La Bibbia insegna davvero la trinità? - 5° e ultima parte

 

Parte 5: esaminiamo i “passi trinitari”


Avendo tralasciato il comandamento di Dio vi attenete alla tradizione degli uomini». Diceva loro ancora: «Come sapete bene annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra!” - Marco 7:8, 9


Quello che abbiamo visto nei quattro articoli precedenti dovrebbe essere più che sufficiente per rigettare con forza una dottrina pagana e insensata come quella della trinità.

Ovviamente non ci aspettiamo affatto che ciò avvenga per la maggior parte dei trinitari.

Come abbiamo scritto fin dall’inizio, questi articoli sono stati pensati per chi davvero cerca di avvicinarsi a Dio tramite la Scrittura e non per gli adoratori dell'uomo o delle istituzioni umane.

Come disse anche Nostro Signore, molti preferivano attaccarsi alle tradizioni anziché alla santa Parola di Dio e così è oggi.

Se addirittura davanti ai segni e ai prodigi compiuti dallo stesso Figlio di Dio essi continuarono ad impuntarsi, sviando ed essendo sviati, non ci aspettiamo che la maggioranza della cristianità, oggi, faccia in qualche modo marcia indietro.

Anzi, negli ultimi tempi sappiamo che i falsi profeti si sarebbero moltiplicati e avrebbero fatto gli straordinari per sviare le masse secondo la visione del proprio cuore – Matteo 3:11 (confronta Geremia 23:16)

I vari ubriaconi spirituali, trinitari o meno, dovranno subire diverse punizioni da parte dell’Iddio Onnipotente e addirittura fino all’ultimo momento, a poca distanza dalla terra promessa, diversi cercheranno di portare con se le proprie false credenze – vedi Apocalisse 8:10, 11 (confronta Esodo 32:7-9 con Ezechiele 20:36-38 e Apocalisse 14:18-20)


Parlando delle persone sincere e non degli idolatrici tifosi di squadra, qualcuno potrebbe giustamente chiedersi cosa riguardano i cosiddetti “passi trinitari” e se davvero essi, come asserisce qualcuno, dimostrano la trinità.

Questa serie di articoli non sarebbe completa, ovviamente, se evitassimo di esaminare queste scritture.

Quali scritture vengono citate, in genere, per fare stare in piedi questa dottrina?

Tre in uno?

Il dogma trinitario afferma che ogni parte della trinità sia Dio.

In pratica sono tre… ma sono anche uno.

Non a caso viene chiamato “dogma” ovvero... “Principio che si accoglie per vero o per giusto, senza esame critico o discussione: proclamare un d.; part., nella teologia cattolica, verità rivelata da Dio o definita dalla Chiesa come tale, imposta ai credenti come articolo di fede”.

Strano no?

Una dottrina così chiara, limpida e lineare ha avuto bisogno del bollino di “dogma” per farla accettare: non devi discuterne, devi accettarla. È così e basta.

In pratica “è così perché ve lo diciamo noi” e in passato sappiamo bene che fine facevano coloro che provavano a ridiscutere questi e altri dogmi.

È esattamente come faceva il Signore, non è vero? - Matteo 12:3-5; 19:4, 5; Marco 9:12; 11:17;

Luca 4:4, 8; 12; 10:26; 19:46; 20:17; 22:37; Giovanni 10:34

Comunque tra i vari tentativi fatti per dimostrare scritturalmente la trinità vi sono passi come i seguenti.

2 Corinti 13:13 (14) sono raggruppate così: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”.

In 1 Corinti 12:4-6 si legge “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti”.

In Matteo 28:19 si legge: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.

Questi versetti dicono forse che Dio, Cristo e lo spirito santo formino un Dio trino, che siano uguali in quanto a sostanza, potenza ed eternità?

No, come il fatto di menzionare tre persone insieme — Abraamo, Isacco e Giacobbe così come Peppino, Giacoboldo e Francesco — non significa che siano tre in uno.

Dio, Gesù e lo spirito santo sono pure menzionati nello stesso contesto anche in relazione al battesimo di Gesù.

Gesù “vide lo spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui” - Matteo 3:16

Questo però non dimostra che i tre siano uno.

Come già scritto, Abraamo, Isacco e Giacobbe sono menzionati insieme numerose volte ma ciò non li rende uno.

Pietro, Giacomo e Giovanni sono menzionati insieme, ma ciò non li rende uno.

Inoltre, lo spirito di Dio scese su Gesù al suo battesimo, il che indica che fino a quel momento Gesù non era stato unto dallo spirito.

Stando così le cose, come poteva far parte di una trinità in cui era sempre stato uno con lo spirito santo?

Altri passi cosiddetti “trinitari” riguardano esclusivamente la relazione fra due persone: il Padre e Gesù.

Come abbiamo scritto in un articolo precedente, pur non volendo valutare il contesto di queste scritture essi sarebbero comunque due.

È abbastanza emblematico che, per i trinitari, due sia sufficiente per contare tre.

