledire colui che Dio non ha maledetto? Come potrei dire sventura quando il Signore non ha detto sventura?» - Numeri 23:8

«Io ho ricevuto ordine di benedire; Egli ha benedetto, e io non posso revocarlo» - Numeri 23:20

«Non c'è magia che valga contro Giacobbe, né sortilegio contro Israele” -Numeri 23:23

Balaam scopre – o forse già sapeva – di non poter usare il potere ricevuto per i suoi scopi.

La parola non è nelle sue mani: c'è una forza che lo sovrasta, che limita, che lo obbliga a dire ciò che Dio vuole. È frustrato e lo si intuisce... eppure, non può fare altro che proclamare ciò che Dio ha stabilito: Israele è benedetto, e nessuno può capovolgere questa benedizione.

Come può, quest'uomo, parlare con Dio?

Un profeta che… si ingegna per far inciampare

Quando Balaam si rende conto che non può maledire Israele la narrazione sembra concludersi con una benedizione finale e una separazione pacifica ma il vero volto del profeta emerge dopo, in un episodio drammatico e apparentemente scollegato: l’immoralità di Israele con le figlie di Moab e l’adorazione di Baal-Peor - Numeri 25

È solo più avanti, in Numeri 31:16, che scopriamo il collegamento:

«Furono esse, per suggerimento di Balaam, a indurre i figli d’Israele a prevaricare contro il Signore nel fatto di Peor, e allora il flagello scoppiò nella comunità del Signore.»

Balaam aveva compreso qualcosa: se non poteva far scendere la maledizione dall’alto, poteva far emergere il peccato dal basso.

Se Israele avesse peccato gravemente, sarebbe stato Dio stesso a punirlo.

In fondo non era necessario andare contro Dio: bastava provocare una condizione in cui Dio stesso avrebbe agito contro il Suo popolo.

È un atto di ingegno perverso, di intelligenza spirituale piegata a fini corrotti.

Balaam capisce le dinamiche spirituali e le manipola. Non è un profeta ignorante o ingenuo, è un uomo che conosce Dio, sa che Egli è giusto e santo… e proprio per questo escogita un modo per far cadere il popolo sotto la Sua giustizia.

Il profeta fuori luogo si rivela così un architetto dell’inciampo.

Non potendo parlare contro Israele agisce contro la sua santità, suggerendo un piano che scatena la collera divina.

Dio così è costretto ad intervenire ma questo non distrugge Israele, lo purifica.


Satana è fuori luogo

Come Balaam, anche Satana è una figura che sorprende per la sua posizione più che per la sua natura.

Nessuno si scandalizza che Satana sia malvagio – questo è scontato.

Ma è scandaloso vederlo dialogare con Dio.

È quantomeno anomalo trovarlo là dove non dovrebbe essere: nel cielo, davanti al trono, in mezzo all’assemblea celeste.

Nel libro di Giobbe, Satana si presenta tra i “figli di Dio” che si radunano davanti a Yahweh - Giobbe 1:6

Non è escluso, non è scacciato.

È lì, ammesso tra gli esseri spirituali che si presentano al Creatore ed è lì che Dio stesso gli rivolge la parola con una domanda che risuona non solo come una richiesta di informazione, ma come un’accusa velata: «Da dove vieni?» (v.7).

Quella domanda potrebbe anche essere intesa come: “Cosa ci fai qui?”
Perché Satana è fuori posto, è evidente.

Come Balaam egli è una voce che non dovrebbe stare nel consesso dei santi.

È una presenza estranea, che stona, eppure incredibilmente reale.

E come Balaam, anche Satana conosce Dio, gli parla, si confronta con Lui.

Non è escluso dal dialogo ma nemmeno accolto nella comunione. È ammesso… ma è fuori luogo.

Il paradosso si ripete: il Dio santo e giusto permette il dialogo con un essere corrotto e perverso.

E non solo lo tollera: gli risponde, lo ascolta, lo mette alla prova.

Non lo ignora, non lo elimina. Lo lascia parlare.

Ovviamente chi ha compreso il concetto di “contesa universale” non fa fatica a comprendere per quale motivo, almeno fino ad allora, Dio abbia permesso una cosa del genere ma rimane il fatto che Satana è una presenza disturbante, fuori luogo, che ha comunque la possibilità di parlare con Dio.

