Pura adorazione e chiamata celeste: l’ultimo tassello

Gli articoli dedicati alla “chiamata celeste” e “numero degli unti” hanno toccato e profondamente rivisto, alla luce delle Scritture, argomenti delicati.
Questo perché proprio su questi assunti è basata la fede non solo dei testimoni di Geova ma anche di altre confessioni religiose cristiane.
Rivedere queste dottrine significa ridiscutere tutta l’impalcatura dell’autorità nonché della speranza di migliaia di persone e altre cose importanti tra cui la definizione stessa di popolo di Dio.
Nell’articolo intitolato “Chi deve prendere gli emblemi?” abbiamo visto che non sono solo gli “unti” a doverlo fare ma tutti i cristiani e quindi qualsiasi eventuale conteggio dei “partecipanti” è antiscritturale oltre che inutile.
Abbiamo visto che Dio non sceglie e non esclude delle persone a priori ma riserva il premio a coloro che si spingono in avanti e si sforzano con vigore.
Infine abbiamo anche visto che il conteggio è inutile a motivo del fatto che coloro che regneranno con Cristo non sono soltanto 144.000.*
Quest’ultimo articolo costituirà l’ennesimo colpo alle credenze non solo dei testimoni di Geova ma di tutte le religioni cosiddette cristiane.
Come è stato fatto per gli articoli dedicati al 1914 e a Babilonia la Grande, il lettore è invitato a valutare attentamente se desidera o meno continuare nella lettura.
N.B. Anche se questo articolo è stato scritto originariamente per i testimoni di Geova e quindi si parla di "chiamata celeste", i concetti qui espressi valgono anche per tutti coloro che sono convinti di "andare in cielo" perché credono in Gesù.


Quando si parla di “chiamata celeste” si tocca sempre un argomento delicato su cui non è consentito fare supposizioni o discussioni.
Che la persona abbia ricevuto questa chiamata lo si deve accettare sulla parola perché non esisterebbe alcun modo per confutare tale asserzione così come non esisterebbe alcun modo per “comprendere” le sensazioni o la certezza che questa chiamata comporta – confronta Romani 8:16, 17
In genere si fanno dei paragoni terreni per aiutare la persona “meno fortunata” a comprendere perché, anche con mille parole, non sarebbe comunque in grado di capire.
Ad una giovane donna in procinto di sposarsi si potrebbe dire che non saprà mai cosa significa davvero essere mamma finché non partorirà un figlio.
Nessuna spiegazione riuscirebbe a far comprendere le sensazioni e il cambio di mentalità che tale condizione comporta.
Ad un giovane ragazzo forse si farà il paragone del padre, anche se meno incisivo di quello della madre, e così via.
A blindare ulteriormente qualsiasi considerazione si aggiunge il fatto, indiscutibile, che ogni cristiano ha una relazione con Dio assolutamente personale e unica – Matteo 10:29-31
E’ dunque davvero così?
Fortunatamente la Bibbia afferma di essere ispirata da Dio e di essere l’unica fonte veramente autorevole da cui prendere le informazioni.
Se davvero crediamo che Essa è la Parola di Dio ed è anche tutto ciò che ci serve per la nostra edificazione spirituale, allora dobbiamo prenderci la responsabilità di provare con le Scritture ogni nostra affermazione, fosse anche la più delicata e personale.
Se alcune persone arrivano al punto da farsi saltare per aria a motivo delle proprie convinzioni religiose, è evidente che queste persone ci credano davvero e che la sensazione che provano è estremamente forte.
La propria sensazione o convinzione personale, però, non è una prova che essi siano approvati da Dio perché la fede si basa sulla conoscenza e non sui desideri o l’emotività.
Anche coloro che andarono a morire per “liberare la terra Santa” erano convinti di fare la cosa giusta ma solo la Bibbia avrebbe potuto dir loro se erano nel giusto o meno – Ebrei 5:14
Nessuna religione, nessun’altra autorità, nessuna sensazione o convinzione personale.
Quindi anziché blindare ogni possibile argomentazione che potrebbe toccare corde sensibili, vediamo cos’ha da dirci la Bibbia anche in merito a questo argomento.
Tanto per cominciare nelle scritture greche si parla della caparra che i cristiani del primo secolo ricevettero come “anteprima” e come garanzia di quello che avrebbero ricevuto in futuro – 2 Corinti 1:22
Non è in discussione che i primi cristiani, grazie ai doni dello Spirito Santo, ricevettero anche la garanzia del fatto che, se fossero rimasti fedeli fino alla fine, avrebbero afferrato il premio – Filippesi 3:13, 14; vedi anche Ebrei 12:22-24
Come disse lo stesso Signore, dai giorni di Giovanni il Battista il Regno dei cieli sarebbe diventata la meta che avrebbero afferrato coloro che si sarebbero spinti in avanti – Matteo 11:12
I cristiani del primo secolo che si mantennero fedeli fino alla morte afferrarono senz’altro il premio e alla loro risurrezione potranno “toccare con mano” quello che videro solo in visione e in maniera limitata – 1 Corinti 13:12
Quello che dobbiamo comprendere è se questa “caparra”, innanzitutto, è stata versata anche dopo lo sviluppo dell’apostasia ovvero nei due millenni passati e quindi anche oggi, e soprattutto se la stessa meta finale è rimasta invariata durante questo periodo.
È sufficiente la profonda convinzione personale o dobbiamo comunque confrontare e piegarci alle Scritture?
In pratica, la speranza celeste è rimasta invariata durante tutto il periodo dell’apostasia o è scomparsa insieme alla vera adorazione?