In ogni caso, consideriamo questi passi.


Io e il Padre siamo uno: in che senso?

Giovanni 10:30 dice “Io e il Padre siamo uno”.

Questo sarebbe uno dei passi trinitari tanto citati per dimostrare la dottrina della trinità anche se, come detto, non vi si menziona una terza persona.

Stranamente però i trinitari si dimenticano non solo la logica del contesto (nel versetto prima egli aveva appena detto “Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti") ma anche di continuare a leggere fino al capitolo 17 dove nei versetti che vanno da 20 a 23 si legge...Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li hai amati come hai amato me”.

Gesù stava forse chiedendo che tutti i suoi discepoli divenissero un’unica entità?

Quindi la trinità, da quel momento in poi, sarebbe diventata una quindicinità o un’infinità?

No, ovviamente, egli stava pregando affinché fossero uniti nel pensiero e nell’azione, come lo erano lui e Dio – confronta con 1 Corinti 1:10

In 1 Corinti 3:6, 8 Paolo dice: “Io piantai, Apollo innaffiò . . . Colui che pianta e colui che innaffia sono uno”. Paolo non voleva dire che lui e Apollo fossero due persone in uno; intendeva dire che avevano unità d’intenti. Il termine greco che qui Paolo usa per “uno” (hen) è neutro, letteralmente “una (cosa)”, a indicare unità d’azione.

Il caso vuole che questa sia la stessa parola che Gesù usa in Giovanni 10:30 per descrivere la relazione esistente fra lui e il Padre ed è la stessa parola che Gesù usa in Giovanni 17:21, 22.

Non solo nelle parole precedenti ma anche in quelle successive Gesù mostra vigorosamente che non voleva rendersi uguale al Padre.

Ai giudei che traevano erroneamente quella conclusione e volevano lapidarlo chiede: “Come potete voi dire a colui, che il Padre ha mandato nel mondo: ‘Tu bestemmi’, perché ho detto: ‘Io sono il Figlio di Dio’?” - Giovanni 10:31-36

Sembra davvero assurdo ma il fatto che i giudei dicanoNon ti lapidiamo per una buona opera, ma per bestemmia; e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio» sarebbe una “prova” che egli fosse davvero Dio.

In pratica i trinitari stanno ammettendo di essere esattamente come loro: traviando il senso delle parole del Signore traggono conclusioni senza senso.

Gesù non avrebbe detto “Non sono Dio ma il Figlio di Dio!” ma “sì, sono Dio, quella parte di Dio chiamata Dio Figlio”.

In maniera simile un altro passo citato a sostegno della trinità è Giovanni 5:18.

Qui si si legge che i giudei (come in Giovanni 10:31-36) volevano uccidere Gesù perché “chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio”.

Ma chi diceva che Gesù si stava facendo uguale a Dio?

Non certo Gesù.

Egli infatti si difese da quella falsa accusa, come mostra proprio il versetto successivo (19): “Gesù replicò a quelli che lo criticavano: ‘Io vi assicuro che il Figlio non può far nulla da sé, ma solo ciò che vede fare dal Padre”.

C’è veramente tanto da aggiungere?

Dicendo questo non solo Gesù distingueva nettamente se stesso da Dio ma mostrò anche la sua completa subordinazione.

Si può mai pensare che qualcuno uguale all’Iddio Onnipotente dica di ‘non poter fare nulla da sé’?

Anche qui… era la “parte umana” a non poter far nulla da sé? E la parte divina poteva o non poteva?

E se poteva… perché doveva vedere cosa faceva il Padre se il Figlio stesso è interamente Dio come dice il dogma? Ammesso che la parte umana di Gesù non potesse fare questo e quello, poteva comunque farlo la sua parte divina, giusto?

I "passi trinitari" non sono assolutamente trinitari. La Bibbia sradica le menzogne dell'uomo

 

Uguale a Dio”?

In Filippesi 2:6 la versione protestante di Giovanni Diodati, del 1607, dice di Gesù: “Il quale, essendo in forma di Dio, non reputò rapina l’essere uguale a Dio”.

La versione cattolica a cura del Pontificio Istituto Biblico traduce: “Ora egli, sussistendo nella natura di Dio, non stimò un bene da non dover mai rinunziare lo stare alla pari con Dio”.

Traduzioni come queste sono usate per sostenere l’idea che Gesù era uguale a Dio.

Intanto cominciamo a vedere altre traduzioni e poi valutiamo, come al solito, il contesto e la logica scritturale di queste parole.

1869: “il quale, essendo nella forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio come una cosa da afferrare”. The New Testament, di G. R. Noyes.

1968: “il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio”. La Bibbia Concordata.

1976: “Egli ebbe sempre la natura di Dio, ma non pensò di dover cercare con la forza di divenire uguale a Dio”. Today’s English Version.