Come Balaam, appunto.


Satana vorrebbe… ma non può distruggere il popolo di Dio

Dalla sua prima apparizione nelle Scritture, Satana si presenta come nemico dichiarato del disegno di Dio e, di conseguenza, del seme che Egli ha scelto.

Già in Genesi 3:15 Dio pronuncia una profezia che segna l’inizio di un conflitto millenario: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua progenie e la progenie di lei».

È la prima volta che un popolo viene profetizzato come bersaglio del suo odio… ma è anche il momento in cui la sua libertà d’azione viene limitata.

Da quel momento, la storia biblica è attraversata da un filo rosso: il tentativo costante del nemico di annientare la discendenza che porterà al Messia, ma anche quella successiva – confronta Apocalisse 12:17

Dalla persecuzione d’Egitto ai genocidi ordinati dai re pagani, dai complotti di corte ai tentativi più subdoli di corruzione spirituale anche più recenti, Satana non ha mai smesso di volere la distruzione del popolo di Dio.

Eppure… non ci è mai riuscito.

Gesù stesso lo definisce «il governante di questo mondo» (Giovanni 12:31; 14:30), attribuendogli un'autorità reale – benché temporanea e limitata – sull'ordine presente.

Se davvero governa, se ha potere, se possiede influenza su nazioni, culture, sistemi politici e religiosi… allora perché non ha semplicemente annientato questo seme?

La risposta non sta nella sua bontà. Il fatto è che non può.

Satana si ingegna per far inciampare

Se Satana non può distruggere direttamente il popolo di Dio, allora tenterà di farlo cadere indirettamente.

È il medesimo inganno e mentalità di di Balaam applicato su scala spirituale e strategica: «Non posso colpire io, ma se li porto nel peccato… sarà Dio stesso a farlo».

La sua astuzia non è solo nel male che compie ma nel modo in cui cerca di piegare la giustizia divina contro lo stesso popolo che Dio ama.

Uno degli esempi più lampanti lo troviamo in Zaccaria 3, dove il sommo sacerdote Giosuè appare davanti al tribunale celeste con vesti sporche, simbolo evidente del peccato. Satana è lì, pronto a accusare: «Satana stava alla sua destra per accusarlo» (v. 1).

La scena è drammatica.

Giosuè non rappresenta solo sé stesso: è il sommo sacerdote, e dunque figura dell’intero popolo. Se lui è impuro, tutto Israele lo è.

Satana lo sa. L’angelo di Yahweh lo sa.

La contesa non è semplicemente personale, è collettiva e riguarda l’intero popolo di Dio.

Satana vuole che Giosuè resti in quella condizione di impurità, perché così facendo può “invocare” la giustizia della Legge: «Colui che pecca sarà messo a morte», «il sacerdote sarà responsabile della colpa» - Ezechiele 18:4; Levitico 10:17

È un'eco della strategia di Balaam: introdurre il peccato affinché Dio, in coerenza con la Sua stessa santità, sia costretto a punire. E in questo, Satana non si limita a distruggere con la violenza, ma tenta di sabotare il cuore stesso dell’Alleanza: la relazione tra Dio e il suo popolo.

Ma anche qui – come nel caso di Balaam – il suo piano non va a segno.

L’angelo di Yahweh lo rimprovera con parole taglienti: «Ti sgridi il Signore, Satana! Il Signore che ha scelto Gerusalemme ti sgridi! Questo non è forse un tizzone strappato dal fuoco?» - Zaccaria 3:2 Nonostante il peccato, Dio interviene con grazia e redenzione, sostituendo le vesti sporche con abiti puri. Il piano dell’accusatore è smascherato e frustrato.

Satana, come Balaam, conosce la Legge e la Santità di Dio. Ma non conosce la Sua grazia.


Cosa impariamo dall’ombra (modello) e dal soggetto?

Quanto visto finora ha un significato profondo e se non ne traessimo un insegnamento perderemmo l’obiettivo del modello.

L’analisi della figura di Balaam e il suo parallelo con Satana ci invita a riflettere con attenzione su un punto cruciale: la mentalità, la tattica e gli obiettivi del nemico non cambiano.