La conoscenza biblica è più importante dei nostri desideri e delle nostre sensazioni


Prima di pensare che sia una sciocchezza ricordiamo che questa speranza non esisteva prima che il Signore aprisse a questa prospettiva – confronta Luca 22:28-30
Lo stesso Giovanni Battista, di cui il Signore afferma che “dei nati da una donna non è sorto nessuno maggiore di lui”, non sarebbe asceso al cielo – Matteo 11:11
Finora è stato insegnato ai testimoni di Geova, e a ragione, che tutti coloro morti prima di Cristo non riceveranno la risurrezione celeste – confronta Atti 2:34
Milioni o miliardi di persone vissute prima di Cristo riceveranno una risurrezione, di vita o di giudizio, qui sulla terra – Giovanni 5:28, 29; 11:24
Quindi se la risurrezione celeste è legata al Signore Gesù Cristo non è così strampalato chiedersi se essa è continuata durante il suo “viaggio all’estero” ovvero durante il periodo dell’apostasia dove, infine, egli sarebbe tornato per fare i conti con i suoi schiavi - Matteo 25:14-46
Non è neppure così scontato chiedersi se in 1 Giovanni l’apostolo parlò dell’ultima ora intendendo non solo l’arrivo dell’apostasia e la scomparsa della vera adorazione ma se tale scomparsa avrebbe pregiudicato anche la meta finale di tutti i futuri “cristiani”.
In pratica poteva essere l’ultima ora anche a motivo del fatto che essi fossero gli ultimi eletti presenti sulla terra?
Proviamo a riflettere sui messaggi dati dal Signore alle sette congregazioni descritte in Rivelazione.
Partendo dalla congregazione di Efeso possiamo vedere che se gli efesini non avessero compiuto le “opere di un tempo” (cioè quelle giuste che compivano nel primo secolo) Egli avrebbe rimosso da loro il candelabro - Rivelazione 2:1-5
Quando avrebbero ricevuto o perso questa prospettiva?
Dalla descrizione che il Signore fa, sembra proprio che ricevere o perdere questa prospettiva riguardi il Suo arrivo.
A Pergamo si avverte che se coloro che si comportano male non cambiano il Signore combatterà contro di loro “quando verrà”.
Se la punizione avviene al Suo arrivo (e quindi si suppone una punizione verso quelli in vita in quel periodo), perché non dovrebbe valere anche per il premio?
Se andiamo avanti nella descrizione di queste congregazioni vedremo che tutte ricevono la giusta ricompensa secondo le loro opere nel giorno del Suo arrivo.
Se il giudizio fosse arrivato prima, nell’arco dei secoli, non avrebbero senso parole del tipo “pentiti, altrimenti quando verrò...”.
Questo fa pensare che anche la ricompensa è legata all’arrivo del Signore.
Inoltre la congregazione rimasta sveglia e attenta nel giorno del Signore sarebbe riuscita a riconoscere il Suo arrivo anche attraverso coloro che avranno l’incarico di ripristinare la vera adorazione – Matteo 25:1-12
Nel giorno del Signore qualcuno griderà “Ecco lo Sposo! Uscitegli incontro!”... ma chi sarà pronto a riconoscere e ad ubbidire a questo invito?
Solo coloro che avranno prestato attenzione alla Parola di Dio la quale include gli avvertimenti del Signore riportati in Rivelazione.
A tutti gli altri il Signore dirà “Non vi conosco” - confronta Matteo 7:21-23
Proviamo a vedere se il libro di Daniele ha qualcosa da dirci in merito.
Nel capitolo 7 si parla della terza bestia (l'impero Greco-Romano) e del corno (l'ultimo re del nord) che osteggia i santi del Supremo – Daniele 7:21, 22**
I santi del Supremo, ovvero coloro che riceveranno il Regno, vengono menzionati in relazione alla quarta bestia e al corno ma non in relazione con le bestie precedenti.
Questo è in armonia con quello che sappiamo perché se essi fossero stati menzionati anche durante le bestie precedenti, ciò avrebbe significato che la speranza celeste esisteva anche prima e che questa fosse indipendente dalla venuta del Signore.
E ovviamente sarebbe stato in contraddizione con le parole del Signore citate poc'anzi.
Invece non viene menzionato alcun “santo del Supremo” durante il periodo di dominio del leone o dell’orso e questa è un’ulteriore conferma che l’intendimento secondo cui “tutti quelli vissuti prima di Cristo” non riceveranno una risurrezione celeste è corretta.