1985: “Il quale, essendo in forma di Dio, non considerò l’uguaglianza con Dio qualcosa da afferrare”. The New Jerusalem Bible.

il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente – Nuova Riveduta

il quale, essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi – Riveduta 2020

Da quanto precede è evidente che alcuni traduttori forzano il senso delle parole per sostenere le loro tesi trinitarie. Lungi dal dire che Gesù riteneva appropriato essere uguale a Dio, il testo greco di Filippesi 2:6, se letto obiettivamente, indica proprio il contrario, cioè che Gesù non lo riteneva appropriato.

Come al solito il contesto ci aiuta a capire il senso delversetto 6.

Ai filippesi fu data questa esortazione: “Ciascuno con umiltà stimi gli altri come superiori a sè”. 

Paolo menziona quindi Cristo come il massimo esempio di questo atteggiamento mentale: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti, che furono in Cristo Gesù”.

Quali “sentimenti”? Il ‘non reputare rapina l’essere uguale a Dio’?

Questo sarebbe stato l’esatto contrario di ciò che Paolo voleva illustrare.

Sarebbe stato come dire “Considerate gli altri superiori a voi… come Gesù che giustamente di riteneva uguale a Dio”.

Vi sembra un parallelo sensato? Al di là della traduzione scelta... questo parallelo avrebbe un minimo di senso?

Probabilmente è sensata per coloro che contano tre quando sono due  o che prendono le illazioni dei farisei come prova di qualcosa.

Gesù, invece, ‘considerando il Padre superiore a se stesso’, non cercò mai di ‘afferrare l’uguaglianza con Dio’, bensì “si abbassò, facendosi ubbidiente fino alla morte”.

L’Iddio Onnipotente, ovviamente, non poteva fare una cosa simile.

Il passo parla di Gesù Cristo, esempio perfetto di quello che Paolo intendeva illustrare, cioè l’importanza dell’umiltà e dell’ubbidienza al proprio Superiore e Creatore, Yahweh Dio.

Io Sono”?

In Giovanni 8:58 varie traduzioni, fra cui il testo CEI, fanno dire a Gesù: “Prima che Abramo fosse, Io Sono”.

Gesù stava forse dicendo, come sostengono i trinitari, di essere noto col titolo “Io Sono”?

E, come essi asseriscono, significa questo che egli fosse Yahweh delle Scritture Ebraiche, dato che in Esodo 3:14 (CEI) si legge: “Dio disse a Mosè: ‘Io sono colui che sono”?

In Esodo 3:14 (CEI) l’espressione “Io sono” è un titolo riferito a Dio per indicare che è il Dio vivente e che mantiene le sue promesse.

L’espressione di Giovanni 8:58 è diversa da quella di Esodo 3:14 ma anche qui… anziché continuare a mostrare le varie “opere di consultazione” che non condividono tale traduzione e ne spiegano i motivi, vediamo solo altre traduzioni bibliche e poi proviamo a ragionare secondo il contesto.

1869: “Da prima che Abraamo fosse, io sono stato”. The New Testament, di G. R. Noyes.

1935: “Io esistevo prima che Abraamo nascesse!” The Bible—An American Translation, di Smith e Goodspeed.

1965: “Prima che Abraamo nascesse, io ero già colui che sono”. Das Neue Testament, di Jörg Zink.

1981: “Io ero in vita prima che Abraamo nascesse!” The Simple English Bible.

1987: “Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero”. Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture.

Ciò che qui in effetti il testo greco vuole dire è che la prima creatura di Dio, il suo “primogenito”, Gesù, esisteva già molto prima che Abraamo nascesse. — Colossesi 1:15; Proverbi 8:22, 23, 30; Rivelazione 3:14.

Ammettiamo che le parole riportate in Giovanni 8:58 siano strane e, se vogliamo, interpretabili.

Molti trinitari ammettono che in questo passo c’è una forzatura delle regole grammaticali greche… noi non siamo in grado di dire se questo è vero oppure no.

Tuttavia proviamo a fare un semplice ragionamento.

Alcuni asseriscono che fu proprio Gesù a forzare le regole della grammatica greca per rivelare, tra le righe, la sua vera identità.

A parte che Gesù fu sempre chiaro e diretto, la personificazione della verità, e non si capirebbe per quale motivo, in questa occasione, avrebbe usato questo escamotage per dire e non dire... ma poi vi sembra logico che Gesù avrebbe forzato le regole della grammatica greca visto che parlava ebraico?

Non stava neppure parlando ad un soldato romano ma ai farisei!

Al limite, ma proprio al limite, avrebbe potuto forzare le regole della grammatica ebraica e purtroppo non abbiamo il vangelo di Giovanni in lingua ebraica, non dei primi secoli sicuramente, da poter confrontare e valutare.

Noi non siamo in grado di dire se c’è stata o non c’è stata questa “forzatura della grammatica greca” ma, se c’è stata (SE), la forzatura è avvenuta per mezzo dal traduttore, non certo per mezzo di Gesù.