Satana cerca costantemente di minare, distruggere il seme scelto da Dio, spesso con astuzia e inganno più che con attacchi frontali.

Questo ci deve mettere in guardia perché la sua strategia può insinuarsi anche nelle pieghe più sottili della nostra vita e soprattutto in chi inizia a comprendere la propria identità e il quadro generale.

Per questo è fondamentale chiedere continuamente a Dio di guidarci e illuminarci, affinché possiamo riconoscere i pericoli nascosti e capire come Dio la pensa su certe cose.

Nessuno, oggi, metterebbe in dubbio che “Dio odia la fornicazione e l’adulterio” (Ebrei 13:4) ma l’episodio biblico esaminato ci sta dicendo solo questo?

Nell’episodio delle figlie di Moab che portarono Israele a peccare con l’immoralità sessuale c’è ovviamente qualcosa di più.

Questo tema si ritrova anche nelle Scritture profetiche, dove le “figlie prostitute” di Babilonia la grande simboleggiano le religioni e le influenze mondane che cercano di sedurre e corrompere il popolo di Dio.

Nei libri profetici, come in Daniele, si fa riferimento al desiderio delle “donne” e al popolo di Dio paragonato a una donna, sottolineando la pericolosità di lasciarsi sedurre da alleanze e compromessi religiosi, politici o di altro genere.

Il richiamo a Balaam nell’Apocalisse, in particolare in riferimento a una delle sette chiese, non è casuale: esso sottolinea non solo che l’inganno e la corruzione possono infiltrarsi anche all’interno della pura adorazione ma che ciò avverrà di certo.

Noi non abbiamo la pretesa di essere qualcuno dal punto di vista di Dio, almeno per ora, però ci stiamo avvicinando a Lui attraverso la Sola Scrittura e lo stiamo facendo sinceramente – Proverbi 3:1-5; Giovanni 17:17

Siamo desiderosi di imparare sempre più e ci sentiamo onestamente benedetti per la conoscenza acquisita.

Se questo è vero allora è quantomeno ragionevole supporre che “Balaam” agirà d’anticipo cercando di farci inciampare.

Forse questo modello ci sta dando le armi per prepararci mentalmente?

Da questa riflessione emerge l’invito a rimanere saldi e vigili e a non sottovalutare l’ingegno del nemico, che opera con astuzia e persistenza.

Benché per molti sia normale rifuggire la fornicazione, non è altrettanto normale separarsi dalle religioni… eppure il collegamento non dovrebbe essere così difficile, no?


Non permettiamo al più grande “Balaam” di farci perire ancor prima di capire chi siamo.

L’ombra del modello ci mostra la via, ma il soggetto reale, Satana, rimane sempre la realtà con cui dobbiamo confrontarci con vigilanza e fede.

Aspettiamo semmai con perseveranza il momento in cui, poco prima di essere legato per mille anni, il Signore Gesù lo umilierà profondamente rendendo i suoi sforzi vani e – forse - costringendolo addirittura a benedire il popolo tre volte.

Stiamo dunque lontani dalla fornicazione.

Stiamo lontani dalle religioni.

 

* Nota in calce:
Il passaggio da “tipo” a “modello” non è solo una scelta di metodo esegetico ma ha anche importanti implicazioni
scritturali.

Se infatti il tipo è una rappresentazione esatta, profetica e necessaria di una realtà futura, sorge spontanea una domanda: chi ha scelto di essere quel tipo?

Se Balaam è un tipo di Satana, ciò implica una corrispondenza profetica talmente precisa da mettere in crisi il concetto di libertà morale.

È lecito allora chiedersi: Balaam poteva scegliere diversamente?

Il “tipo” sembrerebbe quasi suggerire che Dio abbia predestinato quella persona ad “essere proprio così” perché doveva servire da insegnamento a noi… ma ovviamente questo contraddirebbe la Scrittura e la personalità stessa di Dio -
Il modello, invece, lascia più spazio alla tensione tra sovranità divina e responsabilità umana: l’adempimento non è una replica obbligata
e perfetta ma una convergenza. Due persone possono avere un atteggiamento simile - come quando si dice “tale padre, tale figlio” - e si può usare uno come modello dell’altro ma ciò non significa che uno dei due sia stato predestinato ad essere in quel modo.


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