Ora la domanda è… che dire di tutti i cristiani vissuti nell’arco temporale che separa il primo secolo fino alla comparsa di questo corno?
Dall’articolo intitolato “Ricontiamo il numero dei re e comprendiamo la profezia”*** abbiamo visto che il re del nord scompare in concomitanza con la scomparsa dell’oggetto della contesa: Israele.
Seguendo la logica di Daniele, rimarcata anche nella statua del sogno di Nabucodonosor, è semplice comprendere perché non si menzioni alcun altro “re del nord” tra Roma e il corno finale.
Non si menziona perché non ce n’è proprio alcun altro – confronta Daniele 7:17
Tuttavia un conto è il re del nord e un conto dovrebbero essere i santi del Supremo di cui si dovrebbe parlare indistintamente dagli altri soggetti implicati.
Invece in Daniele non si parla di loro in nessun’altra occasione che non sia legata a Roma o all’ultimo impero dominante.
È vero che la purificazione continua “fino al tempo della fine” ma questo fa semplicemente comprendere che la situazione che il Signore trova al suo rientro, cioè nel tempo in cui Egli ripristina la vera adorazione, sarà simile a quella lasciata nel primo secolo – Daniele 11:35
Infatti è sempre Israele a causare questa persecuzione – Rivelazione 18:24
Nel primo secolo Roma portò all’apostasia quelli che “agirono malvagiamente contro il patto” e di certo non possiamo pensare che essi, ovvero gli apostatari del cristianesimo, ricevettero la ricompensa celeste.
Solo una netta minoranza “agì con successo” rimanendo fedele fino alla morte e questo non ci porta assolutamente oltre il primo secolo.
Come disse anche Giovanni negli ultimi anni della sua vita, quella fu l’ultima ora prima della supremazia apostata.
A questo punto però dobbiamo ammettere che anche se queste scritture gettano un’ombra sulla credenza che la chiamata celeste sia continuata durante l’apostasia, non sono neppure così decisive da scardinarla.
Daniele di certo non dice “Non ci sarà alcun santo del Supremo nell’intervallo di tempo che separa il leopardo dalla bestia spaventevole o fino alla rinascita di Israele”.
Quindi dobbiamo vedere se riusciamo a capire qualcosa in più dalle parole del Signore quando fece questo patto con i suoi discepoli.
In Giovanni 17:22-24 leggiamo “Ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, in modo che siano uno come noi siamo uno: io unito a loro e tu unito a me, così che possano raggiungere perfetta unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano con me, dove sono io, perché contemplino la mia gloria, che tu mi hai dato: tu infatti mi hai amato prima della fondazione del mondo”.
Questa scrittura fa pensare che il Signore dia la gloria solo a coloro che sono stati uniti a lui.
Possiamo dire che i cristiani vissuti nel periodo dell’apostasia sono stati o sono rimasti uniti a Lui in una “perfetta unità”?
Da Romani 11:1-24 (che sarebbe il caso di leggere attentamente) comprendiamo che la radice di tutti i cristiani è giudaica e che i cristiani delle nazioni sono paragonati a “rami innestati” i quali da soli non potrebbero sopravvivere o portare frutto – vedi anche Giovanni 15:4-10
Quindi è davvero ragionevole pensare che coloro che si sono disinnestati, e cioè hanno dimenticato e rinnegato le loro origini e il puro insegnamento, abbiano invece mantenuto lo stesso destino finale ovvero la speranza celeste?
Eppure è quello che grossomodo ci è stato insegnato quando abbiamo additato personaggi come Tyndale o Hus o anche altri dicendo che probabilmente erano “parte di quegli unti che avrebbero regnato con Cristo”.
Ora a prescindere dal fatto che queste fossero persone degne d’onore, sincere e a loro modo devote, davvero pensiamo che regneranno con Cristo tutti quelli che fino ad un momento prima di morire hanno pregato la madonna o hanno creduto nella trinità o nell’inferno di fuoco o a tante altre menzogne e assurdità antiscritturali?
Da Daniele comprendiamo che sono coloro che conoscono il loro Dio ad agire con successo e quindi ricevere il premio.