Ancora una volta, però, con buona pace di tutti i sofisti interessati, è sempre il contesto a guidarci nel giusto intendimento di questo e di altri versetti.

Questa volta i giudei volevano lapidare Gesù perché aveva detto di ‘aver visto Abraamo’, benché, come dissero, non avesse ancora 50 anni – leggi Giovanni 8:57

Il contesto riguardava la sua età, non la la sua identità.

La reazione spontanea di Gesù fu quella di dire loro la verità sulla sua età. 

Perciò rispose: “Io ero in vita prima che Abraamo nascesse!” (e cioè “io ho un po’ più di 50 anni… io Abraamo l’ho visto eccome”).

Se qualcuno vi chiedesse l'età voi rispondereste presentandovi?

Se qualcuno chiedesse "Quanti anni hai?" voi rispondereste "Mi chiamo Mario Rossi"?

E' assolutamente comprensibile che per un trinitario questo sarebbe uno sforzo mentale troppo grosso ma qualcuno direbbe che, se l'osservazione rivolta a Gesù riguardava il fatto di non avere ancora cinquant'anni, egli rispondesse dando almeno una vaga idea della sua vera età.

La Parola era Dio”?

In Giovanni 1:1 La Bibbia Concordata dice: “In principio era la Parola e la Parola era presso Dio, anzi la Parola era Dio”.

Secondo i trinitari ciò significherebbe che “la Parola” (greco ho lògos) che venne sulla terra come Gesù Cristo era l’Iddio Onnipotente stesso.

Tuttavia sempre la stessa versione dice: “La Parola era presso Dio”.

Se si è “presso” qualcuno non si può essere quel qualcuno.

Si noti inoltre come altre traduzioni rendono questa parte del versetto:

1808: “e la parola era un dio”. The New Testament in an Improved Version, Upon the basis of Archbishop Newcome’s New Translation: With A Corrected Text.

1864: “e un dio era la parola”. The Emphatic Diaglott, di Benjamin Wilson.

1928: “e la Parola era un essere divino”. La Bible du Centenaire, L’Evangile selon Jean, di Maurice Goguel.

1935: “e la Parola era divina”. The Bible—An American Translation, di Smith e Goodspeed.

1946: “e di specie divina era la Parola”. Das Neue Testament, di Ludwig Thimme.

1950: “e la Parola era un dio”. New World Translation of the Christian Greek Scriptures.

1958: “e la Parola era un Dio”. The New Testament, di James L. Tomanek.

1975: “e un dio (o, di specie divina) era la Parola”. Das Evangelium nach Johannes, di Siegfried Schulz.

1978: “e di una sorta simile a Dio era il Logos”. Das Evangelium nach Johannes, di Johannes Schneider.

In Giovanni 1:1 il termine greco theòs (dio) ricorre due volte. La prima volta si riferisce all’Iddio Onnipotente, presso il quale era la Parola (“e la Parola [lògos] era presso Dio [theòn, accusativo di theòs]”).

Questo primo theòs è preceduto in greco dall’articolo determinativo (ton, accusativo di ho), il che conferisce al nome un’indicazione definita, identificandolo in questo caso con l’Iddio Onnipotente (“e la Parola era presso [il] Dio”).

L’articolo manca invece davanti al secondo theòs di Giovanni 1:1. Traducendo letteralmente si avrebbe quindi “e dio era la Parola”. Come abbiamo visto, però, molte traduzioni rendono questo secondo theòs (un predicato nominale) con “divina”, “simile a Dio” o “un dio”. Su cosa si basano?

Il greco (koinè) non aveva l’articolo indeterminativo (“un”), ma solo quello determinativo (“il”). Perciò quando un predicato nominale non è preceduto dall’articolo determinativo può essere indeterminato, a seconda del contesto.

Il Journal of Biblical Literature afferma che proposizioni “con un predicato privo di articolo che precede il verbo, hanno primariamente significato qualitativo”. Come osserva il Journal, questo indica che il lògos può essere assimilato a un dio. Su Giovanni 1:1 l’estensore dell’articolo dice pure: “Penso che la forza qualitativa del predicato sia così notevole che il nome [theòs] non può essere considerato determinato”. — Op. cit., pp. 85, 87.

Giovanni 1:1 evidenzia la qualità della Parola, cioè che era “divina”, “simile a Dio”, “un dio” e non l’Iddio Onnipotente (questo è in armonia col resto della Bibbia, che mostra che Gesù, qui chiamato “la Parola” in quanto Portavoce di Dio, era un servitore ubbidiente inviato dall’Iddio Onnipotente sulla terra).

Ci sono molti altri versetti biblici che in greco hanno identica struttura grammaticale e in questi quasi tutti i traduttori inseriscono l’articolo indeterminativo “un”.

Per esempio, in Marco 6:49 si legge che quando i discepoli videro Gesù camminare sull’acqua “pensarono che fosse un fantasma”.

Nel testo greco davanti a “fantasma” non c’è l’articolo indeterminativo “un” ma in italiano tutti i traduttori lo aggiungono, perché la traduzione “fosse fantasma” non sarebbe accettabile. Analogamente, poiché Giovanni 1:1 mostra che la Parola era presso Dio, non poteva essere Dio, bensì “un dio” o “divina”.

Rimane il fatto che la stragrande maggioranza dei traduttori tradurrà “era Dio” e noi non siamo in grado di dire quale sia il modo corretto di tradurre.

Quello però che siamo assolutamente in grado di capire è che tutte le scritture vagliate finora, secondo la logica minima e contestuale, hanno smentito qualsiasi pretesa di trinità o dualità.

Noi sappiamo che la Bibbia è Parola di Dio, è la verità ed essa non si contraddice.

Se in qualche modo Giovanni 1:1 dicesse che Gesù era Dio intendendo Dio Onnipotente (dando così ragione al modo di tradurre della maggioranza dei traduttori) dobbiamo per coerenza concludere che c’è stata una manipolazione e, come abbiamo già visto, questa non sarebbe affatto la prima. 

Ma noi non ci fissiamo su una scrittura, come abbiamo chiarito all’inizio, scrittura più o meno interpretabile, più o meno difficile da capire.

Salvo riuscire a conciliare tutte le scritture viste finora, tante, non c'è modo di cancellare mille scritture diverse e in diversi contesti che mostrano Gesù creato e sottomesso al Padre prima, durante la sua vita sulla terra e anche dopo la sua ascensione in gloria.

Probabilmente opere come “the Journal of Biblical Literature” hanno ragione quando affermano che “con un predicato privo di articolo che precede il verbo, hanno primariamente significato qualitativo. Indicano che il logos ha la natura di theos”. E aggiunge: “Forse la proposizione si potrebbe tradurre: ‘la Parola era della stessa natura di Dio’” - Journal of Biblical Literature, 1973, pp. 85, 87

Ma in ogni caso non se ne può uscire per chi non cerca ogni cavillo per poter dimostrare la propria dottrina preconcetta.

O crediamo che la Bibbia sia Parola di Dio o crediamo che sia un testo come un altro in grado di contraddirsi in continuazione, dire una cosa in un punto e smentirsi subito dopo.

È anche interessante notare che traduttori che insistono nel rendere Giovanni 1:1 “la Parola era Dio” non esitano poi a usare l’articolo indeterminativo (un) nel tradurre altri passi in cui un predicato nominale singolare privo di articolo precede il verbo. Ad esempio, in Giovanni 6:70 sia CEI che VR si riferiscono a Giuda Iscariota come a “un diavolo”, e in Giovanni 9:17 descrivono Gesù come “un profeta”.

Nel suo Dizionario Biblico il gesuita John L. McKenzie dice: “A rigor di termini Gv 1,1 dovrebbe essere tradotto così: ‘La parola era con il Dio (= il Padre), e la parola era un essere divino’” -Cittadella Editrice, 1973, trad. di Filippo Gentiloni Silveri, p. 251.

Cosa dobbiamo concluderne, dunque?

È più facile e coerente pensare che Giovanni attestasse la parità tra Padre e Figlio (contraddicendosi poi in svariate scritture successive) o, più facilmente, ipotizzare che siano certi traduttori a spingere verso una direzione specifica anziché un'altra?

Si può dire che qualcuna delle scritture citate dai fautori della trinità a sostegno della loro dottrina fornisca una solida base per questo dogma?

Chi veramente cerca di conoscere la verità riguardo a Dio non setaccerà la Bibbia nella speranza di trovare un versetto che si possa interpretare secondo i suoi preconcetti. Vorrà sapere cosa dice la Parola di Dio. Forse troverà che alcuni versetti si possono intendere in più di una maniera ma leggendo bene il contesto e paragonandoli con altre affermazioni bibliche sullo stesso argomento il loro significato diverrà chiaro.

Versetti in cui un titolo che appartiene a Yahweh vengono applicati a Gesù Cristo

L’Alfa e l’Omega: A chi spetta giustamente questo titolo? (1) In Apocalisse [Rivelazione] 1:8 è riferito a Dio, l’Onnipotente. Nel versetto 11 una certa traduzione applica questo titolo a un personaggio che la successiva descrizione mostra essere Gesù Cristo. Ma diversi hanno riconosciuto che il riferimento all’Alfa e l’Omega nel versetto 11 è spurio, tant’è vero che non compare nella maggioranza delle versioni moderne.

Perché continuano a trovarsi e comprovarsi passi spuri che tentano di dimostrare la trinità e non qualcos’altro come la reincarnazione ad esempio?

Falsificare per falsificare… si può falsificare in un senso o in un altro, giusto?

Perché dunque, spesso e volentieri anche se non esclusivamente, quando si scopre un passo spurio (e spesso lo si trova confrontando i manoscritti più antichi) due volte su tre è un passo che riguarda la trinità?