A questo punto è fondamentale confrontare le parole di 1 Giovanni 2:24 con quelle del Signore riportate in Giovanni 17:24.
In 1 Giovanni si legge “Quanto a voi, fate in modo che ciò che avete udito fin dall’inizio rimanga in voi. Se ciò che avete udito dall’inizio rimarrà in voi, anche voi rimarrete uniti al Figlio e al Padre” e Giovanni 17:24, dopo aver spiegato l’importanza della perfetta unità (quindi di intenti e conoscenza) dice “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano con me, dove sono io”.
Questa unità di intenti e conoscenza li avrebbe uniti anche fisicamente, cioè avrebbe permesso loro di essere letteralmente nel luogo del Signore, con il Signore – 1 Tessalonicesi 4:17
Proviamo a ripetercelo per vedere se abbiamo compreso il punto.
Il Signore prega che coloro che sono uniti a Lui siano con lui (e quindi è un riferimento al premio, la vita celeste).
1 Giovanni sprona i cristiani, proprio in vista di ciò che deve accadere, affinché rimangano nell’insegnamento udito dall’inizio (cioè l’insegnamento del Signore) e dice che se rimarranno in questo insegnamento sarebbero rimasti uniti al Figlio e al Padre.
I cristiani comparsi dalla fine del primo secolo fino ad oggi, sono rimasti nell’insegnamento del Signore oppure hanno creduto (e credono) a molti se non a tutti gli insegnamenti degli anticristi che, come disse la profezia, avrebbero prosperato da lì a poco?
Il messaggio che viene fuori confrontando queste scritture è chiaro: si può essere uniti a Cristo solo nell’unità della conoscenza, una perfetta unità, e il premio finale non può scindersi da questo – Giovanni 17:23
Non essendo rimasti nell’insegnamento di Cristo viene meno anche il privilegio di essere con Cristo.
Questo aggiunge un altro motivo per cui tutti i cristiani del primo secolo avevano la speranza celeste: essi erano stati addestrati dal Signore Gesù Cristo o da coloro che Egli aveva addestrato e non c’era ombra di falsità in questo insegnamento – Giovanni 17:17
Solo attraverso l’insegnamento del Signore sarebbe stato possibile “arrivare al Padre” – Giovanni 14:6, 7
Questo spiega anche perché nella visione di Daniele si parli dei Santi del Supremo, i quali ricevono il dominio, solo durante l’esistenza e la conseguente persecuzione del corno diventato enorme in quanto solo durante quel periodo il Signore torna ripristinando la vera adorazione.
E infine questo spiega anche perché in Rivelazione si parla dell’ultimo gruppo di coloro che ricevono la risurrezione celeste e sono coloro che non si sono piegati alle pressioni e alla persecuzione del falso profeta – Rivelazione 20:4
Dove sono tutti i “martiri cristiani” morti nell’arco dei secoli dalla fine del primo secolo fino ad oggi?
Perché Rivelazione 20:4 menziona solo quelli perseguitati dal falso profeta?
Quindi dopo la risurrezione dei 144.000 (tutti presenti nel giorno del Signore) e la nascita del Figlio maschio che riguarda la risurrezione dei cristiani del primo secolo e quelli eventualmente in vita nel giorno del Signore (1 Corinti 15:51, 52) non si menziona alcun gruppo intermedio.
Lo stesso discorso vale per la linea giudaica, ovvero il ramo d’olivo originale il quale, alla stessa maniera dei cristiani delle nazioni, non si è attenuto all’insegnamento puro del Signore perdendo così quell’originale e perfetta unità – confronta Giovanni 15:1-7
Infatti se essi fossero rimasti fedeli all’insegnamento originale non ci sarebbe stato motivo di “purificare i figli di Levi” - Malachia 3:2-4
Sembrerebbe dunque che tutte le pretese di “chiamata celeste” avute da milioni e milioni di persone nel corso dei secoli (comprese quelle relativamente recenti e quelle future finché la vera adorazione non verrà ripristinata) siano state semplicemente il risultato del proprio condizionamento religioso.
Tra i cristiani del primo secolo non c’era distinzione tra accurata conoscenza e speranza celeste perché i discepoli erano stati addestrati direttamente dal Signore ed egli era la personificazione della Verità.