Forse perché la Scrittura è stata quasi interamente nelle mani della cristianità per duemila anni? - leggi Apocalisse 22:18, 19

(2) Molte traduzioni dell’Apocalisse in ebraico riconoscono che nel versetto 8 si parla di Yahweh e quindi vi ripristinano il nome personale di Dio.

(3) Apocalisse 21:6, 7 indica che i cristiani che vincono spiritualmente saranno ‘figli’ di colui che è chiamato l’Alfa e l’Omega. Questo però non è mai detto della relazione esistente fra i cristiani unti con lo spirito e Gesù Cristo. Gesù ne parlò come dei suoi “fratelli” - Ebr. 2:11; Matt. 12:50; 25:40

Ma quei “fratelli” di Gesù sono chiamati “figli di Dio” - Gal. 3:26; 4:6

Perché, se Gesù era Dio, non li chiama mai figli ma fratelli?

(4) In Apocalisse 22:12 qualche versione inserisce il nome Gesù, così che il riferimento all’Alfa e l’Omega del versetto 13 sembrerebbe applicarsi a lui. Ma qui il nome Gesù non compare nel testo greco, e altre traduzioni non lo includono.

(5) In Apocalisse 22:13 l’Alfa e l’Omega è pure chiamato “il primo e l’ultimo”, espressione che in Apocalisse 1:17, 18 è riferita a Gesù. Anche l’espressione “apostolo” è riferita sia a Gesù Cristo che a certi suoi seguaci. Ma questo non dimostra che siano la stessa persona o che siano di pari rango, non è vero? - Ebr. 3:1

Salvatore: Ripetutamente le Scritture dicono che Dio è Salvatore. In Isaia 43:11 Dio dice addirittura: “Fuori di me non c’è salvatore”.

Dato che anche Gesù è chiamato Salvatore, dobbiamo concludere che Gesù sia Dio? Niente affatto.

Tito 1:3, 4 parla di “Dio nostro Salvatore”, e poi di ‘Dio Padre e Cristo Gesù, nostro Salvatore’.

Perciò entrambi sono salvatori.

Giuda 25 ne spiega il nesso, dicendo: “Dio, nostro salvatore attraverso Gesù Cristo Signor nostro” - vedi anche Atti 13:23

In Giudici 3:9 lo stesso termine ebraico (mohshìa‛, tradotto “salvatore” o “liberatore”) che è usato in Isaia 43:11 è riferito a Otniel, giudice d’Israele, ma questo non autorizza a pensare che Otniel fosse Dio, vero?

Leggendo Isaia 43:1-12 si comprende che il senso del versetto 11 è che solo Yahweh era Colui che provvedeva la salvezza o liberazione a Israele; quella salvezza non era da attribuirsi a nessuno degli dèi delle nazioni circonvicine.

Dio: In Isaia 43:10 Yahweh dice: “Prima di me non fu fatto alcun dio, né dopo di me ve ne sarà alcuno”.

Significa questo che, siccome Gesù Cristo è profeticamente chiamato “Dio potente” in Isaia 9:5,6 Gesù dev’essere Yahweh?

Ancora una volta il contesto risponde negativamente. Nessuna delle idolatriche nazioni gentili aveva formato un dio prima di Yahweh, perché nessuno è esistito prima di Lui.

Né in qualche tempo futuro avrebbero formato alcun dio reale, vivente, in grado di profetizzare - Isaia 46:9, 10

Ma questo non significa che proprio Yahweh non abbia mai portato all’esistenza qualcuno che si possa giustamente definire un dio - Sal. 82:1, 6

In Isaia 10:21 Yahweh è chiamato “Dio potente”, come Gesù in Isaia 9:5, ma solo Yahweh è chiamato “Dio Onnipotente — Gen. 17:1.

Se un certo titolo o una certa descrizione ricorre più volte nelle Scritture, non si dovrebbe concludere frettolosamente che si riferisca sempre alla stessa persona. Un simile ragionamento porterebbe a concludere che Nabucodonosor era Gesù Cristo perché entrambi furono chiamati “re dei re” (Daniele 2:37; Apocalisse 17:14) o che i discepoli di Gesù erano in realtà Gesù Cristo, perché sia loro che lui furono definiti “la luce del mondo” - Matteo 5:14; Giovanni 8:12

Si devono sempre considerare il contesto e gli eventuali altri casi in cui la stessa espressione ricorre nella Bibbia.

Applicazione a Gesù Cristo, da parte di scrittori biblici ispirati, di passi delle Scritture Ebraiche che si riferiscono chiaramente a Yahweh

Perché Giovanni 1:23 cita Isaia 40:3 e lo applica a ciò che fece Giovanni il Battezzatore nel preparare la via per Gesù Cristo, quando Isaia 40:3 parla chiaramente di preparare la via davanti a Yahweh?

Perché Gesù rappresentava il Padre suo, venne nel nome del Padre suo e con l’assicurazione che il Padre era sempre con lui perché egli faceva le cose che piacevano al Padre. — Giovanni 5:43; 8:29.

Perché Ebrei 1:10-12 cita Salmo 102:25-27 e lo applica al Figlio, quando il salmo dice che è rivolto a Dio?

Perché il Figlio è colui mediante il quale Dio compì le opere creative descritte dal salmista - vedi Colossesi 1:15, 16; Proverbi 8:22, 27-30

Si noti che in Ebrei 1:5b si cita 2 Samuele 7:14 e lo si applica al Figlio di Dio. Sebbene quel passo si applicasse inizialmente a Salomone, la successiva applicazione a Gesù Cristo non significa che Salomone e Gesù siano la stessa persona. Gesù è “più grande di Salomone” ma compie un’opera prefigurata da Salomone. — Luca 11:31.

Passi delle Scritture Ebraiche in cui a Dio sono attribuiti nomi al plurale

In Genesi 1:1 il titolo “Dio” traduce ’Elohìm, che in ebraico è un plurale. I sostenitori della trinità lo interpretano come una prova della trinità.

Affermano pure che Deuteronomio 6:4 (CEI) si riferisca all’unità dei componenti della trinità quando dice: “Il Signore è il nostro Dio [da ’Elohìm], il Signore è uno solo”.

Qui in ebraico il plurale del nome è un plurale di maestà; non contiene nessuna idea di una pluralità di persone all’interno della divinità.

Riguardo a ʼelohìm si legge: “Si costruisce quasi invariabilmente con un predicato verbale singolare e prende un attributo aggettivale singolare” - The American Journal of Semitic Languages and Literatures, vol. XXI, 1905, p. 208

Per esempio, il titolo ʼelohìm ricorre da solo 35 volte nel racconto della creazione, e ogni volta il verbo che descrive ciò che Dio disse o fece è al singolare - Genesi 1:1–2:4

La summenzionata pubblicazione quindi conclude: “[ʼElohìm] dev’essere piuttosto spiegato come un plurale intensivo, che denota grandezza e maestà”.

La Bibbia usa i termini ʼelohìm ed ʼelohèh anche in riferimento a una pluralità di falsi dèi idolatrici - Esodo 12:12; 20:23

Altre volte questi termini possono riferirsi a un singolo falso dio, come quando i filistei menzionano “Dagon loro dio [ʼelohèh]” - Giudici 16:23, 24

Baal è chiamato “un dio [ʼelohìm]” - 1 Re 18:27

Il termine è usato anche con riferimento a uomini - Salmo 82:1, 6

A Mosè fu detto che doveva servire quale “Dio” [ʼelohìm] per Aaronne e Faraone. — Esodo 4:16; 7:1.

Elohìm era quindi un termine comune per indicare la maestà di Dio ma nessuno pensò mai né ipotizzò questa stramba dottrina della trinità.

Inoltre il greco non ha un plurale di maestà perciò in Genesi 1:1 i traduttori della LXX usarono ho Theòs (Dio, singolare) come equivalente di ’Elohìm.

Perché non tradussero “Dei”?

Ovviamente perché essi conoscevano bene il significato e l’uso di questo termine.

In Marco 12:29, che riporta una risposta di Gesù in cui egli cita Deuteronomio 6:4, è similmente usato il singolare greco ho Theòs.

In Deuteronomio 6:4 il testo ebraico contiene due volte il Tetragramma, per cui andrebbe più correttamente letto: “Yahweh nostro Dio è un solo Yahweh”.

La nazione d’Israele, a cui furono rivolte quelle parole, non credeva nella trinità né in alcuna dualità.

Come abbiamo visto all’inizio, invece, i babilonesi e gli egiziani adoravano triadi e trinità di dèi, ma a Israele fu chiaramente spiegato che Yahweh era diverso e qui capiamo perfettamente il senso della ripetizione “Yahweh è un solo Yahweh”.

Passi che, a seconda della traduzione biblica usata, permetterebbero di trarre più di una conclusione

Se la grammatica permette di tradurre un passo in più di un modo, qual è la versione corretta?

Abbiamo scelto versioni che si sposavano meglio con la nostra credenza di un solo Dio?

Assolutamente no.

Noi riteniamo che sia corretta quella traduzione che concorda col resto della Bibbia; non costruiamo una dottrina sulla versione o traduzione preferita, anche quando smentisce il resto della Scrittura, come fanno molti. Noi non abbiamo una religione, una posizione o "rapporti sociali" da difendere. Al contrario, abbiamo perso amicizie e compagnie proprio a motivo di ciò che abbiamo imparato dalla Bibbia. Noi non abbiamo alcun interesse, materiale o di immagine o di altro genere, cosa che non si può onestamente dire di molti ministri della cristianità.

Non è una contraddizione che Gesù sia chiamato “Dio”?

Dire che Gesù Cristo è “un dio” contrasta con l’insegnamento biblico dell’esistenza di un solo Dio? No, perché a volte la Bibbia usa questo termine in riferimento a creature potenti.