Possiamo dunque concludere che la “chiamata celeste” scompare in concomitanza con la scomparsa della Vera adorazione.
Invece di bloccarci o scandalizzarci per queste informazioni, attendiamo con ansia che il rimanente di Israele ripristini la vera adorazione perché qualunque siano le nostre speranze o i nostri desideri la cosa che conta davvero è conoscere Dio e agire in armonia con la Sua perfetta volontà – 2 Corinti 6:14-18



Note in calce

* Gli articoli che ridiscutono tutta l’impalcatura sugli “unti” e sulla vera adorazione si trovano ai seguenti link

** L’identificazione del piccolo corno è stato trattato nel seguente link
*** L’articolo si trova al seguente link

Commenti

  1. Perché nella parabola del grano è della zizzania, Gesù chiama il grano " figli del Regno" evidentemente per tutto il periodo dell'apostasia, se poi coloro che furono grano, in realtà, non ereditano il Regno come eletti celesti?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Gli apostoli, in Atti 1:6 chiesero al Signore "“Signore, ristabilirai in questo tempo il regno d’Israele?” . A cosa si riferivano? Ovviamente a Israele, quell'Israele che a quel tempo era sotto la dominazione romana ma che essi si aspettavano fosse "ristabilita". Notiamo infatti che il Signore li riprese in merito ai tempi, non al soggetto.
      Ovviamente per ristabilire Israele a tempo indefinito, cioè un Regno che non sarebbe mai stato ridotto in rovina (Daniele 2:44) sarebbero serviti dei governanti speciali che, come sappiamo, sono gli eletti. Rimane il fatto che il Regno di Israele è comunque Israele, non è vero? Quindi i "figli del Regno" non sono necessariamente i governanti celesti ma coloro che saranno i componenti di quel Regno. Puoi vedere in tutte le scritture ebraiche che i figli di Israele, a partire dall'esodo, sono coloro che ereditano il Regno ma non tutti i figli di Israele furono incaricati come re e sacerdoti. Quindi i figli del Regno, a prescindere se saranno governanti o semplici abitanti, sono appunto tutti coloro che "erediteranno il Regno preparato per loro dalla fondazione del mondo" - Matteo 25:34

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  2. Come spiegare la questione del cosiddetto "rapimento", così sbandierato dalle chiese evangeliche e ultimamente anche dalla WT?
    A quanto sembra non vi sarebbe un rapimento in massa degli eletti celesti, giusto? Ma ognuno dei 144.000 che rimarrà fedele sino alla morte, durante la grande tribolazione, o durante la prima fase della loro predicazione verra rapito singolarmente nel senso che sarà trasformato, eppure le parole di Paolo sembrano indicare che gli eletti durante la 7 tromba non sarebbero morti ma trasformati tutti insieme.
    Come si può armonizzare il tutto?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie per il commento. Ho trattato questo argomento nella risposta data ad Anonymous nell'articolo "144.000 e oltre" che menziona il "numero completo di persone delle nazioni" riportato in Romani 11:25

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