In Salmo 8:5 si legge: “Lo facevi [l’uomo] anche un poco inferiore a quelli simili a Dio [ebraico ʼelohìm]”, cioè agli angeli. Nel difendersi dall’accusa dei giudei secondo cui egli pretendeva di essere Dio, Gesù fece notare che la Legge aveva “chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio”, cioè giudici umani - Giovanni 10:34, 35, Salmo 82:1-6

Persino Satana in 2 Corinti 4:4 è chiamato “l’iddio di questo sistema di cose”.

Gesù ha una posizione molto superiore a quella degli angeli, degli uomini imperfetti o di Satana. Poiché di questi si parla come di “dèi”, di potenti, senz’altro Gesù può essere ed è “un dio”. A motivo della sua posizione unica in relazione a Yahweh, Gesù è un “Dio potente”. — Giovanni 1:1; Isaia 9:6.

Ma l’espressione “Dio potente”, con la maiuscola, non indica che Gesù sia in qualche modo uguale a Yahweh? No.

Isaia profetizzò semplicemente che questo sarebbe stato uno di quattro nomi attribuiti a Gesù, nomi che in italiano iniziano con la maiuscola. Inoltre, benché Gesù sia chiamato “potente”, come abbiamo già scritto può esserci un solo “Onnipotente”.

Perché allora Tommaso esclamò davanti a Gesù: “Mio Signore e mio Dio!”, come riporta Giovanni 20:28?

Per Tommaso, Gesù era come “un dio”, specialmente nelle miracolose circostanze che lo indussero a pronunciare quell’esclamazione.

Secondo alcuni studiosi Tommaso, preso dall’emozione, potrebbe aver semplicemente pronunciato un’espressione di stupore, rivolta a Gesù ma diretta a Dio.

Anche noi, spaventati o estremamente stupiti per una situazione che non ci aspettiamo potremmo esclamare “Oh mio Dio!”… ma questo di per sé non sarebbe indicativo di aver visto Dio.

Qualunque sia il motivo per cui Tommaso ebbe quell’espressione, noi sappiamo che egli non pensava che Gesù fosse l’Iddio Onnipotente, poiché lui e tutti gli altri apostoli sapevano che Gesù non aveva mai preteso di essere Dio ma anzi aveva insegnato che Yahweh è “il solo vero Dio” — Giovanni 17:3.

Pochi giorni prima il risuscitato Gesù aveva detto a Maria Maddalena di dire ai discepoli: “Ascendo al Padre mio e Padre vostro e all’Iddio mio e Iddio vostro” - Giovanni 20:17

Era forse la “parte umana” di Gesù a chiamare il Padre “Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”?

Ma lì Gesù era già stato risuscitato come potente spirito… eppure Yahweh era ancora il suo Dio.

E Gesù continuò a chiamarlo così anche nell’ultimo libro della Bibbia, dopo essere stato glorificato. — Apocalisse 1:5, 6; 3:2, 12.

Solo tre versetti dopo l’esclamazione di Tommaso, in Giovanni 20:31, la Bibbia chiarisce ulteriormente la questione dicendo: “Questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio”, non che è l’Iddio Onnipotente. E intendeva “Figlio” in senso proprio, come nel caso di un padre e di un figlio naturali, non come una misteriosa parte di un Dio trino.

 L'armonia della Bibbia

Si afferma che diversi altri passi sostengano la trinità ma questi sono simili a quelli trattati sopra, nel senso che, se esaminati attentamente, non la sostengono affatto (anzi spesso la smentiscono apertamente).

Non esiste un solo passo biblico, uno solo, che dica che ci siano tre persone della stessa sostanza, potenza ed eternità. Non c’è una sola scrittura.

 

A questo punto ognuno tragga le proprie conclusioni.

Come abbiamo scritto all’inizio non ci illudiamo che i trinitari, almeno nel loro insieme, decidano di fare un passo indietro rigettando due millenni di farneticazioni apostate a favore della Sacra Scrittura. 

Non l'hanno mai fatto pur conoscendo diverse cose, almeno in maggioranza non lo faranno adesso.

Come per alcuni era più importante la tradizione della Scrittura nel primo secolo, così è oggi.

Coloro che amano le proprie tradizioni più di Dio ed hanno solo una forma, ovvero un'apparenza di santa devozione possono continuare a credere a ciò che vogliono: ognuno di noi renderà conto a Dio – 2 Timoteo 3:1-7; vedi anche Matteo 7:21-23

Essi possono continuare a credere alla falsissima trinità come a qualsiasi altra cosa: questi articoli non sono per loro.

Chi invece è rimasto solo confuso ma sincero, e ama la Parola di un amore genuino e puro non interponendo ad essa il proprio orgoglio e non confondendo Dio con la religione, è invitato a rifuggire le falsità che violano la santità della Parola di Dio ed in particolare la dottrina trinitaria in quanto offensiva.

Offensiva per il Padre, offensiva per il Figlio, offensiva per lo spirito santo e in ultima analisi offensiva per l’intelligenza umana.

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